
ESCLUSIVA MN - Bellinazzo su San Siro: "Scelta necessaria. La classe politica ha le maggiori responsabilità sui ritardi. Sala? Serviva più coraggio"
Un evento storico che cambierà il futuro di Milano e del calcio italiano. San Siro è stato venduto a Inter e Milan dopo l'ultimo Consiglio comunale. Una decisione che è arrivata dopo una battaglia durata circa 6 anni. Abbiamo fatto il punto, ripercorrendo quanto accaduto, con il noto giornalista Marco Bellinazzo, intervenuto in esclusiva ai microfoni di MilanNews.it.
Un passaggio fondamentale.
"Era una scelta necessaria per avviare un progetto di riqualificazione dell'area. In primo luogo, perché questo è un tema che viene sempre trascurato. Chi è a Milano sa che quell'area, oltre al giorno della partita, resta abbandonata a sé stessa durante la settimana. Ed è stato poi un passaggio fondamentale per far sì che Milan e Inter possano entrare a pieno titolo, come meritano, nella modernità della football industry. Senza uno stadio che presenti determinate caratteristiche strutturali e possa offrire determinati servizi, sarebbe impossibile raggiungere livelli di fatturato adeguati per rimanere ai massimi livelli del calcio europeo".
Un copione già scritto, quello entrato nell'ultimo Consiglio comunale o crede ci siano state frizioni?
"Un classe politica nazionale o cittadina ha il dovere di dare delle risposte certe di fronte alle istanze che arrivano dai cittadini o dalle aziende. A mio avviso, il tema inaccettabile non è il fatto che eventualmente si potesse dire "no" alla richiesta di Milan e Inter. Il tema inaccettabile è che ci hanno messo sei anni per dare una risposta. Un'azienda ha un progetto di investimento ed è "costretta" a rivolgersi agli uffici pubblici per ottenere una risposta, uffici pubblici al servizio del cittadino e delle aziende. Questi uffici pubblici, in tempi ragionevoli, hanno il dovere di dare una risposta. E' inaccettabile che si debba aspettare sei anni per ottenere una risposta chiara e definitiva, dopodiché le scelte dei singoli nel Consiglio comunale sono legate a posizioni individuali che hanno a che fare più con un posizionamento politico e partitico che con una visione che dovrebbe avere chi ha responsabilità".
Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, ha affermato questa mattina che chi è uscito dall'aula durante il Consiglio lo ha fatto per il bene della città.
"Il bene della città quale dovrebbe essere? Se sei un soggetto a cui una parte dell'elettorato ha dato parte della responsabilità, se sei membro del Consiglio devi avere il coraggio di dare una risposta. Uscire dall'aula mi sembra più una via di fuga, ricorrere a strategie di voto e di posizionamento partitico. Non intendo così la politica, chi viene pagato per svolgere quell'incarico ha il dovere di studiare e prendere delle decisioni, e di argomentarle".
Il pressing di Paolo Scaroni, in questi ultimi anni, che peso ha avuto sulla decisione finale?
"Feci una domanda a Scaroni nel 2018, in una delle prime occasioni in cui si parlò del nuovo stadio, dopo aver fallito tutta la trafila fallimentare per la stadio della Roma di Pallotta a Tor di Valle. Chiesi a Scaroni perché bisognava essere fiduciosi su quel progetto milanese rispetto all'esito che aveva avuro quell romano. Mi rispose: "Perché qui siamo a Milano". Gli ho ricordato quell'evento qualche anno dopo, era il primo deluso dagli eventi, per quelle mancate risposte e il mancato coraggio. La classe politica deve dare risposte chiare. Quello che Inter e Milan hanno fatto negli ultimi mesi, hanno messo in risalto tutto ciò che poteva portare un nuovo stadio in termini di benefici, e messo in evidenza le cose negative che avrebbe portato la decisione opposta".
Questa scelta è stata anche definita "coraggiosa e non rischiosa".
"Mi trova d'accordo, siamo condizionati - come cittadini italiani - dalla sindrome di Italia '90, di Mani Pulite, e purtroppo la cronaca quotidiana su corruzione e irregolarità alimenta costantemente questa convinzione che ci sia sempre una truffa a vantaggio di qualcuno. La stessa inchiesta sull'urbanistica a Milano ha alimentato queste suggestioni. Credo che non ci sia alcun progetto o cantiere oggetto di attenzione dell'opinione pubblica come può essere uno stadio, un'opera sulla cui realizzazione c'è la vigilanza enorme. E questo dovrebbe garantire da infiltrazioni o irregolarità. Il monitoraggio deve essere costante, ma questa era una scelta necessaria".
Scaroni ha dettato un timing preciso riguardo i prossimi passi da compiere. Crede che la burocrazia italiana possa condizionarlo?
"Il momento chiave è il rogito, c'è quel famoso 10 novembre con il possibile vincolo sul secondo anello che potrebbe scattare. Dopo quel passaggio, che reputo snodo fondamentale, si può andare avanti. Il timing indicato da Scaroni è ragionevole in funzione di quello che è la tempistica burocratica, e di quell'evento che rappresenta lo spartiacque, l'Europeo del 2032. Mi auguro si possa avere uno stadio tra il 2030 e il 2031. Sono tempi biblici in confronto agli altri Paesi, ma tempi da considerare ragionevoli alla luce della lentezza della burocrazia italiana".
