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Difesa solida, giovani promettenti, ruoli scoperti: cosa lascia l'Inghilterra alla Fiorentina?
Con il pareggio ottenuto ieri dalla Fiorentina sul campo del Manchester United, cala il sipario sulla tournée inglese della formazione allenata da Stefano Pioli. Zero vittorie messe a segno contro Leicester, Nottingham Forest e Manchester United, ma prestazioni sempre in crescita che lasciano qualche buona sensazione, e una serie di ovvi dubbi che il mercato sarà chiamato a risolvere nelle prossime tre settimane. Adesso per Kean e compagni due giorni di riposo - che qualcuno passerà restando in Inghilterra - e da martedì squadra nuovamente a lavoro per preparare l’ultima amichevole del ritiro estivo contro la rappresentativa degli universitari del Giappone (giovedì 14 al Viola Park) con vista all’inizio ufficiale della stagione, che per la Fiorentina è datato 21 agosto, nell’andata del preliminare di Conference League contro la vincente tra gli ucraini del Polissya e gli ungheresi del Paksi.
Cosa lascia l’Inghilterra
Buone sensazioni, dicevamo, quelle che Stefano Pioli potrà riportarsi a Firenze da queste due settimane trascorse Oltremanica. Il punto forte è stata una difesa che - al netto della gara contro il Leicester, dove è stata schierata una formazione particolarmente rimaneggiata - ha mostrato una certa solidità. A rubare l’occhio è stato soprattutto Marin Pongracic, chiamato al riscatto dopo la scorsa stagione in chiaroscuro e tra i migliori in campo sia contro i Tricky Trees, sia contro i Red Devils. Il croato sta riuscendo a metabolizzare una difesa a tre che l’anno scorso gli era stata spesso stretta, assumendo il ruolo del regista arretrato della squadra. Bene anche i compagni di reparto Comuzzo e Ranieri, come il giovane Kouadio, sempre volenteroso, caparbio e ostinato come solo chi ha 19 anni può essere. Anche Dodo è parso subito in forma e perfettamente all’interno del gruppo nonostante le tante voci di mercato. Ottimo anche il debutto di Sohm, non soltanto per il gol - a cui va data una parte del merito ad una difesa inglese particolarmente balneare -, ma perché già nel vivo della squadra nonostante si sia aggregato al resto dei compagni solo da qualche giorno.
Dalle tre gare, tuttavia, emerge anche qualche criticità che già i primi giorni di ritiro sembravano aver iniziato. A partire dalla mancanza di un altro attaccante. Con Dzeko ancora indietro di condizione e Beltran con le valigie fatte, la Fiorentina si è dimostrata ancora una volta ‘Kean-dipendente’ nella propria manovra. Ecco la necessità di un nuovo giocatore con caratteristiche simile a quelle del classe 2000 che possa fornire a Pioli una valida alternativa. L’altra zona di campo che sembra presentare un’evidente buco è la fascia destra: Fortini, complice l’infortunio da cui sta recuperando, non si è praticamente mai visto e con l’addio di Sottil su quella zona di campo ci sarà bisogno di un pronto intervento. Infine, la nota dolente Gudmundsson. L’islandese è sembrato un pesce fuor d’acqua nel nuovo ruolo dietro Kean e Dzeko che Pioli gli ha cucito addosso. Periodo di ambientamento o c’è altro? Per ora non vogliamo dare risposte, ma certo è che i tifosi della Fiorentina si sarebbero aspettati qualche intuizione in più.
Ora il mercato
Criticità che possono però trovare una risposta sul mercato. Da oggi Pradè, Goretti e tutti gli uomini di mercato della Fiorentina avranno il compito di tramutare questi “problemi” in soluzioni, allestendo un roster che possa davvero dare seguito ai concetti di Champions e trofei espressi da Pioli e i giocatori in queste settimane. L’acquisto più dirimente è l’attaccante, come ribadito dal tecnico viola stesso nel post gara di Old Trafford: “Se serve un vice Kean? Può darsi. A livello di caratteristiche solo Kean è in grado di andare in profondità". Parallelamente c’è un discorso rinnovi da portare avanti, cercando di giungere una soluzione, soprattutto per quanto riguarda Mandragora. Infine occhio ai colpi dell’ultima settimana di calciomercato, che l’anno scorso rivoluzionarono la rosa portando elementi come Bove, Cataldi e Gosens. Se la squadra è fatta per il 70% c’è ancora tanto da lavorare e un 30% in più in meno può fare tutta la differenza del mondo, in una Serie A che si preannuncia essere più incerta che mai.
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