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ESCLUSIVA TG – Quaregna: “Campioni Under 17 e 18 è come un pugno di Mohamed Ali per dare la sveglia al Toro”
Oggi alle 08:00Primo Piano
di Elena Rossin
per Torinogranata.it
fonte Elena Rossin

ESCLUSIVA TG – Quaregna: “Campioni Under 17 e 18 è come un pugno di Mohamed Ali per dare la sveglia al Toro”

Paolo Quaregna è stato intervistato in esclusiva da TorinoGranata.it. Quaregna è un regista, scrittore, autore del libro “Granata, rosso e verde”, e grande tifoso del Toro. Con lui abbiamo parlato di questo periodo fra la fine del campionato e l’inizio della prossima stagione, periodo nel quale la concentrazione è focalizzata sul calciomercato.

In questo momento tutto è proiettato alla prossima stagione. Da tifoso del Toro cosa pensa, spera, vorrebbe e si augura?
“Vorrei che il progetto fosse definito, mentre invece è sempre vago. Sono stato in totale disaccordo e mi è proprio dispiaciuto enormemente il licenziamento di Vanoli. Per carità l'annata non era stata buona, ma mi è sembrato pretestuoso il discorso di non avere raggiunto obiettivi perché l'obiettivo è stato raggiunto alla grande: la salvezza. Quest'anno, dopo che la squadra aveva perso Zapata per infortunio, non si poteva pretendere di più, lo sapevamo tutti. Durante le famose prime giornate del campionato scorso - quando Vanoli ci ha dato, con l’essere in testa alla classifica da soli dopo cinque giornate, uno di quegli attimi granata che a me sono tanto cari - qualche amico infaustamente mi disse ma se Zapata avesse mai un infortunio per il Torino sarebbero problemi. E purtroppo lo avviamo visto con le cose che sono andate molto diversamente da quell’inizio. L Torino mi sembra che i progetti si distruggono e poi non sono neanche annunciati. Il famoso discorso di darsi degli obiettivi mi sembra essenziale per una squadra e i tifosi si aspettano questo come anche tutta la squadra, ma invece al Torino non lo si fa, neppure sono annunciati, e si vive alla giornata con la conseguenza che la vita della squadra è turbata.
Tecnicamente questa stagione non è ancora finita poiché siamo tutti col cuore sulle gradinate degli stadi americani per vedere le più forti squadre al mondo. I giocatori dei famosi cugini sono stati ricevuti da Trump con il volto sorridente, ha un sorriso, come si dice, a 32 denti mentre i calciatori bianconeri mi sono sembrati avere dei volti straniti e anche Tudor non mi è sembrato molto convinto. Morale, lasciamo che si spompino bene, che si sfianchino visto che incontreremo l'Inter alla prima giornata di campionato”.

Adesso c’è Baroni e tanti tifosi si chiedono cosa potrà mai fare di diverso da quello che non ha fatto Vanoli o quelli che sono passati prima di lui. Anche lei è di questa opinione?
“Certo e questo è anche molto deludente. Ciclicamente si fanno dei grandi nomi per provocare, un po' come la famosa frase “Messi non è in vendita”. Per esempio, si era parlato di Sarri allenatore del Torino. Ma Sarri è una tra le personalità che avrebbe significato sposare un progetto, invece Baroni, con tutto il rispetto, è uno che con la Lazio ha fallito l'obiettivo quest'anno. Sia chiaro non è una critica a Baroni perché, secondo me, ha fatto bene alla Lazio. Lo dico anche se non l'ho seguito in modo ultra attento, ma soprattutto nella prima fase della stagione in Europa la Lazio era andata benissimo, però poi non ha raggiunto il risultato di riportare la squadra nelle coppe europee.
Mi sembra un po' una storia discutibile quella di dire che cambiamo tutto e poi  affidiamo le redini a chi ha appena disatteso un obiettivo. Detto questo, tutti con Baroni. Oramai è il nostro allenatore, quindi buon lavoro e tutti uniti con lui, ma speriamo che il mercato sia un vero mercato per costruire una squadra e non una cosa molto vaga come è stata negli ultimi anni”.

