
L'anticipo di Galli - Franco Baresi, "Capitano, mio Capitano"
“CAPITANO, MIO CAPITANO” è il saluto che gli studenti di una classe del liceo rivolgono al professor John Keating, interpretato da Robin Williams, nel film “L’attimo fuggente”, del regista Peter Weir, uscito nelle sale cinematografiche italiane nel 1989 (un film che consiglio vivamente a tutti, anche ai più giovani). Questo saluto (una citazione di una bella poesia di Walt Whitman dedicata ad Abraham Lincoln) è il riconoscimento al ruolo di guida – non solo culturale, non solo letteraria, ma umana - che il professore ha avuto per i suoi studenti.
E proprio per questo, è la prima cosa che mi viene in mente quando penso a Franco Baresi: un professore, meglio, un maestro, per tutti noi, suoi coetanei, ma anche per i più giovani e i giovanissimi. Un maestro che non ha mai avuto bisogno di tante parole e che ha guidato tutti con l’esempio. Un leader silenzioso che con uno sguardo ci indicava la strada ma che, all’occorrenza, sapeva anche alzare la voce. Un condottiero che, pur dotato di un talento smisurato, ha sempre fatto tutto con dedizione, determinazione e coraggio, che fermava gli avversari con quella che definirei una ferocia elegante.
Franco indicava la strada sul campo riuscendo a far muovere all’unisono la nostra linea difensiva e non solo. Eravamo un’onda con in testa il NOSTRO CAPITANO, un’onda che si alzava e si abbassava sul terreno di gioco per poi cogliere gli avversari in fuorigioco.
In allenamento, in ogni esercitazione, da quelle di agilità, velocità e rapidità fino alle partite 11 contro 11 Franco sembrava fluttuare sull’erba, in un’azione senza soluzione di continuità: ognuno, in quegli allenamenti, dava il meglio di sé ma… niente da fare, lui era sempre davanti.
E poi fuori dal campo, come quando, a Milanello, nella sala da pranzo, bastava un’occhiata fugace verso il tavolo che alzava troppo i toni (spesso il nostro, con Demetrio Albertini, Marco Simone, Stefano Nava, Giovanni Stroppa, Giovanni Cornacchini, Angelo Carbone e tanti altri che si sono susseguiti) per far tornare in un istante il silenzio.
Ho tifato IL CAPITANO dagli spalti, dai distinti, dalla curva, a volte dal parterre - sì, una volta si potevano guardare le partite in piedi ad altezza d’uomo, non vedevi lo sviluppo del gioco ma ti sentivi uno dei protagonisti. Ho avuto l’onore di giocare stagioni indimenticabili al suo fianco e poi di essere nel suo staff quando allenava i ragazzi della Primavera. In mezzo, anche una breve parentesi, l’unica per lui lontano dalla famiglia rossonera, quando per pochi mesi lavorò al Fulham, allora di Al-Fayed, e io, che avevo terminato la mia esperienza al Watford, lo seguii per qualche giorno grazie a Daniele, un amico comune che lo aveva portato nella terra d’Albione.
Tutti questi strati formano un insieme di emozioni che non riesco a spiegare e definire in termini razionali. Le stesse emozioni, credo, che vedevo negli occhi e nel volto di ogni ragazzo che guardava e ascoltava con ammirazione IL CAPITANO allenatore, a ogni riunione pre e post allenamento.
Sono passati tanti anni ma ogni istante resta indelebile. Giocatore, allenatore, responsabile del settore giovanile, brand ambassador, vicepresidente onorario. Ma per noi sempre e solo IL CAPITANO.
Forza Franco, nella vita hai superato prove durissime, nel campo ci hai portato per mano fino all’impossibile, perché con te niente era impossibile. Ora siamo tutti al tuo fianco in questa nuova battaglia, certi che ne uscirai vincitore.
Ti vogliamo bene e siamo davvero in tanti!







