Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomocremonesefiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilannapoliparmapisaromasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloturris
Altri canali mondiale per clubserie bserie cchampions leaguefantacalciopodcaststatistiche
tmw / milan / Editoriale
Modric è sempre un fenomeno, alla faccia di chi parlava di dinosauri. Il Milan è già allegriano. Inter da fine ciclo. Lookman, che errore!TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
Oggi alle 00:00Editoriale
di Enzo Bucchioni

Modric è sempre un fenomeno, alla faccia di chi parlava di dinosauri. Il Milan è già allegriano. Inter da fine ciclo. Lookman, che errore!

Dove sono quelli che sorridevano parlando di Modric? Dove sono quelli che parlavano di un altro inutile dinosauro nel campionato italiano? La risposta è arrivata puntuale da uno splendido quarantenne che pensa calcio, disegna calcio, segna e ha ancora la forza per giocare novanta minuti tirati e fare la differenza. A San Siro come alla Scala, si sono alzati tutti in piedi per rendere omaggio a uno degli ultimi geni del pallone, un numero dieci per qualità e istinto, regista per vocazione. Il Milan ha il suo direttore d’orchestra e con un giocatore così, senza le coppe e una squadra non perfetta, ma ricca di giocatori di personalità è da tenere d’occhio per tanti obiettivi. Forse tutti. Lo dico perchè oltre ad aver messo in mostra Modric, alla terza giornata il Milan ha dimostrato di essere già allegriano. Nella migliore accezione del termine. Cosa vuol dire? Che il Milan ha personalità, sa cosa deve fare in campo, difende da squadra e riparte negli spazi con velocità e fisicità. Ci fosse davanti l’attaccante che Allegri ha chiesto inutilmente, con le caratteristiche giuste, anche ieri sera forse i rossoneri avrebbero faticato meno a fare gol. Gimenez le occasioni le ha avute, ma non è sereno e s’è spento sul palo. Milan allegriano, dicevamo. Contro un Bologna organizzatissimo e sempre bello a vedersi, l’allenatore rossonero ha pensato la sua partita con tre difensori, sei giocatori in mezzo al campo e Gimenez davanti. Grande densità, recupero palla basso e grandi folate in avanti con stantuffi come Loftus Cheek e Rabiot (grande impatto) a supportare Gimenez, ma s’è sganciato anche Fofana quando ha trovato spazi, gli esterni ad accompagnare l’azione e Modric a suggerire. In fase di non possesso, invece, il più classico di 4-4-1-1. Il gol è arrivato nel momento in cui la partita stava virando verso il Bologna con il Milan un po’ stanco. E’ stato un capolavoro di essenzialità, una ripartenza perfetta. Modric ha recuperato nella sua metà campo, ha messo in movimento Loftus che dritto per dritto, con la sua potenza, ha portato palla fino al limite dell’area del Bologna e servito sulla sinistra dove è arrivato Modric che ha calciato in corsa. E’ il quinto quarantenne che va in gol nella storia del nostro campionato. Complimenti. E’ chiaro che il Bologna è sembrato più squadra, e gli esteti avranno sicuramente da ridire, ma questo Milan funziona eccome, i principi di gioco sono chiari e recepiti. La Cremonese è lontana. I giocatori di grande personalità e fisicità del Milan sono gli interpreti giusti per questo calcio. E pensate che manca Leao: il lavoro di Gimenez da unica punta lo può fare bene. E’ rimasto in panchina uno come Pulisic e Nkunku quando è entrato non mi è sembrato male. Segnatevelo il Milan, ha grossa potenzialità. Non sarà il Napoli dell’anno scorso, ma segnatevelo. Ieri sera, unico problema l’infortunio al polpaccio fragile di Maignan, tutto da valutare. L’espulsione di Allegri (aveva ragione) invece fa parte di quello che è andato in scena. E’ carico, c’è la sua firma, vuol dire che ha visto una squadra già sua. Cosa sta succedendo invece all’Inter è abbastanza semplice da capire. Questa squadra è la stessa che in cinque mesi ha perso tutto, prima la coppa Italia, eliminata