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Cagliari, Giulini: "Fiorentina esempio raro. Noi, Lecce ed Empoli ultimi highlander italiani"
Intervenuto in occasione del talk istituzionale dal titolo “Sport, Crescita e Sviluppo”, organizzato al Rettorato dell’Università degli Studi di Cagliari in occasione della prima edizione del trofeo dedicato a Gigi Riva, il presidente del Cagliari, Tommaso Giulini, ha parlato di questo nuovo trofeo, per poi soffermarsi sulle difficoltà di gestire una squadra nel calcio italiano: “Volevamo ricordare Gigi nel modo più opportuno, quindi con una partita di calcio. L’idea quando è mancato era di iniziare il trofeo in sua memoria con lo stadio nuovo, poi ci siamo resi conto che per quanto speditamente si sia proceduto nell’ultimo anno e mezzo abbiamo capito che non saremmo riusciti a fare in tempo e quindi abbiamo deciso di farlo adesso, perché lo dobbiamo a tutti i tifosi del Cagliari. Questa mattina voglio ringraziare soprattutto Angelo (Binaghi, ndr) e Carlo (Cimbri, ndr), perché l’idea di questo talk nasce da una chiacchierata con loro, dirigenti figli di questa terra e che hanno portato la Sardegna e l’Italia nel mondo. E a loro si è aggiunto Andrea (Abodi, ndr).
Da quando è mancato Gigi sentiamo la responsabilità in più di tramandare i suoi valori e quell’identità. Lo Scudetto del 1970 è stata una rivoluzione sociale per la Sardegna: in questi due anni senza di lui siamo ripartiti lavorando su radici, senso di appartenenza e sostenibilità sotto tutti i punti di vista.
Si sente parlare spesso dei fondi americani, che arrivano però a rilevare società decotte da rimettere in sesto. La Fiorentina è un esempio raro, tenuta sana dai Della Valle e poi da Commisso. Tutti i casi in cui sono intervenuti i fondi erano società sull’orlo del precipizio. Penso che per città come Cagliari, Lecce, Empoli siamo rimasti in pochi highlander italiani. E questo non significa ammazzare i sogni dei tifosi, ma fargli capire che la sostenibilità è la via per mantenere la solidità all’interno dell’azienda. Vasquez Montalban definì il Barcellona come ‘l’esercito non armato della Catalogna’. Ecco, a noi piace sentirci l’esercito pacifico della Sardegna: in questi tempi di guerra ci piace pensare di trasmettere quel senso d’appartenenza, quei valori e quell’identità che tutti i sardi, con grande sacrificio, portano avanti ogni giorno”.
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