
Tacconi racconta il suo dramma: "Sono stato ripreso per i capelli, ho rischiato la vita"
Al Teatro di Buffalora (Brescia), si è tenuta la presentazione del libro di Stefano Tacconi, "L'arte di parare". L'ex portiere della Juventus ha parlato a lungo dal palco, queste le sue parole raccolte dall'inviato di TMW:
Riguardo a quando hai rischiato la vita e sul coma:
"Sono stato preso per i capelli per restare in vita. Ho vissuto un periodo abbastanza delicato, così come lo è stato per la mia famiglia. Mia moglie si sentiva dire che potevo morire ogni giorno. La mia miglior cura è stata la famiglia, dopo due anni di ospedali, non vedevo l'ora di tornare a casa. Mio figlio era con me la mattina in cui è successo, mi sono svegliato con il mal di testa. Era un avvertimento importante su quello che poteva capitarmi. Sono finito in coma, mio figlio mi ha salvato tirandomi fuori la lingua dalla bocca con il primo soccorso. Poi mi hanno portato in ospedale, ma non c'era nessuno che poteva curarmi alla testa, poi mi hanno trasferito da un professore che mi ha salvato la vita".
Dato che sei religioso: che ne pensi del nuovo Papa?
"Ho avuto la fortuna di conoscere Giovanni Paolo II, credo siano due papi diversi, ma che quando li guardi ti danno una serenità pazzesca. Questo nuovo Papa penso sia importante per molti aspetti, spero lo sia per la pace, credo che abbia iniziato nel modo giusto. Spero che duri tanto, ha già bacchettato qualcuno (ride, n.d.r.)".
A San Giovanni Rotondo ci sei andato per conoscere il culto di Padre Pio. Ci racconti quel periodo?
"Mia moglie aveva il numero di questa persona, Padre Carlo, il quale le disse che quando sarei stato meglio mi avrebbe aspettato a braccia aperte. Mi hanno dato una casa in affitto per 8 mesi per trasferirmi lì, con tutta la mia famiglia e mi hanno accolto a braccia aperte. Ho dovuto ricominciare da capo, sono stato fortunato perché mi hanno curato in modo straordinario".
Hai sentito il calore dei tifosi nel momento difficile?
"Devo ringraziarli perché mi sono stati vicini nel momento delicato e sono stati d'aiuto anche con la mia famiglia. Mi chiamavano centinaia di persone. Ho anche videochiamate salvate con tanti ex compagni, anche di Schillaci e Vialli che oggi non ci sono più".
Hai paura che possa ricapitare?
"Ormai le ho passate tutte. Dopo l'operazione alla testa sono tornato a casa tranquilla, ma poi sono stato operato di colecisti e poi per una trombosi. Penso ormai che il Signore non mi voglia più (ride, n.d.r.)".
Era dura uscire dalla stanza d'ospedale?
"Volevo mandare tutti a cagare (ride, n.d.r.). Una volta sono capitato al quarto piano d'ospedale, uscivo e scappavo con la carrozzina. Mia moglie una volta è arrivata e mi ha trovato legato sul letto, perché uscivo sempre e mi hanno dovuto legare".
Su Beccalossi.
"Abbiamo condiviso tante cose insieme. L'unico neo della mia vita è che purtroppo sono nato interista, ma poi non ci hanno capito niente come al solito. La fortuna di Zenga sono stato io, che ho rifiutato l'Inter nell'82', meno male che dopo un mese mi ha chiamato la Juventus".
Sul periodo al Genoa?
"L'unica squadra in cui Boniperti mi ha voluto mandare. Il Milan mi voleva, Berlusconi mi voleva a tutti i costi, ma Boniperti aveva paura che vincessi qualcosa a Milano. A Genova ho mandato a cagare tutti anche lì (ride, n.d.r.). Mi avevano messo a vivere a fianco di Spinelli".
Su quanto successo al Brescia?
"Per Cellino non è la prima volta... Ma ho già avuto problemi a vedere ciò che hanno combinato con la Juventus. Questi presidenti o pseudo-presidenti della Lega, quelli che decidono queste cose hanno fatto il loro tempo, dovrebbero andare a zappare la terra".
Hai scritto: "Il mio corpo non è il mio schiavo, da usare a mio piacimento", cosa di cui ti sei reso conto in ospedale.
"Ho fatto un mestiere dove corpo e mente mi servivano entrambe. La mente per anticipare l'azione, il corpo per sfruttare ciò che diceva la mente. A volte non pensi di fare cose importanti, invece anche le piccole buone abitudini possono esserlo".
Sulle buone abitudini che avevi da calciatore?