dal Milan, poi lo scudetto consegnato al Napoli, dopo la Champions con il Psg, disastrosa finale annessa, infine il mondiale per club con la Fluminense. Qualcosa avranno voluto pur dire tutti questi insuccessi clamorosi uno dietro l’altro… Questo gruppo che ha dato tanto, vinto due scudetti (parto da Conte) e cinque coppe con Inzaghi, giocato due finali di Champions, è a fine ciclo. Alcuni giocatori avrebbero voluto o dovuto cambiare aria (vedi Calhanoglu, ma non solo). Per ripartire con energie e motivazioni nuove sarebbe servito un rinnovamento profondo che invece non c’è stato. Visto che Marotta, Ausilio e Baccin sono la catena di comando più vincente e più esperta del nostro calcio, queste cose le avranno annusate, viste e capite prima di noi, una domanda allora è lecita: perchè non hanno rinnovato? Risposta semplice anche questa: non c’era il tempo materiale per farlo. L’impressionante e rapida catena di insuccessi, in parte anche l’addio di Inzaghi maturato in primavera, forse hanno colto tutti in contropiede. Non era logico pensare che questa Inter si spegnesse così dopo aver eliminato in quel modo fantastico Bayern e Barcellona. Questa è la storia degli ultimi mesi, per ripartire l’Inter avrebbe avuto bisogno di una rivoluzione e le rivoluzioni vanno programmate per tempo, con intelligenza, non improvvisando, bensì monitorando giocatori in entrata e uscita con mesi di anticipo. Ora sicuramente Ausilio sta lavorando alla rivoluzione, ma a quella che verrà. Nell’ultimo mercato è stata fatta solo qualche operazione di prospettiva (Akanji a parte) ma le difficoltà restano evidenti, ci sono e ci saranno. A tutto questo va aggiunta la ben nota impossibilità di prendere Fabregas che ha costretto l’Inter a mettere in panchina un acerbo Chivu. Il rumeno avrebbe avuto bisogno di qualche giro più largo prima di arrivare a San Siro. Morale? L’allenatore (per ora) non ha la forza di cambiare il modo di giocare di una squadra che gioca così da anni, dai tempi di Conte con qualche variazione sul tema fatta da Inzaghi. Probabilmente sono gli stessi giocatori che preferiscono giocare il 3-5-2, non hanno voglia di andare su concetti nuovi, appena intravisti nel mondiale per club. Così questa Inter è prevedibile, se non riesce a giocare ad alta intensità e non trova spazi non ha soluzioni che vadano oltre le giocate di singoli o i cambi di fronte. A Torino la partita l’hanno rimessa in piedi due prodezze di Calhanoglu perchè i campioni ci sono sempre, quello che manca sono l’intensità, la fame. Come si fa a farsi rimontare due gol in pochi minuti come è successo con la Juve? Con questo non voglio dire che per i nerazzurri sarà una stagione disastrosa (mi aspetto subito una reazione in Champions), ma tutto passa dalla voglia e dall’unità sugli obiettivi di un gruppo che qualche crepa la mostrata. Si ritroveranno? Senza avere il tempo per fare una rivoluzione come si deve con cessioni eccellenti, plusvalenze e rifondazione tecnica, l’Inter però almeno una operazione l’avrebbe dovuta chiudere: Lookman. Era chiaro che un giocatore così, adrenalico, capace di saltare l’uomo e di far saltare in aria le partite, con caratteristiche diverse dagli altri e uniche, avrebbe mascherato i problemi appena descritti. Difficile capire come mai per così pochi milioni di differenza sia saltato tutto. Una roba non da Inter marottiana. La terza giornata racconta anche di un Conte vero Numer one come sempre. A chi gli chiedeva chi avrebbe tolto in mezzo al campo per far giocare De Bruyne ha risposto alla grande: fa giocare tutti. Ha trovato la chiave tattica nel 4-1-4-1 fluido, con equilibrio e intensità. Serve coraggio e visione per mettere in campo Hojlund dopo tre allenamenti e in questo inizio il Napoli dimostra di essere avanti a tutti, come previsto. In testa c’è anche la Juve che racconta di un grande carattere ritrovato e del coraggio di Tudor nel lanciare i giovani. Adzic è il giusto premio.