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Pochi nuovi, vecchie idee: è una Fiorentina che sa ancora di PalladinoTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca 2025
Oggi alle 10:00Copertina
di Alessandro Di Nardo
per Firenzeviola.it

Pochi nuovi, vecchie idee: è una Fiorentina che sa ancora di Palladino

Trecentosessanta minuti di campionato. 530', in totale, in stagione. Un campione ancora esiguo - siamo solo al primo mese - ma abbastanza ampio per trarre le prime conclusioni. È stata un'estate di rottura, la seconda consecutiva dopo la rivoluzione fatta a giugno 2024. Il point-break è fissato al 28 maggio scorso, alle dimissioni improvvise di Raffaele Palladino. E proprio quel nome torna fuori con sempre più insistenza nell'ultimo periodo. È un banale meccanismo psicologico-emotivo, la sindrome dell'ex, rappresentata al meglio da Cesare Cremonini nel suo Marmellata #25: "Ci sono le tue scarpe ancora qua ma tu te ne sei già andata". In questo caso non si parla di oggetti, ma di personaggi, o meglio calciatori, legati a doppio nodo a quanto fatto con l'ex tecnico. Uno su tutti, il centravanti, Moise Kean, vice-capocannoniere della scorsa Serie A, attaccante dalle indubbie qualità (soprattutto fisiche) che, a venticinque anni, ha dimostrato di poter arrivare a un certo livello - e certe cifre - soltanto con l'allenatore dimissionario. 

Il fantasma di Palladino torna a bussare alla porta, come sempre, quando tutto (o quasi) va male. Stefano Pioli, l'erede, l'ha scacciato nella conferenza post-Como: "Non mi interessa come giocava prima la Fiorentina, non l'ho vista". La speranza è che questa sia una bugia bianca, perché vogliamo credere che un tecnico esperto come lui abbia analizzato prima di arrivare la 'creatura' che avrebbe preso in mano. La risposta era arrivata a seguito di una domanda, più che legittima. Anche lo stesso Pioli ha sottolineato che il grande problema riscontrato dalla Fiorentina contro il Como - e non solo - è stato il sistematico ricercare la profondità, un'assillante pallone in verticale, a saltare il centrocampo, per andare verso Kean e Piccoli. Come una sorta di 'memoria muscolare', per KMB e compagni, che hanno costruito le fortune negli ultimi mesi su questo primordiale schema-catapulta: palla a Moise e vediamo che succede. 

Una reminiscenza del passato recente, giustificata anche dal fatto che la 'rottura' col passato, almeno in termini di uomini, ancora fatica ad esserci. In estate sono arrivati nove volti nuovi, sono partiti altrettanti calciatori, anche centrali. Ma la linea discontinuità non c'è stata. Lo si vede anche dal minutaggio: la new-entry più impiegata è Simon Sohm (329' minuti), nono tra i calciatori con più minutaggio in questo primo mese. L'unico nuovo con più della metà dei minuti giocati. Gli altri, da Fazzini (206' minuti) a Viti (148' minuti), passando per Piccoli (276' minuti) e Nicolussi-Caviglia (115' minuti), sia per problemi fisici che, nel caso dell'ultimo, per il fatto di essere arrivati a fine mercato, non sono entrati nelle piene rotazioni. Da Palladino a Pioli, per ora è cambiato tutto, senza cambiare molto. Dall'inserimento costante di calciatori voluti da Pioli, come Piccoli e Nicolussi-Caviglia, passerà la mutazione genetica di una squadra che è rimasta troppo ancorata al ricordo di ciò che è stato.