"Quando ho smesso di giocare a calcio, non sono più andato una sola volta in palestra, ho smesso completamente di allenarmi e forse quello è stato lo sbaglio più grosso perché mi avrebbe permesso di tornare prima".
Sul dramma dell'Heysel.
"Sono passati 40 anni da quel giorno maledetto. Una pagina brutta per il calcio italiano e mondiale. Da quel giorno non capiscono ancora oggi cosa sia successo, perché vedo ancora incidenti particolari. Finché l'ignoranza è più forte dell'intelligenza non ne veniamo fuori".
Hai recuperato meglio la memoria o il fisico?
"Il libro mi ha aiutato molto nel ricordarmi tutto, ho messo in ordine le cose un po' particolari. Chi legge il libro, legge la mia vita e conosce me stesso. Ho raccontato la mia vita senza peli sulla lingua".
Ancora sull'Heysel: come è stato possibile giocare in quelle condizioni?
"Sappiamo benissimo che non giocarla era meglio, ma dopo averla giocata penso che abbiamo salvato tantissime altre persone, perché si sentiva già che la curva della Juventus volesse andare sotto a quella avversaria per vendicarsi. Io, Scirea, Cabrini e Platini siamo riusciti a contenerli. Siamo stati criticati quando siamo usciti con la coppa, ma le forze armate presenti ci hanno detto che grazie a quello stavano facendo uscire piano piano tutti".
Sulla violenza negli stadi
"Ci sono degli imbecilli che vanno allo stadio per fare casino. Quei 39 morti che ci sono stati a Bruxelles quanti sacrifici avevano fatto per essere lì? Sicuramente non è possibile che
La battuta su Maradona? Ce la racconti?
"Una delle tante multe che mi ha dato Boniperti. Vedevo che rompevano le palle con Maradona da tutta la settimana sui giornali, ma noi arrivavamo da un bel filotto di vittorie. Dissi ad un giornalista: "Maradona? Che non faccia Gesù bambino, ci sono tanti altri che lavorano intorno a lui". Ma cacchio, mi ha fatto gol. Poi c'era un po' di subbuglio fra i tifosi, ma avevo un paio di amici che erano usciti di galera da poco. Atterriamo con l'aereo e c'erano 5mila persone ad aspettarmi. I miei amici mi prendono e mi portano in mezzo a questa folla di gente che mi sputa addosso, con altri che mi insultavano. Uno ha provato a darmi un cazzotto, ma i miei amici mi hanno salvato".
Come si diventa Stefano Tacconi?
"Non dovete guardare i miti sbagliati, ma quelli che vi possono dare un insegnamento vero. Dei miti buoni ce ne sono. Sognate sempre, sapendo che uno su mille ce la fa".
Su Maifredi?
"Ho letto che doveva esserci oggi (non è presente all'evento per un viaggio all'estero, n.d.r.), Maifredi è l'unico che ha parlato male del libro. Ha cominciato già male con me, perché ero in vacanza, compro il giornale, venivamo dai Mondiali ed avevamo . Leggo: "Tacconi con me non farà mai il capitano". Io gli dico: "La prossima volta potrebbe dirmi le cose in faccia". E lui: "Dimostrami che sei il capitano". Poi chiamo Agnelli e gli dico: "Questo mi ha rotto i coglioni". E lui: "Me lo passi". Glielo passo facendo finta di niente e vedo che si agita al telefono. Poi dopo la strigliata gli dico: "Le ho dimostrato che sono il capitano, o no?"".
I tre più forti con cui hai giocato?
"Ho avuto la fortuna di giocare negli anni 80' quando c'erano tutti i più forti. C'era Maradona, Platini è già tanto che abbia giocato con me. Poi Matthaus, Socrates, Zico. Fa paura solo fare qualche nome. Ma credo che anche loro avessero un po' paura di me".
Sul calcioscommesse?
"Io non scommettevo. Una volta c'era al massimo la schedina. Come ho detto prima dei tifosi, qualche deficiente c'è anche fra i calciatori".
Qual è stata la tua miglior stagione?
"Nel '90, ma purtroppo nei Mondiali giocava Zenga...".
Quante multe hai preso?
"Meglio non dirlo. Ma da parecchi milioni di lire".
Quanto è dura la vita da calciatore?
"Facendo il professionista è molto dura, devi stare alle regole. Ci sono più regole nel calcio che nella Bibbia".
Hai mai litigato con Zenga?
"No, ci siamo rispettati. Il rispetto è la miglior cosa. Ma lui sapeva che ero più forte di lui (ride, n.d.r.)".
La pressione in Serie A, com'è?
