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ESCLUSIVA TMW - La prima agente donna in Italia: 33 anni fa Silvia Patruno scardinò i tabù del calcioTUTTO mercato WEB
mercoledì 8 marzo 2023, 12:04Altre Notizie
di Claudia Marrone
esclusiva

La prima agente donna in Italia: 33 anni fa Silvia Patruno scardinò i tabù del calcio

Correva l'anno 1990, da poco era stato istituito l'albo dei procuratori sportivi, e Silvia Patruno segnava la storia del calcio: sostenendo l'esame e venendo abilitata alla professione, Patruno divenne la prima donna agente in Italia. Manager sportiva ancora oggi in attività, e con appunto una lunga carriera alle spalle, della quale - in questo particolare giorno in cui ricorre la Giornata internazionale della donna - ha parlato in esclusiva a TuttoMercatoWeb.com: "Quando ho deciso di intraprendere la mia carriera ero molto giovane, e ho scompaginato il mondo maschile, negli anni in cui il calciomercato si teneva a Villa Erba a Cernobbio. Sono stata invitata a importanti programmi televisivi, mi hanno dedicato articoli numero riviste, ero nella giuria del Premio Campiello... in un mondo maschile e maschilista tutto ciò fece scalpore. Ho sempre tenuto, sin dal principio, un atteggiamento molto duro e deciso, non sono mai scesa a compromessi, e riconosco che la mia è stata una figura che inizialmente ha dato fastidio, parlare di soldi e affari con una donna faceva trano, ma io sono sempre stata a mio agio. E oggi sono molto felice quando vedo donne in questo mondo - e ce ne sono - che fanno valere le loro capacità, senza escamotage, perché davvero vogliono svolgere in totale libertà una professione. Io non sono mai stata prevenuta, ho solo vinto dei tabù, ma mai mi sono preoccupata del giudizio altrui".

Sulle donne, però, il giudizio spesso pesa. E finché fa notizia una terna arbitrale al femminile in Serie A forse c'è qualcosa che ancora non funziona.
"Esatto, tutto ciò non dovrebbe far notizia, dovrebbe essere la normalità. Finché se ne parla in certi toni vuol dire che il mondo ancora non è pronto a certi passi, ma tutto ciò è francamente anacronistico. C'è un problema culturale di fondo, è innegabile, ma le donne dovrebbero andare oltre, non vivere questo come un problema, è sbagliato farsi condizionare da fattori esterni. Il mondo del calcio, così come la società, dovrebbe smettere di pensare alla divisione dei generi, la fluidità che stiamo vivendo in questi anni va accettata".

Ha però fatto scalpore, a tal proposito, il coming out di Jankto...
"Grazie a lui è finalmente caduto un muro di omertà, ma sui coming out io non sono d'accordo: la sessualità è una cosa intima, perché se ne deve parlare? Ogni persona deve essere libera di vivere ed essere come vuole, senza dar peso, come dicevo prima, ai fattori esterni. Se una persona a pranzo mangia un piatto di pasta, non va a dirlo in giro: ecco, la sessualità, anche nel calcio, andrebbe vissuta in questo modo".


La fatica che in Italia sta facendo il calcio femminile a decollare, la spiega sulla falsariga di quanto diceva prima?
"Probabilmente nel nostro paese il calcio femminile è uno spettacolo che non riscuote successo, anche i numeri di calciatrici sono bassi, ma qui non credo sia un problema culturale, di ruoli o genere. È piuttosto un problema di sistema da costruire, ma come in realtà si dovrebbe fare per il calcio in generale, a partire dai settori giovanili e dalla maggior valorizzazione dei talenti nostrani".

A proposito di ruoli, in Europa solo la Lega Pro ha il 50% di donne nel board. Perché?
"Con la nuova governance c'è stata sicuramente innovazione, ma credo che in questo caso sia stato premiato il merito. Io non credo nelle quote rosa, credo appunto nelle capacità che portano al merito, credo al lavoro, e credo vadano premiate le competenze. Nei ruoli che contano, penso a Meloni al Governo e Schlein come leader del principale partito di opposizione, inizia a far capolino la figura femminile, ma sempre rappresentata da chi, in un modo o nell'altro - e senza necessariamente piacere a tutti - fa valere solo e sempre il merito. Su questo dobbiamo concentrarci".