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Ci saranno davvero le riflessioni profonde? Il muro di gomma resiste da anni. La curva contesta Pradè e Palladino, ma è la proprietà che deve cambiare passo. Quarto anno di Conference improbabile: meglio così, con la Coppa di scorta non si cresceTUTTO mercato WEB
Oggi alle 00:00L'editoriale
di Angelo Giorgetti
per Firenzeviola.it

Ci saranno davvero le riflessioni profonde? Il muro di gomma resiste da anni. La curva contesta Pradè e Palladino, ma è la proprietà che deve cambiare passo. Quarto anno di Conference improbabile: meglio così, con la Coppa di scorta non si cresce

Il quarto anno consecutivo in Conference, a questo si sono ridotte le speranze alla fine di una stagione ibrida per l'alternanza fra grandi risultati e clamorosi flop. La qualificazione ai preliminari della Coppa di riserva è l'unica ciambella a cui aggrapparsi per trovare un po' di giustificazioni, sia chiaro però che nessuna di queste sarebbe accostabile al concetto esposto in vetrina a giugno (ambizione), nonostante il maggior numero di punti conquistati in campionato.

Sicché ci si chiede ancora una volta, avendo ben presente lo spessore di un muro di gomma che nessuno negli anni è riuscito a scalfire: questa società ha davvero voglia di crescere, pensare in grande, oppure l'improbabile qualificazione nell'Europa laterale sarebbe accolta e proposta come un traguardo centrato? Certo, gli alibi non mancano: la vicenda Bove, quello che è successo a Kean, l'operazione di Dodo, gli infortuni di Gosens e Adli, per non parlare di Gudmundsson, eccetera. Lo sappiamo.

Ma la Fiorentina è sull'orlo di restare fuori da tutto e ora deve fare i conti con la lunga scia delle promesse fatte a giugno. Il problema è che sta vertiginosamente aumentando il partito dei tifosi rassegnati alla sopravvivenza ai bordi del calcio vero, quello che ti obbliga a investire e migliorare sul serio, a costruire attraverso programmi che abbiano la forza delle idee, con buoni giocatori di proprietà motivati a restare e una quota di prestiti ridotta. Ognuno di noi ha almeno un amico che ha confessato, con grandissima amarezza: basta, non seguirò più la Fiorentina. Sappiamo che non è vero, ma perché stiamo toccando con mano questo sentimento di sfiducia?

Dopo sei anni pare che ci sia un'impresa impossibile, quella di capire che cosa abbia davvero in testa la proprietà. E' scesa parzialmente in campo anche la Curva, che ha contestato Palladino e Pradè senza attribuire responsabilità a chi li ha assunti. Da quando c'è Commisso le (rare) prese di posizione dei tifosi organizzati hanno sempre preso di mira i dipendenti, con una girandola di responsabilità che - con un rispetto di cui in precedenza si avevano poche tracce - non si è mai posta l'obiettivo di scavare a fondo sulle intenzioni di chi dal 2019 detiene il bene sportivo più prezioso della città. Un approccio esattamente opposto rispetto a quello che vediamo altrove, perché la proprietà rientra fra gli obiettivi principali delle proteste, avendo alla fine la responsabilità principale delle scelte.  

Qui a Firenze resiste invece il sorprendente fascino della stabilità perpetua, considerati gli zero cambiamenti all'interno del management e pochi anche nelle posizioni in classifica. Per inciso è sempre bene ricordare che la Fiorentina non è esattamente un club di seconda fascia e occupa il quinto posto nella classifica delle classifiche, cioè quella che somma tutti i punti conquistati in serie A da quando c'è il campionato. Questo memo andrebbe appeso all'ingresso del centro sportivo.

La ciambella perpetua della Conference è peraltro difficilissima da raggiungere, a meno che la Lazio facendo i propri calcoli - come probabilmente è successo negli anni passati ad altre società - decida che poco senso avrebbe disputare una Coppa così sfinente e trascurabile fino alle partite che contano, diciamo grossomodo dai quarti di finale in poi. Da Roma arrivano segnali opposti, nel senso che la squadra di Baroni in teoria potrebbe puntare anche all'EL, ma staremo a vedere. Qui entriamo in un campo scivoloso, occupiamoci dunque di quello che ci riguarda.

La coppia Palladino-Pradè è stata definita 'perdente' e da quel poco che sappiamo la curva non parla mai a caso, magari manda pochi messaggi ma cerca di colpire nel segno. Sull'aggettivo 'perdente' ci si può sbizzarrire e una interpretazione risiede anche in quello che è emerso nelle scorse settimane, cioè una sintonia calcistica che non è sembrata esattamente irresistibile fra il direttore sportivo e l'allenatore. Eppure il presidente Commisso ha confermato direttamente Palladino e sul conto di Pradè non esistono per ora segnali per considerare in dubbio la sua permanenza in viola: sbagliamo a sostenere che questo sia uno degli elementi che - a prescindere dalla qualificazione in Conference League - non rasserena i tifosi nell'ottica dell'ennesima ricostruzione? Anche qui, non ci vorrebbe un po' di chiarezza? Negli ultimi tempi Palladino ha parlato a voce bassissima, perché evidentemente l'ha persa per urlare le sue indicazioni ai giocatori, ma un concetto molto chiaro l'ha espresso e siamo d'accordo con lui: per crescere serve uno zoccolo duro, che deve essere migliorato con inserimenti mirati, insomma cambiare tanto non ti aiuta a migliorare nel senso più completo del termine.

Guardiamo cosa succederà in Udinese-Fiorentina e Lazio-Lecce, non sapendo onestamente che cosa augurarci in vista della difficile, ma possibile partecipazione alla Conference League per il quarto anno di fila. E auguriamoci che Palladino riprenda la voce, almeno per ripetere all'interno della società il concetto sullo zoccolo duro, anche se i giocatori più forti si convincono con la prospettiva concreta di vincere qualcosa.