"E' alta, più che la partita la pressione sale la sera prima. Mi svegliavo la mattina presto, avevo già l'adrenalina giusta. Mi facevo 4-5 caffè ed ero già pronto".
Riguardo a quando hai rischiato la vita e sul coma:
"Sono stato preso per i capelli per restare in vita. Ho vissuto un periodo abbastanza delicato, così come lo è stato per la mia famiglia. Mia moglie si sentiva dire che potevo morire ogni giorno. La mia miglior cura è stata la famiglia, dopo due anni di ospedali, non vedevo l'ora di tornare a casa. Mio figlio era con me la mattina in cui è successo, mi sono svegliato con il mal di testa. Era un avvertimento importante su quello che poteva capitarmi. Sono finito in coma, mio figlio mi ha salvato tirandomi fuori la lingua dalla bocca con il primo soccorso. Poi mi hanno portato in ospedale, ma non c'era nessuno che poteva curarmi alla testa, poi mi hanno trasferito da un professore che mi ha salvato la vita".
Dato che sei religioso: che ne pensi del nuovo Papa?
"Ho avuto la fortuna di conoscere Giovanni Paolo II, credo siano due papi diversi, ma che quando li guardi ti danno una serenità pazzesca. Questo nuovo Papa penso sia importante per molti aspetti, spero lo sia per la pace, credo che abbia iniziato nel modo giusto. Spero che duri tanto, ha già bacchettato qualcuno (ride, n.d.r.)".
A San Giovanni Rotondo ci sei andato per conoscere il culto di Padre Pio. Ci racconti quel periodo?
"Mia moglie aveva il numero di questa persona, Padre Carlo, il quale le disse che quando sarei stato meglio mi avrebbe aspettato a braccia aperte. Mi hanno dato una casa in affitto per 8 mesi per trasferirmi lì, con tutta la mia famiglia e mi hanno accolto a braccia aperte. Ho dovuto ricominciare da capo, sono stato fortunato perché mi hanno curato in modo straordinario".
Hai sentito il calore dei tifosi nel momento difficile?
"Devo ringraziarli perché mi sono stati vicini nel momento delicato e sono stati d'aiuto anche con la mia famiglia. Mi chiamavano centinaia di persone. Ho anche videochiamate salvate con tanti ex compagni, anche di Schillaci e Vialli che oggi non ci sono più".
Hai paura che possa ricapitare?
"Ormai le ho passate tutte. Dopo l'operazione alla testa sono tornato a casa tranquilla, ma poi sono stato operato di colecisti e poi per una trombosi. Penso ormai che il Signore non mi voglia più (ride, n.d.r.)".
Era dura uscire dalla stanza d'ospedale?
"Volevo mandare tutti a cagare (ride, n.d.r.). Una volta sono capitato al quarto piano d'ospedale, uscivo e scappavo con la carrozzina. Mia moglie una volta è arrivata e mi ha trovato legato sul letto, perché uscivo sempre e mi hanno dovuto legare".
Su Beccalossi.
"Abbiamo condiviso tante cose insieme. L'unico neo della mia vita è che purtroppo sono nato interista, ma poi non ci hanno capito niente come al solito. La fortuna di Zenga sono stato io, che ho rifiutato l'Inter nell'82', meno male che dopo un mese mi ha chiamato la Juventus".
Sul periodo al Genoa?
"L'unica squadra in cui Boniperti mi ha voluto mandare. Il Milan mi voleva, Berlusconi mi voleva a tutti i costi, ma Boniperti aveva paura che vincessi qualcosa a Milano. A Genova ho mandato a cagare tutti anche lì (ride, n.d.r.). Mi avevano messo a vivere a fianco di Spinelli".
Su quanto successo al Brescia?
"Per Cellino non è la prima volta... Ma ho già avuto problemi a vedere ciò che hanno combinato con la Juventus. Questi presidenti o pseudo-presidenti della Lega, quelli che decidono queste cose hanno fatto il loro tempo, dovrebbero andare a zappare la terra".
Hai scritto: "Il mio corpo non è il mio schiavo, da usare a mio piacimento", cosa di cui ti sei reso conto in ospedale.
"Ho fatto un mestiere dove corpo e mente mi servivano entrambe. La mente per anticipare l'azione, il corpo per sfruttare ciò che diceva la mente. A volte non pensi di fare cose importanti, invece anche le piccole buone abitudini possono esserlo".
Sulle buone abitudini che avevi da calciatore?
"Quando ho smesso di giocare a calcio, non sono più andato una sola volta in palestra, ho smesso completamente di allenarmi e forse quello è stato lo sbaglio più grosso perché mi avrebbe permesso di tornare prima".
