
ESCLUSIVA TA - Tiribocchi: "Atalanta, sarò sempre uno di voi. Lookman? Il tifo perdona se onori la maglia"
Ci sono giocatori che lasciano il segno con i numeri, altri con il cuore. Simone Tiribocchi, il «Tir», per i tifosi dell’Atalanta è stato entrambe le cose: bomber generoso e uomo spogliatoio, trascinatore silenzioso che non si dimentica. In tre stagioni a Bergamo ha segnato 28 gol, ma ne ha costruiti molti di più, dentro e fuori dal campo. Le sue parole oggi sono un viaggio nei ricordi, con un pensiero a quel legame con la Curva che ancora lo applaude: perché certe maglie, anche se le lasci, non ti lasciano mai davvero.
Tre stagioni all’Atalanta (2009/10; 10/11 e 11/12), 86 presenze e 28 gol: qual è il tuo ricordo più bello?
«Tanti, sinceramente - confida, in esclusiva, l'ex bomber ai microfoni di TuttoAtalanta.com -. Le tre stagioni a Bergamo, dopo quelle di Lecce, mi hanno consacrato: mi hanno fatto stare bene e mi hanno dato consapevolezza. Ancora oggi, quando vedo l’Atalanta, da una parte sono felice di esserci stato; dall’altra rimpiango che fosse un periodo molto difficile, guardando a quanto è cresciuta ora la squadra. Lottavamo per la salvezza, siamo retrocessi e poi abbiamo vinto il campionato: un’emozione indescrivibile. Alla terza stagione abbiamo fatto il record di punti, mentre oggi si lotta addirittura per lo scudetto. Sono felice di essere partito da lì, con i Percassi già al comando: vedere adesso l’Atalanta a questi livelli è pazzesco».
Quando hai lasciato Bergamo i tifosi dissero che se ne andava “un pezzo di storia dell’Atalanta”. Il rapporto con loro com’è stato?
«Fortissimo da subito, malgrado il primo anno – con la retrocessione – fosse stato particolare. Avevo segnato 11 gol. A prescindere da questo, il feeling è nato dal primo giorno: mi hanno sempre supportato, anche in Serie B quando ebbi qualche difficoltà, nonostante poi i 14 gol. Mi hanno sempre incitato. Sono cose che nascono e restano. Rimpiango di essere andato via: chiesi la cessione perché ero in scadenza e giocavo poco, ma probabilmente sarebbe stato giusto chiudere la carriera a Bergamo, dove ero davvero amato».
Ventotto gol con l’Atalanta: a quale sei più legato?
«Il più bello, tecnicamente, alla Fiorentina: mezza rovesciata sotto la Curva. Il più emozionante, però, è quello all’ultimo minuto con il Torino in Serie B: entrai dalla panchina e segnai il 2-1, sempre sotto la Curva. Tanti tifosi me lo ricordano ancora oggi. Era una partita sofferta: quel gol fu una liberazione».
Ti capita di tornare a Bergamo?
«Spesso. Sono venuto anche a vedere l’Atalanta per il nuovo stadio: pazzesco. Mi piacerebbe tornare per rivedere i miei compagni di quegli anni, magari invitato dal club. L’Atalanta oggi è qualcosa di speciale e sarebbe bello condividerlo anche con chi ha fatto parte del percorso. Una partita-omaggio per salutare la gente di Bergamo sarebbe un onore».
Sei rimasto in contatto con qualche ex compagno?
«Sì: Manfredini, Peluso, Acquafresca e altri. Furono anni intensi e belli. Per questo vorrei tornare in campo con loro. Oggi l’Atalanta è di un altro livello, ma sarebbe bello che anche noi, nel nostro piccolo, facessimo parte del progetto».
Prima dell’Atalanta, Lecce: sono le piazze dei ricordi più belli?
«Le più importanti, sì. Sono legato anche a Torino, Chievo e ho fatto belle annate a Siena, ma a Lecce e Bergamo sono diventato quello che la gente ricorda ancora quando mi ferma per strada. In due anni e mezzo a Lecce ho segnato 42 gol, media di uno ogni due partite: normale che quella sia stata una piazza fondamentale. Il mio cammino però è stato lungo e tosto: tanta gavetta, indimenticabile».
Veniamo al presente: chi vedi favorita per lo scudetto?
«Quest’anno credo che la squadra da battere sia il Napoli: ha vinto il campionato, ha fatto mercato in modo mirato e ha Conte, che ho conosciuto proprio a Bergamo. Vedo bene anche il Milan perché Allegri è troppo forte come allenatore. Mi aspetto un buon campionato dalla Juventus. Poi naturalmente l’Inter, e la Roma: magari un po’ in ritardo, ma restano molto forti. Hanno cambiato tanto e partono in seconda linea».
