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Ricardo Paciocco, la vita del "mago della rabona"TUTTO mercato WEB
Oggi alle 19:51Storie di Calcio
di TMWRadio Redazione

Ricardo Paciocco, la vita del "mago della rabona"

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Un calciatore che non ha lasciato il segno con i titoli o le copertine, ma con il cuore, il coraggio, e un gesto che ancora fa parlare di sè. Parliamo di Ricardo Paciocco, protagonista della nuova puntata di Storie di Calcio su TMW Radio. Classe '61, nato nella città venezuelana di Valencia da padre abruzzese e madre argentina, si trasferì trasferito in Italia all'età di cinque anni nel paese di Vacri, in provincia di Chieti. Poi però fece tutta la trafila nelle giovanili del Torino, prima di passare nel 1979 alla Rosetana e poi nel Teramo, ma è con lo Jesi che in Serie C2 si fa notare, mettendo a referto 26 reti in 60 partite che gli valgono la chiamata del Milan. Con i rossoneri allenati da Ilario Castagner, appena tornati in Serie A, l'attaccante colleziona solo 4 presenze (di cui 2 in campionato), tutte partendo dalla panchina. Poi nell'ottobre di quell'anno la cessione al Lecce, che riportò anche grazie ai suoi gol in Serie A. Un'esperienza quella in Salento conclusasi nel 1987 con il passaggio al Pisa, prima di ritornare con la maglia giallorossa in Serie A, quando alla guida c'era un certo Carlo Mazzone. Per poi chiudere la carriera con Reggina, Teramo e Vacri, prima di cominciare la sua avventura da allenatore.  "Avevo 5 anni quando arrivai in Italia, mi stabilii a Vacri e ancora oggi sono qui - ci racconta Paciocco -. Un posto meraviglioso, un paesino di 2mila abitanti dove ci conosciamo tutti. Fu difficile all'inizio, perché si parlava il dialetto e io e mia madre invece spagnolo. Poi verso i 10-12 anni, con il consenso di mio padre, cominciai col ciclismo, facendo anche alcune gare. Andavo anche bene, mio padre era felicissimo perché vincevo anche, ma a 15 anni mi chiamarono per fare un torneo dei rioni. Giochicchiavo davanti alla chiesa, ma la mia passione era la bici. Feci questo torneo, mi vide un signore di Chieti, che chiamò mio padre e gli chiese se potevo andare a giocare nella sua squadra. Mio padre mi diede l'ok e cominciai a giocare nei campionati provinciali, poi in Prima Categoria a 16 anni. E a fine anno ci fu la chiamata del Torino per un provino".  Un momento quello decisivo per la sua carriera: "Era il Torino di Vatta, di Pulici, Graziani. Feci questo provino con altri 21 ragazzi, io giocai il secondo tempo della sfida. L'attaccante delal squadra A si fece male e Vatta mi fece entrare in campo. Feci 5 gol, mi marcava Mandorlini, della Primavera del Torino. Segnai in tutti i modi, di destro, sinistro, di testa. Non vedevo l'ora di finire quella partita perché non avevo mangiato e avevo fame. Alla fine mi dovettero prendere per forza. Rimasi a Torino, feci un'annata lì, successero episodi non belli ma mi dovevo fare strada da solo purtroppo. Mi feci rispettare, anche se poi pagai con alcune ammende, perché qualche problema ci fu". Altro momento chiave la chiamata del Milan: "A Jesi fu la mia fortuna. Giocai molto bene e mi chiamò il club rossonero. Fu qualcosa di inaspettato, perché pochi anni prima correvo in bici. Arrivai a Milanello con la mia prima macchina e il custode disse che per vedere gli allenamenti dovevo entrare da un'altra parte. Invece gli feci vedere il foglio con la chiamata. Nel giro di una settimana mi fecero cambiare anche la macchina e cominciai a capire cosa volesse dire giocare a quei livelli. Mi sentivo quasi un pesce fuor d'acqua, ma feci del mio meglio. Castagner? Mi trovai davvero bene con lui. La prima volta a San Siro rimasi i primi 10 minuti quasi senza respirare. E poi dopo qualche mese arrivò la chiamata del Lecce".  Un'esperienza quella in giallorosso davvero importante: "E' stata la rivalsa. E' una città bellissima, con persone fantastiche. La squadra era bella, con un tecnico con idee ben chiare, ho cambiato davvero registro. Lì ho cominciato davvero a giocare con i professionisti. Dopo tre stagioni, mi chiamò anche il Pisa per giocare in Serie A, per poi ritornare a Lecce subito dopo". Poi l'esperienza alla Reggina, dove nel campionato '89/'90 si rese protagonista di un gesto che lo fece entrare nella storia: durante la sfida con la Triestina, vinta 2-1, segnò il rigore decisivo con una magnifica rabona. Era la prima volta che in Italia si vedeva un gesto del genere dal dischetto: "Una settimana prima facemmo un'amichevole con la Nazionale militare e in porta c'era Marchegiani e io, battendo un rigore, calciai di rabona, che per me era un gesto che mi veniva naturale. Marchegiani si arrabbiò perché pensava che lo stessi prendendo in giro. Il mister anche si arrabbiò, ma gli spiegai che io certi gesti li facevo anche in campionato. E per questo lo feci poi la domenica successiva. Poco prima che calciassi quel rigore, un compagno disse al tecnico che avrei calciato di rabona, e prima di partire per la rincorsa sentii il no del tecnico, che mi urlava di non farlo. Io invece lo feci e segnai anche". Rabona che poi è stato un gesto di tanti grandi come Maradona, Messi, e Paciocco confessa: "Ho visto che una volta la fece Gascoigne su rigore, ma che io sappia nessuno ha mai ripetuto un gesto del genere. Anche perché non è facile, devi tirare forte, angolarla".