
Brivido Kean e il mistero del leader scomparso: Gosens primo degli irriconoscibili, domandiamoci perché. Pioli ha sottovalutato la criticità dell’ambiente, ma deve essere protetto. Gli scontenti? Normale ci siano in una rosa troppo lunga
Gosens irriconoscibile, Dodo anche, Ranieri con la fascia moscia, Dzeko con l’occhio cupo, poi gli altri scontenti-latenti perché non giocano e la rosa è maxi: problema serio quello dell’unità in un momento critico e Pioli dovrà recuperare le sue doti migliori per motivare un gruppo in grave crisi di fiducia. Capitolo a parte per le condizioni di Kean, tornato dalla Nazionale dopo l’infortunio alla caviglia. Brividi, come minimo.
A parte il guaio della classifica, la Fiorentina ne ha un altro serio: l’assenza di un leader in campo, almeno uno, un giocatore di esperienza che traduca le indicazioni di Pioli, le sostenga, motivi i compagni in difficoltà, dia ordini sapendo che sono accettati. La scorsa stagione fu Gosens a prendersi in carico i momenti più complicati trascinando il gruppo, ora sembra che il tedesco abbia un atteggiamento diverso: il vigore è stato sostituito dal logorìo e quando Robin si guarda in giro non trova granché, a parte parecchi sguardi preoccupati.
E’ lui il primo e più visibile tassello mancante di una squadra che cerca se stessa e ci si chiede se la traiettoria calante sia collegabile alla possibile e da quanto risulta non troppo gradita cessione all’Atalanta, negli ultimi giorni di mercato. Oppure è una questione tattica all’interno di una squadra che vorrebbe essere ambiziosa e invece ha un’identità che va e viene, come un filo elettrico sgusciato, sicché anche Gosens si spompa senza incidere? Gli equilibri in uno spogliatoio sono sottili, la motivazione è un’ape regina da nutrire senza sosta e ora dentro la Fiorentina non c’è abbastanza cibo, forse con qualche permalo di troppo.
I casi da monitorare
Momento delicato per molti altri e il ragionamento fatto per Gosens - in questo piccolo viaggio nella fragilità - può includere il rendimento clamorosamente modesto di Dodo e l’ultra periferia di Dzeko, che non benissimo aveva incassato la sostituzione dopo il disastroso primo tempo della Fiorentina contro il Napoli: un mezzo affronto trovarsi l’etichetta del primo responsabile in una giornata storta per tutti, avendo oltretutto un passato chic esposto in una vetrina fin troppo polverosa, in questo inizio di stagione. Ci si chiede poi da tempo in quale soffitta sia finito il talento di Fagioli e Gudmundsson, che avrebbero dovuto fare la differenza in termini di qualità. E la poca concentrazione in marcatura dei difensori, i troppi gol presi su palla inattiva, De Gea affidabile ma non super come una stagione fa, l’infortunio di Lamptey che già arrivava da anni complicati dal punto di vista fisico, eccetera. Ora la difficoltà del calendario impone poche chiacchiere: nessuno si aspettava questa situazione, ma lo choc non deve deprimere ancora di più un ambiente che si è chiuso a chiave cercando di ritrovarsi, almeno così si spera.
C’è un'unica strada
Facciamo un passo indietro per ricordare come Pioli abbia ricevuto la prima telefonata di Pradè in uno dei momenti più critici della storia della Fiorentina, subito dopo le dimissioni di Palladino post conferenza stampa di apparente armonia (con le parole di affetto da parte del presidente Commisso nei confronti di un allenatore che aveva già quasi deciso di salutare la compagnia). Oltretutto, Pradè era già contestato dalla curva.
Essendo grandi e vaccinati, siamo stati tutti consapevoli fin dall'inizio che la scelta di Pioli avesse, in percentuale, anche una quota-parafulmine per rattoppare il possibile, o almeno prendere tempo in attesa di buoni risultati in un clima di tregua. Anche noi, al posto dei dirigenti viola, avremmo cercato di portare a Firenze un allenatore quotato come Pioli, fra l'altro innamorato della città e della tifoseria.
L’unica strada ora è quella di restare coerenti e sostenere in ogni modo Pioli, proprio perché la Fiorentina in campo non si è costruita un’identità e, anzi, ha fatto un passo indietro verso le scelte di Palladino con Pablo Mari a coordinare la difesa a tre e Kean più solo in attacco. Non deve essere stato facile ammainare il progetto più ambizioso, forse per ora, vedremo. Sono evidenti le difficoltà dell’allenatore viola, che però merita il massimo aiuto possibile da parte del club -siamo sicuri che non mancherà, un altro divorzio in poche settimane sarebbe un ulteriore cortocircuito all’interno di una società che ne ha vissuti parecchi - e anche dalla Curva.
La linea dei tifosi
I quali tifosi in una recente riunione informale e ristretta hanno concordato su un fatto: la squadra è in crisi nera, contestarla non avrebbe senso. Certo che intorno c’è parecchia acidità nei confronti di Pradè, eletto capro espiatorio con una determinazione che probabilmente supera le sue reali responsabilità, ma aumenta anche il malumore verso una proprietà che nel corso degli anni non ha mai ampliato né potenziato la struttura dirigenziale.
Settimana caldissima prima del Milan, in attesa di capire quali siano le reali condizioni di Kean. Se non altro la Fiorentina potrebbe sostituirlo con un altro centravanti della Nazionale e, almeno per questo, Pioli da una parte e Pradè dall’altra potrebbero tirare un sospiro di sollievo. Ci si consola anche così.







