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Guerini, una carriera finita troppo presto e la "rivincita" da allenatoreTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
Oggi alle 19:50Storie di Calcio
di TMWRadio Redazione

Guerini, una carriera finita troppo presto e la "rivincita" da allenatore

Non una semplice storia di campo ma di vita, destino e rinascita, quella di Vincenzo Guerini. Classe '53, nato lo stesso giorno di Diego Armando Maradona, il 30 ottobre, ha in comune con l'argentino il talento cristallino. Brescia e Fiorentina le sue uniche esperienze, per una carriera che si interrompe troppo presto, a soli 22 anni, per colpa di un incidente stradale che ne compromette la gamba. Poi però la seconda vita in panchina, tra Serie C, B ed A. E Guerini ha raccontato tutto questo a TMW Radio, durante Storie di Calcio. "Sono stato un uomo fortunato, perchè nella vita ho fatto quello che sognavo da bambino - ha confessato -. Ne ho fatti più di 50 nel mondo che sognavo da piccolo, e ho ricoperto tutti i ruoli, tranne il ds. E' stata un'avventura meravigliosa, fatta di grandi gioie, anche di sofferenze, delusioni, errori, ma è stato un mondo che ho sognato e che ho vissuto. Dovrei ringraziare tante persone, forse ho avuto più di quello che meritavo". Poi è partito dagli esordi, da quella passione avuta fin da ragazzo: "Sono cresciuto nell'oratorio del mio paese, come quasi tutti ai miei tempi. Poi ho avuto la fortuna che a Brescia c'era Azeglio Vicini, che mi ha visto e mi ha portato con la Nazionale juniores a Coverciano. All'epoca c'erano Di Bartolomei, Oriali, Antognoni, e io ero dentro questo gruppo. Sono andato e cresciuto in fretta. A neache 18 anni ho esordito in B, a 20 in A, ho fatto tutte le juniores in Nazionale. Ho finito presto, è vero. Dopo l'incidente mi è mancata la possibilità di fare una partita di calcio, anche con gli amici. Ora non ci penso più, ma a 22 anni fu molto dura. Per fortuna ho avuto una società come la Fiorentina che mi è stata vicino e mi ha dato la possibilità di fare l'allenatore dei giovani. Il mio primo maestro è stato Ulivieri, che mi ha dato anche coraggio". Mentre sulla Fiorentina ha detto: "Facevo il militare a Orvieto, da Brescia mi arrivò la telefonata da Bernardini che mi diceve che mi avevano venduto alla Fiorentina. Non ci credevo. Per una cifra sbalorditiva all'epoca. Non avevo mai visto una partita di Serie A dal vivo, e mi catapultarono subito lì. Per fortuna incontrai Antognoni e Roggi, che avevo frequentato con le juniores. Poi incontrai anche Radice, che mi ha fatto esordire e giocare anche titolare. Fatico ancora a crederci oggi a questo. Arrivai alla Fiorentina e capii che dovevo dare tutto me stesso". E ha confessato: "Quando nell'82 vinsero il Mondiale, ho pianto perchè ero felice per questi ragazzi che conoscevo, perché c'ero stato anche io in quel gruppo". Poi un ricordo di quell'incidente che gli ha cambiato la vita. Nel novembre 1975 Guerini era stato convocato nella Nazionale Under 23 insieme al compagno di squadra Caso per un'amichevole contro l'Olanda, ma la partita, in programma ad Ascoli Piceno, non si poté disputare per una nevicata. Lasciati liberi, i due calciatori viola, nonostante il maltempo, si misero in viaggio verso Firenze con la Porsche di Guerini. Ormai nei pressi del capoluogo toscano l'auto fu coinvolta in un incidente: "Non ho mai perso conoscenza. Ho avuto molta fortuna, perché ho fatto 70-80 metri in autostrada rotolando, nella corsia opposta, passando davanti a un camion. Poteva finire moto male, ma con la gamba spappolata ho avuto la freddezza di farmi dare la cintura per fermare l'emorragia. La mia paura più grande era che non vedevo più Mimmo Caso, poi meno male che mi hanno detto che stava bene. Mi sentivo in colpa e sono felice che sia andata bene per lui. La mia paura è che mi amputassero la gamba, invece l'hanno salvata con più di 70 giorni di ospedale e 5 operazioni. I medici furono meravigliosi. La Fiorentina poi mi ha trattato come un figlio". E ha continuato: "Avevo 22 anni, ho fatto 7-8 mesi ad allenarmi a bestia perché volevo farcela a tutti i costi, ma per 2-3 mesi facevo allenamenti senza migliorare. Dopo un anno e mezzo, ho deciso di gettare la spugna perché non c'era verso. Forse oggi si poteva fare di più, ma non so, ho dovuto accettare la realtà. E pensavo 'Cosa faccio ora? Torno al paesello e in fabbrica?' Invece la Fiorentina non mi ha abbandonato, mi ha fatto fare il corso allenatore e dato in mano un gruppo di Allievi. C'erano Marco Baroni, Bortolazzi, Landucci, ancora li sento. E ogni anno ci rivediamo". Mentre sulla sua vita da tecnico ha aggiunto: "Credo di essere stato l'allenatore più giovane che ha allenato in Serie B e in Serie A. Con tutti i difetti che aveva quel calcio, c'era molta umanità. La FIGC mi ha dato la possibilità di fare il corso allenatori a Coverciano, ho frequentato con nomi importanti, da Fascetti a Sonetti, da Sacchi a Zeman, fino ad Agroppi. Ho fatto il corso con questi ed ero un ragazzino in confronto a loro e rubavo come potevo da loro. Mi volevano bene tutti, avervano capito cosa avevo avuto e cercavano di insegnarmi tutto. I momenti più belli? Ho avuto la fortuna di allenare l'Empoli in B, con due anni bellissimi. Mi ha permesso quella esperienza di andare in Serie A. Ho vinto contro Maradona, nato il mio stesso giorn oe che mi mandò i complimenti. Gli anni più belli ad Ancona, dove siamo andati per la prima volta nella sua storia in Serie A. Ho avuto delle grandi soddisfazioni con ragazzi meravigliosi. Poi qualche basso, ma esperienze comunque importanti, dalla Spal al Catanzaro. E poi il Piacenza in Serie A, ai tempi di Ronaldo il Fenomeno, Del Piero, Vialli. Il risultato migliore l'ho fatto lì, salvandoci contro le sette sorelle, nessuno ci dava credito. E invece...Ne ho viste di tutti i colori e sono contento".