Azzurro tenebra: l'Italia ha perso la passione? I numeri dicono... nì

Non è solo una sconfitta. È uno specchio. L’Italia di oggi, travolta a Oslo, fa più paura per quello che racconta che per il risultato in sé. La prospettiva di restare fuori da un terzo Mondiale consecutivo non è uno scandalo: guardando in faccia la realtà, questa Nazionale non è superiore alla Norvegia. E nemmeno troppo vicina. Tolto Donnarumma, il vero fuoriclasse era con gli altri. Haaland è un'astronave, Ødegaard una sentenza: il loro valore di mercato – 85 milioni per il centrocampista dell’Arsenal – spazza via le quotazioni degli azzurri.
Il problema, però, va oltre la singola partita o il valore dell’avversario. È che davanti, l’Italia non ha più talenti. Una volta dovevamo inventarci come far coesistere Del Piero e Totti, oggi basta guardare la panchina per capire che l’imbarazzo della scelta non ci appartiene più. E allora ci si rifugia nei numeri. Che, a ben vedere, non suonano male. I tesserati Figc superano 1,4 milioni, e se contiamo anche chi gioca per passione o tra amici, si arriva a 4,5 milioni di praticanti. Il calcio italiano è vivo, almeno come abitudine. Ma non basta amare il pallone: bisogna coltivarlo. Perché in Inghilterra, a fronte di “soli” 800 mila tesserati, giocano quasi 12 milioni di persone. La Francia ha raggiunto un record storico con oltre 2,3 milioni di iscritti alla FFF. La Germania, da sola, ne conta 7,7 milioni. E anche la Spagna, con 1,2 milioni, non è distante dai numeri italiani.
Ma c’è una verità che i numeri da soli non raccontano: quanto si investe per far crescere questi giocatori. E lì si apre un’altra voragine. I dati UEFA del 2020 – gli ultimi comparabili – dicono che in Italia un club di Serie A spende in media 4,6 milioni all’anno nei settori giovanili. Meno dell’Inghilterra (6,1), meno della Germania (5,4), simile alla Francia (4,8), poco sopra la Spagna (3,8). Le proporzioni non sono cambiate molto, ma il punto è come si investe.
La Francia ha disseminato dodici accademie d’élite sul territorio. L’Inghilterra ha avviato l’Elite Player Performance Plan nel 2012. La Spagna, grazie ai fondi CVC, ha lanciato nel 2022 un piano nazionale per le cantere. La Germania ha riscritto il suo calcio di base dal 2002, con il Talentörderung: tecnica, formazione, visione. E l’Italia? Insegue. La riforma Zola della Lega Pro, assorbita dalla Figc, è un timido passo in avanti. Ma manca ancora un progetto vero, strutturato, condiviso.
Eppure, qualche giovane c’è. Magari non brilla come Lamine Yamal, ma i numeri dicono che nel 2024 l’Italia era tra le nazionali con l’età media più bassa. Il problema è chi fa davvero esperienza: solo il 2,2% dei minuti in azzurro è andato a under 21. Nella classifica dei 100 giovani più utilizzati al mondo, firmata CIES a settembre 2024, il primo italiano era al 66º posto. Giocava in B: Francesco Pio Esposito.
