Atalanta, dal sogno al disincanto: a Bergamo è già finito il tempo degli alibi
Ci si aspettava che il trionfo europeo di Marsiglia potesse rappresentare la scintilla, la svolta, l’inizio di una rimonta capace di restituire alla Dea il passo delle grandi. Ma il 3-0 incassato in casa contro il Sassuolo non solo spegne ogni illusione: fotografa con crudele nitidezza una squadra che ha smarrito se stessa. Il Sassuolo, neopromosso e reduce da un ko casalingo col Genoa, è venuto a Bergamo e ha fatto ciò che non ti aspetti: dominare. Tre schiaffi netti, senza appello, che lasciano il segno e aprono una ferita profonda.
FINE DEGLI ALIBI - Fino a pochi giorni fa si poteva parlare di “pareggite”, di infermeria affollata, di sfortuna sotto porta. Ma oggi, 10 novembre, tutti gli alibi sono evaporati. L’Atalanta aveva finalmente la rosa al completo, e proprio con la rosa al completo ha mostrato il suo volto più grigio: quello di una squadra spenta, prevedibile, senza scintille. Le “occasioni sbagliate” che fino a ieri fungevano da consolazione sono diventate un lontano ricordo.
DAL QUARTO POSTO AL TIMORE DI GUARDARE GIÙ - Solo qualche giorno fa Stephen Pagliuca, co-chairman nerazzurro, parlava ancora di quarto posto come obiettivo stagionale. Oggi, alla luce della classifica, quel sogno suona quasi ironico: con appena 13 punti in 11 partite, la Dea si ritrova nella parte destra della graduatoria, lontana dalle ambizioni e vicina a un fastidioso senso di precarietà. Viene quasi da chiedersi se, più che inseguire la Champions, non convenga guardarsi alle spalle.
E il calendario non aiuta. Dopo la sosta - scrive L'Eco di Bergamo -, l’Atalanta ripartirà da Napoli, poi volerà a Francoforte per la Champions e infine ospiterà la Fiorentina in un match che, con un pizzico di ironia amara, qualcuno definisce già “sfida salvezza”.
CORSI, RICORSI E AMARE VERITÀ - Il calcio, si sa, ha una memoria breve ma una crudeltà infinita. Esattamente dodici mesi fa, le parti erano invertite: Juric veniva esonerato dalla Roma, con la squadra ferma a 13 punti dopo 12 giornate. Oggi è lui, sulla panchina dell’Atalanta, a fare i conti con lo stesso destino. E in un curioso incrocio di destini, proprio Gasperini, il suo maestro e predecessore, siede oggi in vetta alla Serie A con la Roma, 11 punti più in alto della sua ex squadra. Il parallelo è impietoso: l’Atalanta di Juric è leggermente avanti rispetto alla Roma di un anno fa (13 punti in 11 gare), ma per centrare la Champions servirebbe una media superiore ai due punti a partita da qui alla fine. Tradotto: servirebbe un miracolo.
L’UOMO DEI MIRACOLI, ORA, NON C’È PIÙ - Il miracolo a Bergamo aveva un nome e un volto: Gian Piero Gasperini. Oggi, al suo posto, c’è un tecnico che non ha ancora trovato la chiave di volta, una squadra che ha perso fiducia e un pubblico che inizia a voltarsi indietro con nostalgia.
Il tempo degli alibi è finito, e quello dei sogni sembra già svanito.
Serve un nuovo miracolo, sì. Ma la domanda, amara e inevitabile, è una sola:
chi ce l’ha, adesso, l’uomo dei miracoli?






