
L'anticipo di Galli - Tare-Allegri: mani forti al comando
Lunedì 26 maggio, nel tardo pomeriggio, è finalmente arrivato l’annuncio del club rossonero:
“AC Milan comunica di avere affidato il ruolo di Direttore Sportivo della Prima Squadra a Igli Tare”. Poco prima Igli avevarilasciato un’intervista a Milan tv. Sono arrivato qualche minuto dopo che se n’era andato così ho provato a chiamarlo perché ci tenevo a salutarlo personalmente. Non ho avuto risposta, salvo poi ricevere la sua chiamata un paio d’ore dopo. “Buon lavoro e in bocca al lupo”, un saluto veloce: Igli alle parole preferisce i fatti.
Confermo che da ragazzo il suo cuore batteva per i colori rossoneri, me lo aveva detto quando, insieme, vestivamo la casacca del Brescia. Immagino tutta l’emozione che può aver provato quando ha firmato l’accordo con il club di via Aldo Rossi, emozione che anche alcuni amici che lavorano a Casa Milan mi hanno detto di aver percepito nella sua voce e nel linguaggio corporeo, non appena varcata la soglia della sede. Per lui un sogno diventato realtà, come ha tenuto a sottolineare.
Si è già perso tanto tempo, non certo per colpa sua. Ora Igli deve correre, apprendere le dinamiche interne alla società, capire nel concreto il suo perimetro d’azione e agire di conseguenza insieme all’allenatore, dal pomeriggio di ieri, ufficialmente, Massimiliano Allegri: il neo-costituito duo, caratterizzato da esperienza, mestiere, senso pratico deve mettersi al lavoro “da ieri”, come si dice, perché anche qui c’è tanto da fare fra conferme, cessioni, acquisti.
A Max devo tanto perché fu lui, insieme a Tassotti che con Landucci formava lo staff della prima squadra, a sostenere, nel lontano 2011, il progetto metodologico del settore giovanile, quando venne presentato all’AD Adriano Galliani: con il supporto di Max e del Tasso, la proposta ebbe sicuramente maggior peso specifico e io potei iniziare un percorso di grande valore durato nove anni.
Che allenatore è, Allegri? Io lo ricordo, nei suoi anni rossoneri, molto bravo nel leggere le partite e cambiarne il corso attraverso accorgimenti tattici, indicazioni date ai giocatori oppure tramite sostituzioni con atleti più funzionali a quello che si stava delineando in campo, magari diverso da quanto pensato inizialmente. Ecco, personalmente vorrei rivedere quell’allenatore, quell’Allegri, e non quello che, successivamente, in particolare nella sua versione juventina, ha finito con l’essere identificato con un calcio minimalista, utilitaristico, felicemente riassunto (perché Max ha certamente il gusto della battuta fulminante) nell’espressione “horto muso”, un calcio semplice perché “basta passar la palla a quelli con la maglietta dello stesso colore”. Lo stesso Sergio Conceiçao (che salutiamo comunque con rispetto per averci evidentemente provato con tutte le sue forze) ha peccato di “facilismo” in una delle sue prime dichiarazioni milanesi e, come abbiamo visto, non è andata benissimo.
Certamente il risultato conta (qualcosina ho vinto anch’io, quindi lo so) e, soprattutto, il popolo rossonero, frastornato da anni indecifrabili, da partite perse senza giocare, da gol subiti in modo incredibile, ha fame di vittorie e più ancora di solidità; io, però, rimango sempre dell’idea che il Milan, alla Scala del calcio e non solo, debba passare dal gioco per ottenere i risultati.
Sono convinto che Allegri lo possa fare, anche se ama celarsi (a volte, mi pare, quasi per un suo gioco polemico nei confronti dei media) dietro l’immagine di “risultatista”, più comoda, meno impegnativa. Molto dipenderà dalla rosa che il club gli metterà a disposizione e qui, come ha detto qualche giorno fa l’amico giornalista rossonero, Luca Serafini: “Lasciamo fare a Tare”.
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