Simonelli: “La riduzione delle squadre in Serie A sarebbe un po’ una sconfitta”

Ezio Simonelli, presidente di Lega Serie A, ha parlato in occasione del panel “Le leghe calcistiche a confronto” organizzato nell’ambito del programma del Festival della Serie A a Parma: “Abbiamo instaurato un tavolo costante di confronto, a prescindere dai consigli federali. Non siamo compartimenti stagni, con la Serie B abbiamo ogni anno retrocessioni e promozioni, per noi Serie A è importante capire i problemi della B e della C e viceversa loro”.
La sostenibilità è davvero raggiungibile?
“La sostenibilità economica è il tema che ci sta più a cuore, abbiamo delle società che scendono in Serie B dalla Serie A e poi rischiano la caduta doppia, come nel caso della Samp e della Salernitana. Per questo stiamo lavorando per contenere l’impatto della retrocessione, assieme all’associazione calciatori, anche i giocatori, oltre alle squadre, devono collaborare per rendere il sistema accettabile e sostenibile. I ricavi della Serie A non sono quelli della Serie B, serve quindi un sacrificio di tutti, non solo delle società ma anche dei lavoratori. Noi come Lega stiamo lavorando sugli aumenti di ricavi, in questo crediamo molto nel tema dell’impiantistica, crediamo molto nei ricavi da stadio, al momento sono una frazione millesimale rispetto alla Premier League. Stiamo lavorando in tanti settori per incrementare il valore dei diritti tv soprattutto all’estero e infine contiamo di avere un buon recupero per coloro che acquisiscono i loro diretti, combattendo contro la pirateria. È chiaro se una grande percentuale vede le nostre partite senza pagarle, questo impatta negativamente sul valore dei nostri diritti. Serve mettere consapevolezza che chi prende il segnale e vede le partite senza pagare sta rubando”.
La riduzione del numero di club è possibile?
“Cento squadre professionistiche sono tante, da una parte c’è la consapevolezza che il numero è elevato e dall’altra la bellezza di rappresentare l’Italia. Il vero tema non è il numero: in Serie A siamo venti squadre da vent’anni, il calendario è intasato per via del calendario internazionale. Quando ero bambino la Champions League era la Coppa dei Campioni, partecipava una squadra”.
La riduzione dei club in A sarebbe una sconfitta?
“Ci sono varie ipotesi. Una riduzione consentirebbe una maggiore sostenibilità, ma sarebbe un po’ una sconfitta perché il sistema non è riuscito a reggere. Non c’è una soluzione, va trovato il modo migliore per il sistema”.
L’abrogazione del divieto di pubblicità al betting aiuterebbe?
“Sicuramente una mano la darebbe. Mi sembra un’operazione, quella che sta facendo questo governo, win-win: le società potranno farsi sponsorizzare in maniera legale, senza ricorrere a escamotage che portano a valorizzazioni non al 100%”.
Aspettate il decreto sport che dovrebbe sbloccare gli stadi.
“È una norma sempre annunciata, mi sembra sempre domani domani… Ci auguriamo che arrivi, negli ultimi anni in Italia sono stati fatti pochissimi stadi e in Europa 120. Il vero tema in Italia sono le procedure, le soprintendenze che vogliono tutelare i beni storici: li capisco, ma il terzo anello di San Siro mi sembra francamente esagerato… Sono anni che aspettiamo un commissario per gli stadi, per fare quello che è stato fatto per esempio con il ponte Morandi a Genova. La lentezza della burocrazia è un ostacolo da superare”.
L’importanza dei giovani? “Ci sono delle leggi in Italia che danno benefici fiscali a chi investe in ricerca e sviluppo, credo che nel calcio si possano considerare tali i settori giovanili. È una spinta che deve esserci. L’Italia, oltre ai giocatori, è famosa per dare grandi allenatori: oggi puntano più sulla tattica che tecnica, io penso debba essere il contrario. C’è qualcuno che sostiene la tesi della separazione delle carriere e io la condivido: molti allenatori, per far vedere che sono bravi, puntano a vincere nel settore giovanile e pensano poco alla tecnica. Da bambini bisogna imparare a divertirsi, a saper calciare, a correre, non a fare la diagonale”.
