
Frey: "Ho rischiato di morire nel 2019. La Fiorentina? Che ricordi"
Sebastien Frey è stato intervistato da La Gazzetta dello Sport per ripercorrere le tappe della sua lunga carriera, tornando anche su un episodio personali che l'ha molto preoccupato: "Io non mollo, non l'ho mai fatto, neanche quando ho rischiato di morire per colpa di un virus nel 2019. Neanche quando Zalayeta mi disintegrò un ginocchio nel mio momento migliore. Io combatto pregando: il buddismo mi ha salvato". Dopo aver raccontato di aver abbracciato il buddismo dopo un Juventus-Fiorentina 4-1 e un'entrata di Zalayeta che ancora lo fa arrabbiare ("Non si è mai scusato. E due anni dopo s'è infortunato anche lui. Karma"), grazie a Baggio che gli consigliò di provare a seguire quella strada.
Poi la risposta a cosa ha rappresentato la Fiorentina: "La consacrazione. Lì sono stato uno dei portieri più forti del mondo. I fiorentini hanno capito subito che fossi un leader di personalità. Non eravamo la squadra più forte, ma il gruppo migliore sì. Ogni settimana andavamo a cena insieme, facevamo gruppo, stavamo bene. Se chiudo gli occhi ricordo gli amici, Toni, Mutu e gli altri, non una parata. Tutte cose che nel calcio di oggi sono quasi scomparse. Colpa di quei maledetti telefonini: i giocatori pensano solo a messaggiare".
Quante offerte ha rifiutato?
"Mi volevano Milan, Bayern, Barcellona e Juve, l'anno in cui Buffon fu vicino al City. Ma non sarei mai andato: non potevo macchiare una storia d'amore passando dalla Viola a Torino. I tifosi mi avrebbero odiato".