Tanti tifosi anche nelle varie chat e forum si aspettano un mercato come al solito: vendita dei migliori incassando il più possibile e poi con tanta calma e spendendo il minimo rimpiazzarli negli ultimi due o tre giorni di mercato in modo da dare all'allenatore qualcuno per colmare almeno in parte i buchi nella rosa. Lei ha anche una laurea in economia, le sembra giusto agire così?
“Prima di tutto bisogna tener conto di una cosa fondamentale: una società calcistica non è una normale società. E questo lo sanno molto bene coloro che si riempiono la bocca di investimenti, alludo all'altra squadra della nostra città. E poi magari non basta neppure fare investimenti per ottenere buoni risultati. Una società calcistica deve tenere conto di tanti elementi che sono assolutamente variabili e incontrollabili, mentre invece nella normale economia tu fai dei prodotti o anche soltanto li vendi, ma con una buona gestione riesci ad ottenere risultati. Nel calcio è un po' diverso. E in più c'è la variabile che dovrebbe essere sempre tenuta in considerazione: la storia della società e la storia comporta anche i tifosi. I tifosi ricordano la storia, ricordano il passato ed il passato del Torino, come ben si sa, è una cosa unica. Questa è proprio una delle cose che è stata disattesa dall’attuale proprietà del Torino Fc.
Una parentesi, prima abbiamo parlato dell’esonero di Vanoli, ma certe parole usate tipo “allena più i tifosi che la squadra” sono state molto discutibili, oppure anche l'allusione che “con la storia non si fanno i punti”. Io credo che con la storia ben gestita si fanno anche i punti. I risultati sono sotto i nostri occhi come anche il paragone con altre squadre. Seguo molto per ragioni anche professionali e ho una grande conoscenza del Canada, in particolare del Quebec, per cui ho seguito molto la storia e la vicenda di Saputo che ha veramente per gradi, con piccoli passi ha portato il Bologna a grandi risultati. Questo potrebbe essere un modello per il Torino, tra l'altro il Bologna ha venduto i suoi giocatori migliori, Zirkzee e Calafiori, perché Saputo, pur essendo un grande industriale, non è un emiro del Qatar e quindi non ha disponibilità enormi, eppure poi il Bologna ha vinto la Coppa Italia. Quando si pensa a gestire una società e una squadra si può benissimo vendere, io non farei i conti nel borsellino di Cairo, ma basta che abbia una strategia. Si può anche ricavare dalle vendite più di quanto si investe negli acquisti, ma bisogna spendere bene i soldi. Non mi piace fare nomi per cui con tutto il rispetto per il giocatore, non si può però vendere Bellanova e prendere, per giunta all’ultimo, Pedersen che era retrocesso con il Sassuolo e avere un obbligo di riscatto legato solo alla permanenza in A. E’ una cosa che si commenta da sola.

Quindi anche lei è dell'idea che forse è inutile aspettarsi chissà cosa da questo mercato del Torino?
“Per la verità, mi aspetterei una strategia che dovrebbe delinearsi in questi giorni e non attorno al 30 agosto. E’ chiaro, Ricci va via così come Milinkovic-Savic. Va bene, arriveranno una quarantina di milioni, forse anche di più, però poi ne vanno spesi 30. In generale i giocatori si sostituiscono, ma serve avere una strategia, un progetto. Tornando al Bologna, in rosa aveva Ndoye un giovane interessante”.

