
Milan e Juventus e una lezione che non devono dimenticare da questa stagione. Chi ha già imparato dagli errori è Aurelio De Laurentiis che ora prepara un nuovo colpo 'alla Higuain' nonostante il valzer degli allenatori
Che cosa c'entra Lorenzo De Silvestri con le scelte mercato di Milan e Juventus? E' l'esatto esempio di tutto quel che manca proprio ai rossoneri e ai bianconeri. Nella costruzione delle rispettive rose sia la società di Via Aldo Rossi che quella torinese hanno scordato un vecchio adagio che vale sempre e da sempre. Quel che conta più di ogni altra cosa, delle scienze tattiche, degli algoritmi, dei campioni e degli allenatori, nel calcio antico, presente, moderno e futuro è una cosa sola. Lo spogliatoio. Sicché 'Lollo' De Silvestri lo rappresenta al suo meglio. L'uomo in cui si può rispecchiare una città, di cui si può fidare ogni compagno di squadra. Che non tradisce il vicino di armadietto ma che ascolta, che fa gruppo, che sa però anche essere un 'braccio armato' di allenatore e società, un trait d'union, un collante. Se ne sono scordate, le società moderne, eppure l'identità del Barcellona, il nuovo dna francese del Paris Saint-Germain, l'esperienza dell'Inter e il senso d'appartenenza dei suoi senatori, il Liverpool che cambia allenatore ma non stravolge la sua ossatura lo confermano. Vincono i gruppi, o meglio vince chi attorno a un gruppo, con leader dal forte senso d'appartenenza, carisma e carattere, costruisce il progetto.
Il Milan e la Juventus hanno fatto l'esatto opposto. C'entra poco il valore di Teun Koopmeiners e Santiago Gimenez, di Tijani Reijnders e di Khepren Thuram, di Rafael Leao e di Gleison Bremer. In assoluto, rossoneri e bianconeri hanno perso il proprio dna. E' stato questo l'errore più grande commesso dalle rispettive dirigenze. Perdere la via e non considerare la storia e quell'humus a cui sono da sempre abituati città, piazza, ambiente, spogliatoio, giocatori, Curva. Le rivoluzioni non si fanno in pochi mesi e in Italia non c'è tempo, soprattutto se a spada sfoderata decidi poi di cambiare idea e fare inversione a U tra allenatori e calciatori. Il Milan ha bisogno di grandeur, di calciatori vincenti, di nomi importanti, di chi si identifichi al meglio (in campo e in dirigenza) con il rossonero nel cuore e nel sangue. La Juve di dna italiano, di quello 'stile Juventus' che insegnano i senatori e apprendono i novizi, che siano Palloni d'Oro o arrembanti e promettenti campioni.
Chi ha imparato la lezione è stato Aurelio De Laurentiis. Perché Napoli e il Napoli hanno bisogno d'un trascinatore e di un condottiero in panchina. E ha bisogno, questo progetto, di fare (di nuovo) quel grande salto di qualità. Per questo non possono più bastare i Kvicha Kvaratskhelia e i David Neres, ma a questi vanno abbinati colpi di straordinario prestigio ed esperienza. La lezione è chiara. Napoli ha fatto il salto decisivo di qualità, ora la sua identità è quella di essere una piazza che può allungare la vita ai grandi campioni (Kevin de Bruyne), che può far fare il salto di qualità definitivo a quelli pronti per (Georgyi Sudakov, Jonathan David) e che può anche lanciare giovani di spessore (Luca Marianucci). Il tutto a prescindere dall'allenatore, che passa, e forse passerà, da Antonio Conte (sul quale la corte della Juventus è fortissima) magari a Massimiliano Allegri. Ma il dna resta. E anche lo spogliatoio, che ha bisogno di capisaldi e di uomini forti, di riferimenti, non solo per i compagni, ma anche per l'allenatore e per la società. Come Lorenzo De Silvestri.
Il Milan e la Juventus hanno fatto l'esatto opposto. C'entra poco il valore di Teun Koopmeiners e Santiago Gimenez, di Tijani Reijnders e di Khepren Thuram, di Rafael Leao e di Gleison Bremer. In assoluto, rossoneri e bianconeri hanno perso il proprio dna. E' stato questo l'errore più grande commesso dalle rispettive dirigenze. Perdere la via e non considerare la storia e quell'humus a cui sono da sempre abituati città, piazza, ambiente, spogliatoio, giocatori, Curva. Le rivoluzioni non si fanno in pochi mesi e in Italia non c'è tempo, soprattutto se a spada sfoderata decidi poi di cambiare idea e fare inversione a U tra allenatori e calciatori. Il Milan ha bisogno di grandeur, di calciatori vincenti, di nomi importanti, di chi si identifichi al meglio (in campo e in dirigenza) con il rossonero nel cuore e nel sangue. La Juve di dna italiano, di quello 'stile Juventus' che insegnano i senatori e apprendono i novizi, che siano Palloni d'Oro o arrembanti e promettenti campioni.
Chi ha imparato la lezione è stato Aurelio De Laurentiis. Perché Napoli e il Napoli hanno bisogno d'un trascinatore e di un condottiero in panchina. E ha bisogno, questo progetto, di fare (di nuovo) quel grande salto di qualità. Per questo non possono più bastare i Kvicha Kvaratskhelia e i David Neres, ma a questi vanno abbinati colpi di straordinario prestigio ed esperienza. La lezione è chiara. Napoli ha fatto il salto decisivo di qualità, ora la sua identità è quella di essere una piazza che può allungare la vita ai grandi campioni (Kevin de Bruyne), che può far fare il salto di qualità definitivo a quelli pronti per (Georgyi Sudakov, Jonathan David) e che può anche lanciare giovani di spessore (Luca Marianucci). Il tutto a prescindere dall'allenatore, che passa, e forse passerà, da Antonio Conte (sul quale la corte della Juventus è fortissima) magari a Massimiliano Allegri. Ma il dna resta. E anche lo spogliatoio, che ha bisogno di capisaldi e di uomini forti, di riferimenti, non solo per i compagni, ma anche per l'allenatore e per la società. Come Lorenzo De Silvestri.
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