Sul dramma dell'Heysel.
"Sono passati 40 anni da quel giorno maledetto. Una pagina brutta per il calcio italiano e mondiale. Da quel giorno non capiscono ancora oggi cosa sia successo, perché vedo ancora incidenti particolari. Finché l'ignoranza è più forte dell'intelligenza non ne veniamo fuori".
Hai recuperato meglio la memoria o il fisico?
"Il libro mi ha aiutato molto nel ricordarmi tutto, ho messo in ordine le cose un po' particolari. Chi legge il libro, legge la mia vita e conosce me stesso. Ho raccontato la mia vita senza peli sulla lingua".
Ancora sull'Heysel: come è stato possibile giocare in quelle condizioni?
"Sappiamo benissimo che non giocarla era meglio, ma dopo averla giocata penso che abbiamo salvato tantissime altre persone, perché si sentiva già che la curva della Juventus volesse andare sotto a quella avversaria per vendicarsi. Io, Scirea, Cabrini e Platini siamo riusciti a contenerli. Siamo stati criticati quando siamo usciti con la coppa, ma le forze armate presenti ci hanno detto che grazie a quello stavano facendo uscire piano piano tutti".
Sulla violenza negli stadi
"Ci sono degli imbecilli che vanno allo stadio per fare casino. Quei 39 morti che ci sono stati a Bruxelles quanti sacrifici avevano fatto per essere lì? Sicuramente non è possibile che
La battuta su Maradona? Ce la racconti?
"Una delle tante multe che mi ha dato Boniperti. Vedevo che rompevano le palle con Maradona da tutta la settimana sui giornali, ma noi arrivavamo da un bel filotto di vittorie. Dissi ad un giornalista: "Maradona? Che non faccia Gesù bambino, ci sono tanti altri che lavorano intorno a lui". Ma cacchio, mi ha fatto gol. Poi c'era un po' di subbuglio fra i tifosi, ma avevo un paio di amici che erano usciti di galera da poco. Atterriamo con l'aereo e c'erano 5mila persone ad aspettarmi. I miei amici mi prendono e mi portano in mezzo a questa folla di gente che mi sputa addosso, con altri che mi insultavano. Uno ha provato a darmi un cazzotto, ma i miei amici mi hanno salvato".
Come si diventa Stefano Tacconi?
"Non dovete guardare i miti sbagliati, ma quelli che vi possono dare un insegnamento vero. Dei miti buoni ce ne sono. Sognate sempre, sapendo che uno su mille ce la fa".
Su Maifredi?
"Ho letto che doveva esserci oggi (non è presente all'evento per un viaggio all'estero, n.d.r.), Maifredi è l'unico che ha parlato male del libro. Ha cominciato già male con me, perché ero in vacanza, compro il giornale, venivamo dai Mondiali ed avevamo . Leggo: "Tacconi con me non farà mai il capitano". Io gli dico: "La prossima volta potrebbe dirmi le cose in faccia". E lui: "Dimostrami che sei il capitano". Poi chiamo Agnelli e gli dico: "Questo mi ha rotto i coglioni". E lui: "Me lo passi". Glielo passo facendo finta di niente e vedo che si agita al telefono. Poi dopo la strigliata gli dico: "Le ho dimostrato che sono il capitano, o no?"".
I tre più forti con cui hai giocato?
"Ho avuto la fortuna di giocare negli anni 80' quando c'erano tutti i più forti. C'era Maradona, Platini è già tanto che abbia giocato con me. Poi Matthaus, Socrates, Zico. Fa paura solo fare qualche nome. Ma credo che anche loro avessero un po' paura di me".
Sul calcioscommesse?
"Io non scommettevo. Una volta c'era al massimo la schedina. Come ho detto prima dei tifosi, qualche deficiente c'è anche fra i calciatori".
Qual è stata la tua miglior stagione?
"Nel '90, ma purtroppo nei Mondiali giocava Zenga...".
Quante multe hai preso?
"Meglio non dirlo. Ma da parecchi milioni di lire".
Quanto è dura la vita da calciatore?
"Facendo il professionista è molto dura, devi stare alle regole. Ci sono più regole nel calcio che nella Bibbia".
Hai mai litigato con Zenga?
"No, ci siamo rispettati. Il rispetto è la miglior cosa. Ma lui sapeva che ero più forte di lui (ride, n.d.r.)".
La pressione in Serie A, com'è?
"E' alta, più che la partita la pressione sale la sera prima. Mi svegliavo la mattina presto, avevo già l'adrenalina giusta. Mi facevo 4-5 caffè ed ero già pronto".
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