
Troppo presto per i giudizi, ma sono troppi i nodi ancora da sciogliere tra modulo, scelte e atteggiamento in campo
L’analisi del giorno dopo è presto fatta, come del resto la premessa a qualsiasi valutazione. La stagione della Fiorentina, con un nuovo tecnico in panchina, è appena all’inizio, dunque qualsiasi giudizio deve esser messo in stand-by. Eppure nel divario che si è palesato tra Napoli e Fiorentina risiedono più o meno le stesse problematiche emerse nelle prime uscite. La stessa difficoltà d’impostazione vista a Cagliari e Torino, più o meno identica fragilità difensiva emersa in Sardegna e pure un approccio non ideale, che fa il paio con gli oltre 60 minuti di gioco trascorsi sotto di due reti contro il Polissya, in Conference League nel play-off di ritorno
Un assetto che traballa
Stabilite le giuste proporzioni della riflessione sul momento è dunque lo stallo del gioco l’aspetto su cui concentrarsi, ferme restando anche scelte di formazione che sabato sera non hanno funzionato. Il modo in cui Nicolussi Caviglia e Fazzini hanno rigenerato una Fiorentina all’angolo diventa motivo di attenzione in vista del prossimo test contro il Como, perché la loro qualità può tornare utile e perché anche sul piano fisico sono parsi più freschi di altri. In tema di gerarchie Pioli di recente ha detto che saranno dettate dal campo, la candidatura di entrambi dopo i 20 minuti scarsi di sabato sera non può percià essere ignorata
Passi indietro in difesa
Più in generale però sono state le amnesie difensive a riportare al centro del dibattito anche l’eventualità della difesa a 3, scelta forzata anche dalla volontà di sfruttare al meglio Dodò e Gosens come quinti di centrocampo piuttosto che terzini. Sotto questo profilo le risposte delle prime tre gare di campionato non sono esattamente entusiasmanti, senza contare che dopo qualche segnale positivo l’adattamento di Pongracic al ruolo di centrale del terzetto davanti a De Gea ha subito più di un brusco stop. Insomma è chiaro che al cospetto del Napoli il centrocampo viola non ha trovato argini, ma pure il modo in cui la difesa è stata presa d’infilata da Hojlund e compagni dovrà essere motivo di approfondimenti e conseguente intervento, a prescindere da eventuali cambi che il tecnico possa meditare.
Kean e la convivenza con gli altri
Un altro nodo, ancora ben stretto rispetto a quanto visto in Nazionale, è legato agli 0 gol di Kean. Non che il centravanti abbia cominciato male, i centri in azzurro sono lì a testimoniare lo stesso buon stato di forma visto in viola, ma da Retegui a Dzeko il salto è parso insostenibile per la punta. Fin qui Pioli ha praticamente ruotato tutti nelle formazioni iniziale, Gudmundsson e Piccoli inclusi, e seppure adesso paia Fazzini la scelta più logica per sostenere Kean dalla trequarti in su è chiaro che anche il (breve) digiuno di gol è aspetto da non sottovalutare. Niente di irrisolvibile, come detto, ma pur sempre un’altra spia di un meccanismo ancora tutto da oliare.







