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Massimo Orlando, la parabola dell'erede di Baggio fermato dagli infortuni
Per Storie di calcio speciale Massimo Orlando -
Maracanà con Marco Piccari
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Classe '71, qualità importanti che però hanno avuto poca fortuna. Parliamo di Massimo Orlando, cresciuto tra Conegliano e Reggina e dopo una brevissima parentesi alla Juventus ha speso la sua carriera tra Fiorentina, Milan e Atalanta. Un talento vero che poteva diventare davvero grande ma che è stato fermato da una serie di infortuni che ne hanno tarpato le ali. A Firenze era l'erede di Baggio, ma i tifosi della viola sono riusciti davvero a vederlo solo a sprazzi a grandissimi livelli. E l'ex calciatore si è raccontato a "Storie di Calcio", a TMW Radio.
Se le dico Nevio Scala?
"Il mio primo grande allenatore, 1988 a Reggio Calabria. Un'esperienza clamorosa, ia 18 anni mi sono ritrovato in Serie B e volavo per la felicità. Perdemmo uno spareggio con la Cremonese".
L'allenatore che ha inciso di più e di meno?
"Chi mi ha dato di più in termini di autostima e affetto è stato Bruno Bolchi. Era un altro calcio e lui è stato davvero un papà che mi ha portato per mano in certe fasi, è stato fondamentale. Non vorrei più incontrare di nuovo Ranieri. E' stato un vincente, ma mi ha fatto male personalmente. Quando arrivò a Firenze ero uno dei più importanti insieme a Batistuta, avevo un grande rapporto con Cecchi Gori e certi rapporti i tecnici non le sopportano. Gli sono stato subito antipatico e la battaglia l'ha vinta lui, colpa anche dei tanti infortuni che ho avuto. Sono stato uno dei pochi giocatori che non ha chiesto mai spiegazioni se non giocavo. Era l'epoca del 4-4-2 e il fantasista si doveva adattare e non l'ho fatto troppo".
Ebbe anche l'opportunità alla Juventus, ma arrivò insieme anche Baggio:
"Mi consigliò lui di andare a Firenze. Mi disse 'Fossi in te andrei a Firenze, perché a questa età si deve giocare'. Ci fu la possibilità e non ebbi alcun ripensamento e andai. Ed è stata la cosa giusta".
Ha mai pesato il confronto con Baggio?
"Neanche poco. Loro avevano l'esigenza di sostituire nei loro cuori uno come Baggio. Entrai anche troppo velocemente nei loro cuori, mi pesava e le cose però andavano bene. Solo che l'anno dopo non ero Baggio e qualche polemica cominciò ad arrivare".
Cosa non rifarebbe?
"Di essere troppo disponibile e buono con gli altri. Ma è un fatto caratteriale. Ero sempre preoccupato degli altri e non di me stesso. Il campo e lo spogliatoio era la mia vita".
E quella scivolata contro il Bari che le costò la carriera?
"Non me la sono più tolta dalla testa. Ogni tanto mi ritorna come incubo, ma la vita è così. La scivolata a Gautieri, quando mi accorgo che sono un po' scoordinato e rischio di fargli male, tiro la gamba indietro e rimango incastrato nel terreno e mi faccio male io. Ci penso ancora ma la vita va avanti".
Se le dico Nevio Scala?
"Il mio primo grande allenatore, 1988 a Reggio Calabria. Un'esperienza clamorosa, ia 18 anni mi sono ritrovato in Serie B e volavo per la felicità. Perdemmo uno spareggio con la Cremonese".
L'allenatore che ha inciso di più e di meno?
"Chi mi ha dato di più in termini di autostima e affetto è stato Bruno Bolchi. Era un altro calcio e lui è stato davvero un papà che mi ha portato per mano in certe fasi, è stato fondamentale. Non vorrei più incontrare di nuovo Ranieri. E' stato un vincente, ma mi ha fatto male personalmente. Quando arrivò a Firenze ero uno dei più importanti insieme a Batistuta, avevo un grande rapporto con Cecchi Gori e certi rapporti i tecnici non le sopportano. Gli sono stato subito antipatico e la battaglia l'ha vinta lui, colpa anche dei tanti infortuni che ho avuto. Sono stato uno dei pochi giocatori che non ha chiesto mai spiegazioni se non giocavo. Era l'epoca del 4-4-2 e il fantasista si doveva adattare e non l'ho fatto troppo".
Ebbe anche l'opportunità alla Juventus, ma arrivò insieme anche Baggio:
"Mi consigliò lui di andare a Firenze. Mi disse 'Fossi in te andrei a Firenze, perché a questa età si deve giocare'. Ci fu la possibilità e non ebbi alcun ripensamento e andai. Ed è stata la cosa giusta".
Ha mai pesato il confronto con Baggio?
"Neanche poco. Loro avevano l'esigenza di sostituire nei loro cuori uno come Baggio. Entrai anche troppo velocemente nei loro cuori, mi pesava e le cose però andavano bene. Solo che l'anno dopo non ero Baggio e qualche polemica cominciò ad arrivare".
Cosa non rifarebbe?
"Di essere troppo disponibile e buono con gli altri. Ma è un fatto caratteriale. Ero sempre preoccupato degli altri e non di me stesso. Il campo e lo spogliatoio era la mia vita".
E quella scivolata contro il Bari che le costò la carriera?
"Non me la sono più tolta dalla testa. Ogni tanto mi ritorna come incubo, ma la vita è così. La scivolata a Gautieri, quando mi accorgo che sono un po' scoordinato e rischio di fargli male, tiro la gamba indietro e rimango incastrato nel terreno e mi faccio male io. Ci penso ancora ma la vita va avanti".
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