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L'ha detto o no? Poco importa, Sarri ha comunque avuto ragione: la Juve è (stata?) inallenabile
Dicono che la vendetta vada servita fredda. Nel caso di Maurizio Sarri, se arriverà, sarà al massimo tiepida. È ancora fumate la separazione dalla Juventus, con uno scudetto in tasca, qualche mozzicone nell'altra, la valigia fatta due settimane dopo essere arrivato a Torino ma usata soltanto a distanza di undici mesi. Tanti saluti, grazie ma niente arrivederci: la crisi di rigetto è stata evidente, sebbene taciuta per quasi tutta la stagione. Tutti sapevano che covasse sotto le ceneri e in questo, va detto, sono stati tutti eccellenti. A partire dall'allenatore toscano: portare a dama quella stagione, con tanto di lockdown, è stato un piccolo grande capolavoro. Concluso con una parola che ne è stata la perfetta sintesi: inallenabile.
Sarri non l'ha mai detto ufficialmente. Ma aveva ragione. Il toscano, nel frattempo passato per un anno sabbatico e ora approdato alla Lazio, ci ha tenuto a ricordarlo. L'ha derubricato al ruolo di virgolettato giornalistico: nessuna dichiarazione ufficiale attesti che abbia effettivamente pronunciato su quella parola. Al di là dell'autorevolezza di chi l'ha riportata, è però molto credibile che l'abbia fatto. Perché i fatti gli hanno dato ragione: la stagione di Pirlo è stata più nothing che all, una perenne sbandata senza mai trovare il bandolo della matassa. Fatica a inquadrarlo anche Massimiliano Allegri, vissuto da parte di tutta la critica come l'esatto opposto di Sarri: molto concreto e quasi sempre vincente, uno che per principio trova tutto allenabile, perché convinto di doversi adeguare lui alla squadra, e non viceversa. Due filosofie a confronto. Nel mezzo la Juventus, sedotta e abbandonata da Ronaldo, in preda a un centrocampo che negli anni ha perso qualità e ingolfata da stipendi multimilionari senza un rendimento adeguato. Non ha ancora un'identità, la formazione bianconera: l'ultima volta che l'ha avuta gliel'ha messa addosso a forza - e quindi calzava male - lo stesso Sarri. Ha tanti doppioni e oggi non ha neppure più quel solista che pure stonava nell'orchestra. È stata inallenabile, lo è tuttora.
La vendetta perfetta. È quasi paradossale che l'incrocio fra Lazio e Juventus, come ha ricordato Allegri la sfida tra le due società che hanno vinto di più nell'ultimo decennio in Italia, non voglia dire nulla in chiave scudetto. Nessuna dei due è in corsa per il tricolore o ha margini per rientrarvi. Sotto questo profilo, sarà molto più interessante e significativa la sfida tra Inter e Napoli. Lazio-Juve, però, ha il sapore del redde rationem. Sarri contro il suo passato: batterlo sarà chiudere il cerchio. Anche perché complicherebbe in via definitiva una stagione già pericolante. Ma pure Sarri contro Allegri. A proposito di cose dette e non dette, entrambi hanno ridotto a retroscena giornalistici buona parte della rispettiva rivalità, in verità quasi ontologica: vorremmo fare l'esempio di una celebre conferenza stampa del livornese, ma se lo facessimo verrebbe giù tutto.
Sarri non l'ha mai detto ufficialmente. Ma aveva ragione. Il toscano, nel frattempo passato per un anno sabbatico e ora approdato alla Lazio, ci ha tenuto a ricordarlo. L'ha derubricato al ruolo di virgolettato giornalistico: nessuna dichiarazione ufficiale attesti che abbia effettivamente pronunciato su quella parola. Al di là dell'autorevolezza di chi l'ha riportata, è però molto credibile che l'abbia fatto. Perché i fatti gli hanno dato ragione: la stagione di Pirlo è stata più nothing che all, una perenne sbandata senza mai trovare il bandolo della matassa. Fatica a inquadrarlo anche Massimiliano Allegri, vissuto da parte di tutta la critica come l'esatto opposto di Sarri: molto concreto e quasi sempre vincente, uno che per principio trova tutto allenabile, perché convinto di doversi adeguare lui alla squadra, e non viceversa. Due filosofie a confronto. Nel mezzo la Juventus, sedotta e abbandonata da Ronaldo, in preda a un centrocampo che negli anni ha perso qualità e ingolfata da stipendi multimilionari senza un rendimento adeguato. Non ha ancora un'identità, la formazione bianconera: l'ultima volta che l'ha avuta gliel'ha messa addosso a forza - e quindi calzava male - lo stesso Sarri. Ha tanti doppioni e oggi non ha neppure più quel solista che pure stonava nell'orchestra. È stata inallenabile, lo è tuttora.
La vendetta perfetta. È quasi paradossale che l'incrocio fra Lazio e Juventus, come ha ricordato Allegri la sfida tra le due società che hanno vinto di più nell'ultimo decennio in Italia, non voglia dire nulla in chiave scudetto. Nessuna dei due è in corsa per il tricolore o ha margini per rientrarvi. Sotto questo profilo, sarà molto più interessante e significativa la sfida tra Inter e Napoli. Lazio-Juve, però, ha il sapore del redde rationem. Sarri contro il suo passato: batterlo sarà chiudere il cerchio. Anche perché complicherebbe in via definitiva una stagione già pericolante. Ma pure Sarri contro Allegri. A proposito di cose dette e non dette, entrambi hanno ridotto a retroscena giornalistici buona parte della rispettiva rivalità, in verità quasi ontologica: vorremmo fare l'esempio di una celebre conferenza stampa del livornese, ma se lo facessimo verrebbe giù tutto.
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