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ESCLUSIVA TMW - Abete: "La Superlega non mi piace. L'annuncio di ieri segnale di debolezza"TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 19 aprile 2021, 15:45Serie A
di Ivan Cardia
esclusiva

Abete: "La Superlega non mi piace. L'annuncio di ieri segnale di debolezza"

La temuta Superlega è infine arrivata, o almeno è stata annunciata. E porta allo scontro istituzionale. Per sette anni presidente della FIGC, per cinque vicepresidente dell’UEFA. Poi commissario della Lega Serie A. Giancarlo Abete, nel corso della sua lunga carriera, ha ricoperto diversi e importanti ruoli nell’ambito della politica del calcio. Raggiunto da TMW, commenta la novità di giornata.

La Superlega le piace?
“Assolutamente no. Ma aggiungo che non penso che alla fine arriverà a compimento. Se ne parla da tanto tempo, ora c’è stata questa sorta di ufficializzazione: credo che dietro un’accelerazione di questo tipo si nasconda una situazione di grande complessità sul versante dei conti economici di molte società di prima fascia. Probabilmente si sono rese conte che anche la modifica della Champions non avrebbe potuto portare gli introiti che ritengono necessari e che soprattutto risultano tali visto l’impatto economico della pandemia”.

È emblematico, da questo punto di vista, che i club tedeschi si siano tirati fuori.
“È un segnale che dà conferme in questo senso. In Germania c’è la logica dell’equilibrio di bilancio e non ci sono situazioni in cui si chiude con esposizioni debitorie molto elevate. Senza entrare nel merito dei bilanci dei club italiani, basti pensare a tutto il dibattito sulle difficoltà economiche del Barcellona che ha circondato le ultime elezioni in casa dei catalani. Il fatto che i club tedeschi non partecipino alla Superlega testimonia le situazioni di difficoltà delle società che partecipano. Parliamo di una competizione che nasce con società di solo tre Paesi, e quindi molto più debole senza l’adesione dei tedeschi. Ci sono molte riflessioni da fare: come detto questa accelerazione è stata ritenuta necessaria, ma una comunicazione di questo tipo risente dell’assenza di grandi Paesi come Germania e Francia, nonché dei grandi club che li rappresentano”.

Mi sembra di capire che lei condivida la tesi di chi vede una guerra di potere, più che una reale intenzione di far nascere la Superlega.
“Vedo una sfida, rispetto alla quale mi sembra che FIFA, UEFA e le Federcalcio abbiano manifestato la loro posizione con chiarezza. Ma dall’altro lato vedo una posizione di grande difficoltà sul versante degli equilibri economici e prospettici dei grandi club. Io spero che non accada, e la mia posizione di politica sportiva arriva dopo un’attività pluridecennale: non posso che essere contrario. Detto questo, non bisogna essere tifosi: tutti vogliamo che prevalga il merito sportivo, che ci sia l’equilibrio tra il rispetto del bacino d’utenza e la capacità dei piccoli club di fare miracoli. Però bisogna cercare di interpretare quello che accade, senza essere faziosi. E in questo annuncio ci vedo una manifestazione di difficoltà e di debolezza”.


Addirittura?
“Certo. Poi a livello di comunicazione una posizione di questo tipo può essere legittimamente interpretata come una posizione forte, arrogante, di soggetti che hanno un bacino d’utenza maggiore. Ma se avessero voluto comunicare l’idea di una Superlega come competizione completa, non l'avrebbero fatto senza Bayern, Borussia Dortmund o PSG. In più, bisogna ragionare anche a livello di tempistiche: questo annuncio, la sera prima del Comitato Esecutivo UEFA, è stato fatto per far capire che le modifiche al format della Champions non bastano. Questa è una mia interpretazione, ovviamente. Ma del resto già l’anno scorso diversi club hanno cercato di abbassare i costi quando non si giocava; ora si gioca, ma non ci sono incassi da stadio e mancano le sponsorizzazioni. Anche sui diritti TV, si tende alla diminuzione degli introiti, o al massimo al loro mantenimento”.

Oggi i club di Serie A si riuniranno senza Juventus, Inter e Milan. Cosa si aspetta?
“Credo sia naturale che a ogni azione corrisponda una reazione. L’azione è stata importante, quindi credo serva una reazione adeguata a quella che è stata una comunicazione da prima pagina, persino in un momento in cui il nostro interesse da cittadini non è sul calcio. Però penso anche che bisogna ragionare bene: si può assumere una posizione fortemente critica, e da questo punto di vista mi sembra che le posizioni contrarie siano trasversali. Quindi bisogna confermare che, se si vorrà portare avanti questo discorso, ci sarà una reazione proporzionata. Al contempo bisogna anche evitare rotture vere e proprie, perché queste portano solo sconfitti e nessun vincitore”.

In Italia fino a poco tempo fa si trattava con i fondi.
“Anche in quella situazione, il fatto che alcuni club italiani abbiamo modificato la loro posizione testimonia che si siano resi conto del fatto che l’introito in arrivo dai fondi non avrebbe risolto i problemi, ma bloccato delle possibilità future. In generale, credo che il bersaglio di un annuncio come quello di ieri sera sia a livello internazionale. Prova ne sia che i club confermano l’intenzione di partecipare ai campionati nazionali. Ribadisco: è un messaggio di rottura alla UEFA, non a caso arrivato il giorno prima di un appuntamento importante. Consideri anche che la Premier League già oggi offre un livello di introiti nel complesso molto vicino a quello che garantirebbe la Superlega”.

In conclusione, vede anche una certa sordità della UEFA che ha portato a questa situazione?
“Sorprende il fatto che, nel racconto fatto fino a poco tempo fa, sembrava tutto destinato a finire a tarallucci e vino. L’ingresso della ECA all’interno della UEFA è arrivato con una riforma voluta dal presidente Platini: l’obiettivo era avvicinare le società alla vita della UEFA, con l’ingresso nel comitato esecutivo. Il messaggio che era stato dato finora, che è anche il motivo per cui molti sono sorpresi da questa rottura, era quello di una realtà in cui ci si parlava per trovare punti di equilibrio. Cosa sia successo poi lo possono sapere soltanto i diretti interessati, ma continuo a pensare che il tipo di comunicazione data sia collegata a una situazione di oggettiva difficoltà dei club interessati”.