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Bastoni: "Chiesi a Conte 50 volte di cedermi. Non ho mai rivisto gli highlights di Istanbul"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 15:30Primo piano
di Alessandra Stefanelli
per Linterista.it

Bastoni: "Chiesi a Conte 50 volte di cedermi. Non ho mai rivisto gli highlights di Istanbul"

Alessandro Bastoni ha ripercorso le tappe principali della sua carriera nel corso di una lunga intervista al podcast The BSMT, tra ricordi personali, riflessioni sul ruolo del calciatore e le emozioni vissute con l’Inter e la Nazionale. Un ritratto sincero, che parte dal rapporto con il padre, ex calciatore, fino alla dolorosa finale di Champions del 2023.

“Da piccolo in casa mia si guardava solo calcio. Mio padre ha giocato fino all’Under 21 della Nazionale e in Serie B con la Cremonese”, racconta. “Non è riuscito a sfondare, ma mi ha cresciuto come un diamante da proteggere. Mi ha evitato gli errori che aveva fatto lui”. Proprio suo padre lo accompagnava ogni giorno da Piadena, in provincia di Cremona, fino a Bergamo per allenarsi con l’Atalanta: “Facevamo 230 km al giorno. Non ha mai mollato e mi ha trasmesso questa tenacia”.

La consapevolezza di poter fare il calciatore, però, è arrivata solo con il prestito al Parma: “All’esordio con l’Atalanta avevo 17 anni, ma non ero ancora sicuro. Dopo la stagione a Parma, a 19 anni, ho capito che poteva diventare davvero il mio mestiere”.

Quando si tratta di sacrifici, Bastoni non dimentica gli anni difficili nei settori giovanili: “A 15 anni giocavo poco e pensavo: ‘Chi me lo fa fare?’ Tornavo a casa alle nove di sera, ma i miei genitori mi hanno fatto capire che non dovevo mollare. Tanti ragazzi più forti di me non ce l’hanno fatta. Nel calcio conta la testa, non solo il talento”.

Poi, il grande salto: “Ho saputo che sarei andato all’Inter in un autogrill, durante un incontro con il mio procuratore. Mi ha chiesto: ‘Vuoi andare all’Inter?’ Ho detto sì subito”. Dopo un altro anno in prestito, torna a Milano trovando Antonio Conte: “Non pensavo che avrei mai giocato, c’erano Skriniar, De Vrij, Godin. Gli chiesi 50 volte di mandarmi in prestito, ma non ne volle sapere”.

Secondo Bastoni, l’allenatore vide in lui caratteristiche specifiche: “Ero l’unico mancino della difesa, e giocando a tre serviva uno come me. Conte è uno che studia tutto, aveva sicuramente visto ogni mia partita a Parma”.

L’episodio che gli ha fatto capire di essere diventato titolare nerazzurro arriva poco dopo: “Quando abbiamo vinto a Napoli durante il periodo natalizio. Mi ha messo titolare e ho capito che potevo restare”.

Giocare all’Inter, spiega, significa vivere una pressione continua: “Rappresenti tifosi in tutto il mondo. Il pareggio non è mai abbastanza. E poi il derby... è la partita che aspetto di più. Ultimamente si gioca sempre per qualcosa di importante”. E aggiunge: “La responsabilità è enorme: gli umori di tante persone dipendono da quella gara. Ma è anche ciò che ti dà carica”.

Sul significato del derby: “La soddisfazione più grande? Quando quelli che ti prendevano in giro spariscono nel nulla dopo la partita. Mettere a tacere con i fatti non è mai male”.

Il ricordo più bello? Lo scudetto vinto nel derby, in casa del Milan: “È impagabile. Come vincere a Wembley. Dopo, il giro in pullman è stato speciale. Lo scudetto precedente lo avevamo festeggiato senza tifosi per via del Covid”.

Poi, la parentesi azzurra: “L’Europeo è stato un exploit incredibile. Nessuno ci dava per favoriti, poi tutto è cambiato. Il gol sbagliato da Lukaku, la vittoria ai rigori contro la Spagna... abbiamo iniziato a crederci. Gli inglesi cantavano ‘It’s coming home’, ma il trofeo è tornato con noi”.

Più dolorosa, invece, l’esclusione dal Mondiale: “Una botta dura da assorbire. Alcuni non vedono l’ora che tu fallisca per dirtene di ogni. Ma il calcio ti dà la possibilità di riscattarti”.

E quella finale di Champions League nel 2023, persa contro il City? “L’ho vissuta malissimo. Non ho mai rivisto gli highlights, mi innervosiscono troppo. Preferivo perdere 10-0. C’era la sensazione di potercela fare. Il fatto di non sapere se potrai giocare un’altra finale ti distrugge”.