C'è anche chi ha parlato di "speculazione edilizia".
"Deve essere motivata. Nel momento in cui si stabilisce che il contributo pubblico su questi impianti non deve esserci o essere limitato al massimo, e quindi si deve ricorrere al privato, è naturale che devi pensare a un intervento che - escluso lo stadio - abbia alcune opere compensative che consentano di dare sostenibilità economico-finanziaria all'investimento. Se questo avviene in maniera rispettosa, nelle volumetrie, allora perché no? Nel famoso iter pluriennale i club avevano anche accettato di ridurre le volumetrie. Questo per dire che, nel momento in cui tutto ciò viene rispettato, dando la possibilità di costruire un progetto sostenibile nel rispetto delle regole, non capisco quale possa essere la speculazione edilizia. Parliamo di investimenti di privati che devono essere remunerati o remunerabili con i ritorni economici di quell'investimento".
Paolo Scaroni, in contrapposizione alla cosiddetta speculazione edilizia, ha parlato di "vocazione sportiva".
"Mi sembra che l'idea di hotel e altro, che non avrebbero avuto comunque problematiche, sia stata superata. La Juventus in un contesto diverso ha realizzato l'hotel, il J-Medical. Strutture attraverso le quali il fatturato è stato incrementato, e che ha dato un equilibrio economico all'intervento. Basta rimanere all'interno del perimetro delle regole e capire quale deve essere l'apporto economico. I privati non vogliono buttare i soldi ed è chiaro che si aspettano un ritorno dell'investimento. Chi parla di "speculazione edilizia" non ha capito nulla di tutto ciò".
Nel frattempo bisogna tener conto anche dei 40 milioni spesi per i terreni di San Donato.
"Il Milan ha comprato i terreni, lì c'era già un progetto per realizzare strutture sportive. E io penso manchino nell'area della grande Milano, ci potrebbe essere la possibilità di intervenire e costruire impianti sportivi di qualità. Avere grandi strutture sportive significa alimentare l'economia del territorio e le discipline sportive".
Quali sono stati i maggiori passi falsi compiuti in questi ultimi anni?
"La responsabilità maggiore è della classe politica cittadina, che non ha dato una risposta certa nei tempi ragionevoli pur essendo un suo dovere. Non capisco cosa ha voluto dire la vicesindaca quando dice che le società hanno fatto troppo poco. Certe dichiarazioni devono essere argomentate, non buttate lì. Non servono a nessuno. Le società forse hanno sbagliato nel momento in cui c'era una proprietà cinese all'Inter rispetto alla quale la proprietà americana non ha più trovato accordi, e di conseguenza i club hanno mollato sul progetto. Ma quella era una causa dopo ritardi già accumulati. Quando l'Inter è passata di mano e c'è stata piena concordanza sui fondi, credo che hanno fatto tutti i passi che dovevano essere fatti.
Responsabilità delle politica, dunque.
"E' stata la politica cittadina che, tra elezioni, diatribe interne, rischi di perdere la maggioranza da parte del sindaco. Per molto tempo non ha mai preso una posizione chiara come ha fatto negli ultimi tempi, la colpa è stata più della politica che dei club, hanno commesso qualche errore ma non così grave da giustificare i ritardi della risposta. Spero che quanto accaduto a Milano possa fare da acceleratore rispetto ad altre decisioni che altre amministrazioni pubbliche devono prendere. Non voglio semplificare, mi rendo conto che non è facile trovare gli equilibri nel sistema politico dei partiti, ma come il voto ha confermato, comunque sarebbe stato quello lecito. Per chi guida la macchina, bisognava avere più coraggio. Coraggio che per tanto tempo non c'è stato".
Come giudica l'operato di Giuseppe Sala?
"Avevo grandissima fiducia nelle capacità di un manager prestato alla politica. Mi auguravo che proprio questo tipo di dna che aveva dimostrato con l'expo fosse il motore delle sue decisioni anche sulla vicenda stadio. Ci sarebbe voluto più coraggio, aveva paura di spaccare la maggioranza ma questo è accaduto lo stesso. Evidentemente negli anni ha deciso di non mettere a rischio la sua posizione politica, ma ha fatto più un danno alla città oltre che ai due club. Bastava guardare l'esperienza in Europa, capire cosa significa realizzare nuovi impianti per capire che quella soluzione - con tutte le garanzie - era un progetto da sposare e portare avanti".
Il calcio italiano quale lezione può imparare da questa intricata vicenda?
"Il calcio italiano ha gravissime responsabilità sul declino del sistema, non ha attuato una serie di scelte per confermare la sua leadership dopo gli anni '90 e 2000. Oggi c'è una consapevolezza diffusa sulla necessità di crescere e migliorare l'azienda calcio, partendo dagli stadi. Se andiamo guardare i processi autorizzativi per arrivare a realizzarli, penso a Roma, Firenze e Bologna, la politica non ha risposto come avrebbe dovuto. Non c'è stata la consapevolezza dell'importanza. Oggi c'è, mi auguro che l'esempio di Milano possa sbloccare i cantieri che ci sono. Aldilà gli impianti che serviranno per Euro 2032. Non c'è più tempo da perdere. Mettendo insieme e bilanciando tutti gli interessi, si deve lavorare sull'impiantistica sportiva".







