
Ranocchia: "Conte duro con De Bruyne? Lo è con tutti. O sei con lui, oppure contro"
"Sono molto soddisfatto della mia carriera". Parla così Andrea Ranocchia, ex difensore dell'Inter, ritirato oramai tre anni fa dopo pochi mesi al Monza. "Forse la scelta di andare alla Sampdoria, mi sono fatto prendere un po' troppo dall'impulsività. La scelta è stata un po' troppo veloce, per me era un momento molto difficile. Sono andato via da Milano per ritrovare la via, ma i problemi che avevo personalmente me li sono portati dietro. Per il resto no, nulla, soddisfattissimo".
Ed è ambasciatore per l'Inter.
"Sì, vado in giro fra club e settore giovanile. Poi lavoro per Mediaset, faccio l'opinionista fra Pressing e Coppa Italia. Dico la verità, mi piace come tipologia di lavoro post carriera. Non è un impegno giornaliero quindi riesco a gestirmi"
È una soluzione defiinitiva? Non è che potrebbe finire ad allenare?
"Per ora non ho la voglia, né la testa, per rimettermi in quel mondo lì in toto. Se faccio il tecnico diventa dieci volte rispetto a quanto facevi da calciatore, devi vivere per quello. Ti dimentichi quasi la famiglia, gli amici, chissà cosa inizi. E poi termini che hai 70 anni".
Parlando della Serie A, c'è un livello più alto rispetto agli anni passati?
"Sono passate solo cinque giornate, è ancor prima di presto. Il Napoli, al netto della sconfitta con il Milan, è una certezza del campionato. Se la giocheranno fino alla fine. L'Inter anche perché ha sbagliato due campionati ma ha una squadra forte, un tecnico bravo, sarà una bella lotta. Nel Milan si vede già l'impronta di Allegri, rispetto all'anno scorso si nota. Sono compatti, poi hanno Modric e Rabiot in mezzo al campo che sono complementari. Hanno una sola partita a settimana, al termine i km percorsi sono molti meno".
E la Juve?
"Un gradino sotto. Sopra ci sono Napoli e Inter, perché da una parte Conte in panchina incide tanto, dall'altra perché Chivu è forte, ci ho giocato. Un uomo da dieci, si fa voler bene, ha dei concetti di calcio".
Napoli è frizzante fra Conte e De Bruyne...
"Conte lo è con tutti. È così, è la sua mentalità, non guarda il nome del giocatore, quanto ha vinto, oppure altre cose. Vede gli atteggiamenti dell'ultimo giorno, per il suo obiettivo, che è quello di arrivare in cima, devi ragionare così. Non puoi soprassedere se qualcuno ti risponde male perché ha avuto una giornata un po' così. Non so come risolveranno, ma credo abbiano già chiarito. De Bruyne è un ragazzo intelligente".
Era successo anche all'Inter?
"Con Lautaro, era uscito e si sono bacchettati, lui non era contento della sostituzione. Tu non hai altre scelte, lui è l’allenatore e si prende le responsabilità se le cose vanno bene o male. Conte dice una cosa molto semplice: sa come vincere e la storia parla da sola, su otto campionati di A ne ha vinti sette. Il suo metodo è quello, porta avanti il gruppo e non il singolo. O stai con lui o non vai bene nella sua squadra, ed è la sua forza".
Però in Champions non va bene.
"È difficile, non è nemmeno giusto dare la responsabilità a un allenatore, oppure patentini di specializzato di qui o di là. La Champions è un mondo a parte, vivono un calcio diverso dal tuo. Più standardizzato. Dipende dallo stato di forma nelle partite importanti, se non sei brillante in due partite sei fuori, il campionato è una maratona. La Champions è una staffetta da 4x400, le incognite incidono tanto".
Ti ha sorpreso una finale così squilibrata?
"Pensavo anche io che non fosse così sbilanciata. Dopo se vedi il Paris Saint Germain fino a fine campionato in che stato di forma era… Sono stati nettamente più forti in quella partita lì, non speravo così tanto".
Via Inzaghi, dentro Chivu. Come lo giudichi?
"Personalmente, con me, è uno di quelli che anche negli anni ha portato avanti un’amicizia, ha un ottimo rapporto. Fuori dal campo andavamo a cena con la famiglia, è un ragazzo da dieci. In queste grandi squadre… ognuno ha il suo metodo, chi ha il metodo duro come potrebbe essere Conte, altri che riescono a trovare il metodo più soft, come Inzaghi. Christian è uno che si vuole fare bene, entra nel livello empatico, è molto vicino".
L'Inter è una squadra non giovane...
"Sì e no. Quest’anno qualche ragazzo lo hanno preso. Barella, Bastoni e Dimarco non hanno nemmeno trent'anni. In una squadra di alto livello può essere talentuosissima, cioè molto giovane e tecnicamente fuori dal comune. Oppure è un mix giusto. Con l’alimentazione ora si arriva a quasi 40 anni. Certo, una squadra tutta di ultra trentenni è difficile. Però davanti sono forti, ci sono Lautaro e Thuram, poi Esposito e Bonny".
Ultime domande: Moratti?
"Un papà, praticamente lo è. Sempre una parola gentile, educato. Ha dato qualsiasi cosa all'Inter e per chi ci lavorava dentro".
Thohir.
"Molto distaccato, si vedeva pochissimo. Non lo so valutare, non ho un termine giusto".
Zhang.
"Ha ridato un po' di vita dopo la parentesi Thohir, ha ricostruito quella che è l'Inter. Poi lì sono entrati in gioco discorsi molto più alti di quelli che possiamo pensare o leggere. L'aspetto finanziario veniva da uno stato molto chiuso, non mi aspettavo finisse così. Steven vuole veramente bene all'Inter, è un ragazzo giovane e ci teneva molto".
Galliani e Berlusconi.
"Un piacere, guardi, un piacere. La fortuna di avere conosciuto Berlusconi... Al di là del credo politico, è una delle figure più influenti negli ultimi trent'anni, ha fatto la storia del calcio. Galliani è un signore, uno dei direttori più importanti dal punto di vista umano. Io ci sono rimasto solamente due mesi, al Monza, quindi non mi posso dilungare più di tanto. Però è umanamente incredibile. Raccontava sempre mille aneddoti sui giocatori che aveva avuto, gli piaceva da morire. Se ci vai a cena puoi fare sette-otto giorni a parlare di calcio, non ti annoieresti. Mai”.
Marotta. D'altro canto arrivava dalla Juve.
"Sì, ma in un momento di ricostruzione. È cresciuto esponenzialmente, come potrebbe essere un Galliani. Lavorativamente è un fenomeno, con Ausilio e Baccin hanno costruito un'Inter nelle difficoltà. Faceva fatica a fare acquisti importanti, quindi ha chiuso operazioni piccole ma di grande qualità. Tanti parametri zero che sono delle star, come Thuram o De Vrij. Oppure Onana: con poca disponibilità ha trovato la strada giusta. E nella triade uno completa l'altro".
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