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Un po' Jim Blendings, un po' fenice: così lo Spezia di Thiago è risorto dalle ceneriTUTTO mercato WEB
© foto di PHOTOVIEWS
venerdì 21 gennaio 2022, 13:00Primo Piano
di Daniele Izzo
per Acspezianews.it

Un po' Jim Blendings, un po' fenice: così lo Spezia di Thiago è risorto dalle ceneri

L'obiettivo prossimo della squadra aquilotta sarà piantare le radici nella continuità: solo così si potrà mantenere la categoria

“Post fata resurgo”. Più o meno. O meglio, non letteralmente. “Dopo la morte, mi rialzo”: questo è il motto della Fenice, e solitamente si usa per esprimere fiducia nella capacità di rialzarsi, di ritrovare la via maestra dopo qualche incidente di percorso. Aforisma che, senza alcun dubbio, ben si appiccica, come la più golosa delle figurine mancanti, al momento dello Spezia. Tre vittorie in altrettante gare in trasferta (e, va sottolineato: due di queste erano contro Napoli e Milan), 10 punti conquistati negli ultimi 15 disponibili e un 2022 che forse meglio non poteva cominciare.

Ma il filo rosso della storia calcistica non si può dividere. E quindi, nell’ottimo periodo dello Spezia è inevitabile notare la crescita di Thiago Motta. Come allenatore, certo. Ma soprattutto come parte integrante di quell’essenza che l’aquila rappresenta. Quello che, in poche parole, i tifosi gli chiesero dopo la disastrosa partita casalinga di Coppa Italia con il Lecce.
In pochi, anzi pochissimi, ricorderanno “La casa dei nostri sogni”, film statunitense uscito nelle sale nel lontano 1948. Eppure la somiglianza tra le parabole di Jim Blandings, protagonista della pellicola, e di Motta è sorprendente. Incoraggiato da una prospera situazione post-bellica, la stessa, felice e sognante nonostante l’episodio-Italiano, che l’allenatore italo-brasiliano trovò al suo arrivo nel Golfo dei Poeti, Jim si lanciò in una nuova avventura, comprando casa nella deliziosa campagna del Connecticut. Entrambi non potevano sapere, però, che proprio l’accettazione di un qualcosa di nuovo, sarebbe stato l’inizio dei loro guai. E così, complici una serie di disavventure, nelle quali le colpe dei protagonisti non sono certo celabili, i due finiscono sul lastrico. Sprofondano in una crisi professionale che rischia di catapultarli fuori dai rispettivi progetti lavorativi. Ma, se nel caso della famiglia Blandings sapevamo, come cultura mainstream impone, che di lì a poco lo ‘switch’ narrativo sarebbe arrivato portando l’interprete mastro e tutti i suoi cari nel più classico dei porti del ‘e vissero tutti felici e contenti’, altrettanto non avremmo saputo dire per il tecnico dello Spezia.
La trasferta al ‘Maradona’ sembrava superflua. Il destino (e la società) parevano aver scelto il futuro prossimo di Thiago. Un futuro che profumava d’esonero. È qui però, in questo preciso istante, che il motto ‘post fata resurgo’ si è appiccato alle sorti aquilotte. E, conseguentemente, a quelle dell’ex Inter. Come una fenice, nel momento più buio e cupo degli ultimi anni, dove l’equilibrio tra il bianco e nero pendeva decisamente a favore dell'ultimo, lo Spezia ha reagito, si è rialzato e da lì in poi tutti abbiamo dovuto per forza di cose raccontare un’altra storia. Più bella e avvincente. Una storia potente, di resilienza. Spezzina. Gli antichi greci rappresentavano la fenice come un’aquila reale: non è un caso, non può esserlo.

Fenici, aquile, allora. Nondimeno alberi. Qui, nella metafora dell’albero, risiede infatti il periodo di transizione positiva che sta vivendo lo Spezia. Lo sviluppo di rami flessibili, di schemi mutuati sull’avversario, ha da qualche giornata lasciato spazio a una precisa identità offensiva, ben coniugata però da una più che discreta fase difensiva. Se, quindi, ora la squadra ligure ondeggia, si adatta e fruscia ogni domenica tra il vento-salvezza di tempesta, non le resta che piantare le radici. Dove? Nella continuità di risultati in primis, nella Serie A poi. Questo è l’obiettivo prossimo dello Spezia di Thiago Motta.