L’Under 18 e la 17 del Torino hanno appena vinto lo scudetto quindi in teoria qualche giovane da far crescere ci sarebbe.
“Esatto, queste sono belle cose, ma negli anni quanti calciatori abbiamo perso per la strada. Mi vene in mente Lucca, ceduto troppo frettolosamente, e altri invece si sono persi perché non avevano la testa per giocare a calcio a certi livelli.
Il discorso sulle giovanili è importantissimo e le frasi sulla gestione dei ragazzi probabilmente sono state anche fatali a Vanoli come anche la frase “dove non ci sono soldi ci siano le idee”. Effettivamente dalle giovanili possono arrivare in prima squadra calciatori di valore come Buongiorno, ma si possono fare anche altri nomi, Njie e Gineitis, che non hanno fatto tutta la trafila nelle giovanili granata, ma che comunque ci sono passati.
Siamo campioni Under 17 e 18 ed è come un pugno di Mohamed Ali per dare la sveglia al Toro. Sul mercato si disegna una squadra, anche come la nostra senza avere budget enormi, che negli anni cresce e si afferma esattamente come è successo all'Atalanta che una volta, neppure tanto tempo fa, battevamo 5 a 0”.

Poi però l’Atalanta si è rifatta con gli interessi con quel famoso 7 a 0.
“E’ vero, ma a parte le pappine sul campo è anche significativo che dai nerazzurri comprammo Zappacosta e Baselli, due giocatori di valore che stavano emergendo, mentre adesso siamo noi a vendergli i pezzi migliori come insegna la vicenda Bellanova. Eppure l’Atalanta non ha mai fatto pazzie e quando si rinuncia a un giocatore per tornaconto economico lo si rimpiazza trovandone un altro magari sconosciuto o quasi però di valore e non lasciando il povero mister di turno a trovarsi con un buco e a doversi inventare qualche  strategia, cambiando di ruolo qualcuno, per sopperire e dare un gioco alla squadra. Senza pensare all’anno scorso, ricordiamoci di Rincon regista”.

Gli allenatori poi fanno con quello che hanno, sperando che vada tutto bene.
“Ovviamene, ma questo è sintomo di gestione allegra e improvvisata da parte della società”.

Per cui la prossima annata del Torino sarà più o meno simile a questa?
“Io spero sempre in qualcosa di diverso, altrimenti non sarei del Toro. Per cui mi auguro che si faccia un bellissimo campionato, ma per adesso non so come e con quali giocatori e allora nelle preghiere a Dio includo Zapata affinché gli conservi la salute e faccia ritornare Schuurs ai livelli di prima dell’infortunio.
Scommettere non mi piacce, ma l'anno scorso in quelle prime cinque giornate avevamo fatto molto bene, poi lo sapevamo che incombeva il calendario e che le altre squadre erano partite in modo molto debole. Rammentiamoci la Roma e anche l'Atalanta che l’abbiamo battuta bene, simbolicamente è stata una partita da ricordare perché le avevamo appena ceduto Bellanova che tra l'altro non ha giocato, meno male altrimenti sarebbe stato fischiatissimo. Alla fine Vanoli-Gasperini è andata bene con 4 punti al Torino. Ma soprattutto quelle prime cinque giornate si era gettando il cuore oltre l'ostacolo, mi ricordo la vittoria a Venezia con il gol di Coco. Cose belle, nutrimento per noi del Toro.
Magari il prossimo è l'anno che si va in Europa, diciamo genericamente e va bene anche la Conference. Io dico che è possibile, ma è chiaro che bisogna lavorare affinché sia possibile. Però per adesso non ho visto il cantiere, non è stato ancora aperto il cantiere”.

Lei ha scritto il libro “Granata, rosso e verde”, ha in programma qualche nuova cosa legata al Torino?
“In questo momento da scrittore mi sto occupando degli autoctoni indiani del Quebec, che non vogliono essere più chiamati indiani, giustamente, visto che questa definizione deriva dal famoso errore di Cristoforo Colombo. E in parallelo da regista sto lavorando a un documentario, un lungometraggio, ispirato proprio a “Granata, rosso e verde” e sarà pronto nel 2026 quando saranno dieci anni dalla tragedia della Chapecoense, tragedia che accomuna con quella del Manchester United e quella del Grande Torino”.