A proposito di Conte: era dura con lui a Bergamo?
«Molto. Subentrò a ottobre (2009/10) e ha una metodologia intensissima: rifare la preparazione a stagione in corso non è il massimo. In ritiro è diverso. Però a me è servito tanto: feci quattro gol di fila in Serie A e stavamo crescendo. Quando arrivò mi chiese quanti gol avessi fatto al massimo in A; risposi 11 e lui disse che, se non fossi arrivato a 15, sarebbe stato un suo fallimento. Un allenatore che ti parla così ti fa volare: ci credeva e mi ha spinto moltissimo».
Napoli e Milan favorite, poi Juve e Roma: dove metti l’Atalanta?
«A ridosso di questo quartetto. Ha perso qualche giocatore importante, ma sta recuperando Scamacca – fondamentale – e dovrà recuperare Lookman, altrettanto importante. Dovrà allenarsi, rientrare, serviranno giornate di campionato, fare pace con i tifosi e offrire prestazioni importanti. Il tifoso atalantino si è sentito un po’ tradito da un mercato fuori controllo, ma la squadra crescerà. Con Gasperini era andata oltre le aspettative».
Si può ricucire il rapporto tra Lookman e i tifosi?
«Sì. Le persone possono fare scelte diverse, ma il tifoso atalantino è intelligente: se rientra, onora la maglia, corre e fa vedere ciò che ha sempre mostrato, il rapporto si ricuce».
Avvio sulla carta abbordabile: Pisa in casa e Parma fuori, totale 2 punti. Occasione sprecata?
«L’inizio non è mai facile. Sì, guardando il calendario era un’opportunità per partire forte, anche alla luce degli altri risultati. Le “piccole” si sono rinforzate e all’inizio l’aspetto fisico conta: puntano a fare punti subito. Sarebbe stato importante partire bene per valorizzare il lavoro di Juric e non rimpiangere subito Gasperini. Nel calcio la pazienza è poca. Ora c’è la sosta: può cambiare tutto, l’Atalanta è lì».
Mercato chiuso dopo la seconda giornata: quello visto finora è “calcio d’agosto”?
«Sì. Meglio chiudere il mercato prima: lavorare con gente in uscita o in arrivo e dover cambiare modulo è un problema in più. Ora è chiuso: dopo la sosta le squadre saranno più rodate. C’erano carichi pesanti: è normale aspettarsi un assestamento».
Scamacca può ripetere a Bergamo ciò che hai fatto tu?
«Può fare molto di più. Ha lasciato la mia 90… l’ha presa Krstovic. Scamacca deve lavorare tanto, ma ha personalità e coraggio. È forte, è stato fermo a lungo, ma è già tornato al gol: fondamentale per un attaccante. Non mi sembra uno che si abbatte: è determinato e può fare molto bene».
Dopo la sosta: Lecce in campionato e Paris Saint-Germain in Champions. Quella europea è già segnata?
«È sempre emozionante giocare una Champions così: sembra una favola. Il PSG oggi è tra le più forti al mondo. Bellissimo per l’Atalanta misurarsi con certe realtà. La Dea gioca bene e, se sta bene, può battere chiunque: il PSG rispetterà molto l’Atalanta. Sarà complicatissima, ma tirata e affascinante».
E Atalanta-Lecce?
«Difficile per entrambe. Ho visto il Lecce col Milan: ha lottato, e l’allenatore mi piace. Dall’altra parte l’Atalanta deve dare un segnale forte. Con un’eredità come quella di Gasperini i confronti sono impietosi, ma Juric è in gamba, determinato, uomo di campo: dal suo lavoro arriveranno risultati».
Commentatore per Mediaset: sei rimasto nel calcio giocato?
«Tiribocchi è ancora innamorato del calcio (sorride). Mi piace allenare e insegnare. Avevo smesso, ma sono tornato con una squadra di Seconda Categoria: mi sono appassionato a questi ragazzi e voglio dar loro quello che è stato dato a me. Tutti mi chiedono “perché la Seconda Categoria?”. Perché il calcio è ovunque: amatori o Serie A a San Siro, per me è sempre calcio. Dove posso fare qualcosa, lo faccio».
Oggi il «Tir» è ancora lì, nel cuore del calcio, tra allenamenti e telecronache. Dentro porta un pezzo di Bergamo, di Lecce, di tutti i campi dove ha lasciato l’anima. Il rimpianto? Non aver chiuso la carriera all’Atalanta. Il sogno? Tornare un giorno sotto quella Curva per un ultimo, grande abbraccio. La carriera finisce, l’amore di una città no: certe storie non finiscono, fanno solo il giro lungo per tornare a casa.
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