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UN MIRTO CON... MASSIMILIANO CAPPIOLITUTTO mercato WEB
© foto di Lorenzo Marucci
giovedì 8 giugno 2023, 01:17Un mirto con...
di Matteo Bordiga
per Tuttocagliari.net

UN MIRTO CON... MASSIMILIANO CAPPIOLI

È arrivato ragazzino, è partito uomo. La Sardegna l’ha accolto, svezzato, coccolato, forgiato e temprato. Lui in cambio le ha regalato sudore, dedizione alla causa, gol e grandi giocate. Per ben cinque anni. Poi è volato via, per coronare un sogno sulla strada di casa. È tornato a Roma, nella sua Roma, per vestire una maglia che aveva sempre sentito come una seconda pelle, come il punto d’arrivo di tutta una carriera. Fortificato dalla lezione e dall’abbraccio della sua madre putativa: quella terra sarda alla quale è stato, e sempre sarà, tanto riconoscente.

Massimiliano Cappioli: dalla serie C all’azzurro. Dal Cagliari alla Roma. Passando attraverso successi, emozioni e promozioni. E addirittura cavalcate trionfali, come quella che lo condusse – assieme ai rossoblù – a bussare alle porte dell’Europa nel 1993.

Massimiliano, torniamo indietro nel tempo. Anno di grazia 1988: a Cagliari sbarca un ventenne Massimiliano Cappioli. Cosa ricorda di quell’approdo? Quali erano le sue speranze, le sue aspettative?

“Trovai una squadra molto giovane, allenata da un tecnico emergente – Claudio Ranieri – nella quale c’erano cinque o sei veterani che guidavano il resto del gruppo. Facemmo un vero capolavoro col mister: la banda di ragazzini terribili vinse il campionato di serie C, poi i ragazzini – ormai cresciuti – fecero faville anche in serie B e si salvarono alla grande in serie A.

Nel contesto di un’Isola stupenda vivevamo come una vera famiglia. Stavamo sempre insieme: Ranieri aveva creato un gruppo straordinariamente solido e coeso. La comunione di intenti era il nostro segreto. Pranzavamo e cenavamo insieme, e a volte si univano anche i giocatori sposati. Abbiamo fatto tante cose belle col contributo e con la partecipazione di tutti.”

Invece a livello tattico qual era l’approccio di Ranieri? Come giocava il Cagliari dei miracoli?

“Facevamo il 4-4-2. Io nascevo come centrocampista, non come laterale. Ranieri mi reinventò tornante: in quella posizione feci tanti gol importanti. Il mister era un vulcano di idee dal punto di vista tattico. Ad esempio, a Cagliari avevo iniziato come terzino destro. Come Ranieri vide che anche in quel ruolo mi spingevo in attacco e segnavo qualche gol, decise di avanzare la mia posizione. Così trovai la collocazione definitiva in campo.”

Veniamo agli anni con Mazzone. Cosa era cambiato con lui rispetto a Ranieri nella gestione del gruppo e nell’approccio tattico?

“Poco o nulla. Anche Carlo creò una famiglia, un Cagliari granitico dal punto di vista del gruppo. E anche lui, come Ranieri, sposava la filosofia della carota e del bastone: se capivi come ti dovevi comportare e cosa dovevi fare allora giocavi, se non capivi restavi fuori. Ma noi eravamo giovani, ambiziosi e desiderosi di crescere sempre di più: una volta ottenuta la promozione dalla serie C, abbiamo puntato al doppio salto fino alla serie A; una volta promossi in serie A, abbiamo alzato l’asticella fino a conquistare l’accesso alla Coppa Uefa. Avevamo sempre fame, non eravamo mai sazi.”

Il suo addio nel 1993, a cinque anni dal debutto in maglia rossoblù. Le sirene di casa la chiamavano: destinazione Roma, sponda giallorossa. Prevalse la gioia per il ritorno nella terra natia o la tristezza per il saluto all’Isola?

“Io a Cagliari ero arrivato in lacrime… e in lacrime sono andato via. Ho pianto tanto al momento di lasciare la Sardegna. Stavo tornando a casa mia, a Roma: in teoria dovevo essere contento. E in effetti ero contento, per carità, ma dicevo addio a una terra nella quale mi ero trovato benissimo, che mi aveva dato tanto e alla quale io avevo dato tanto.”  

E infatti, non a caso, lei oggi parla ancora del “suo” Cagliari, come fosse sempre un giocatore rossoblù. Che ne pensa della squadra attuale, del ritorno di Ranieri e dell’imminente doppio spareggio playoff col Bari?

“Per la sfida con il Bari penso positivo: mi auguro di cuore che il Cagliari vada in serie A e che il mister compia quest’altra, ennesima impresa. Se lo merita. Ha riportato passione ed entusiasmo non solo a Cagliari, ma in tutta la Sardegna. Penso e spero che queste due gare di spareggio possano essere le partite di Ranieri e, più in generale, del gruppo rossoblù attuale. In appuntamenti del genere conta un po’ tutto: dalla condizione atletica allo stato mentale, dalla tattica alla buona sorte. Ma conta soprattutto non avere paura, mettere in pratica gli schemi provati con l’allenatore in settimana e scendere in campo a mente libera. Quando ti fai schiacciare dalla pressione e dalla tensione, dal terrore di sbagliare, combini la frittata.

Per cui, calma e sangue freddo. Abbiamo un condottiero spettacolare, una squadra forte: entriamo in campo tranquilli e seguiamo l’allenatore.”