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Spogliatoio spaccato, i fantasmi di Monaco: una reazione a catena da placare. O l'Inter verrà travolta da uno tsunamiTUTTO mercato WEB
Oggi alle 13:52Editoriale
di Yvonne Alessandro
per Linterista.it

Spogliatoio spaccato, i fantasmi di Monaco: una reazione a catena da placare. O l'Inter verrà travolta da uno tsunami

Se Monaco non verrà archiviata, sarà difficile andare avanti.
Perché, tra l'umiliante 5-0 contro il PSG e la fine di un ciclo (Simone Inzaghi compreso), l'Inter non può più voltarsi indietro per rimpianti, rabbia e incomprensioni. Eppure il capitano, Lautaro Martinez, ha percepito che qualcosa non andasse, probabilmente già dopo la finale di Champions League e ai primi battiti del Mondiale per Club, quando ha confessato: "Non siamo stati noi, non siamo stati squadra", a proposito di quel 31 maggio che, purtroppo, passerà alla storia.

Dichiarazione che, a posteriori, fa riflettere parecchio. Perché nemmeno le mosche o gli spifferi da corridoio sono riusciti a raccontare cosa sia realmente accaduto nello spogliatoio nei giorni successivi. Ma è evidente che il tentativo di tenere – per quanto possibile – a bada i nervi, dopo una serie di episodi e dichiarazioni dall’escalation preoccupante, abbia portato all’esplosione di una bomba nucleare.

Il battibecco acceso tra Francesco Acerbi e un tifoso del PSG aveva già fatto scalpore anzitempo, mettendo a nudo ferite profonde da Champions, ancora aperte e tremendamente dolorose. Poi è bastato l’atteggiamento di alcuni compagni – in campo, in allenamento e anche fuori – nella sconfitta contro il Fluminense al Mondiale per Club, per far scattare Lautaro. Spossato e visibilmente infastidito, di fronte alle telecamere e dopo l’eliminazione dal torneo, ha preso in mano la situazione e ha alzato la voce, lanciando un messaggio forte e da leader che, però, ha fatto suonare un campanello d’allarme fragoroso: "Ho visto tante cose che non mi sono piaciute. Chi vuole restare, può restare. Chi non vuole restare, arrivederci".

Una reazione istintiva, nulla di preparato, che ha colto di sorpresa il presidente Marotta. Il nome di Calhanoglu, utilizzato come "pezza" momentanea, ha provocato una reazione a catena senza precedenti. L’uscita social del turco – comunque criptica sul suo futuro, ma provocatoria nei confronti dell’ambiente nerazzurro – accompagnata da like galeotti, su tutti quello di Marcus Thuram, non ha permesso al club di lavare i panni in casa. Molte incomprensioni sono così venute a galla, seguite da quella foto evitabilissima di Pavard dopo una sessione di padel intensa in Sardegna con Theo Hernandez. Il tutto, nonostante la fuga dal Mondiale e il rientro frettoloso in Italia per una caviglia "dolorante".

Ora, appurate le conseguenze, è tempo di pensare alla risoluzione dei problemi. Le distanze e le vacanze potrebbero favorire un chiarimento e un riavvicinamento tra i "litiganti", fermo restando che Calhanoglu, al momento, è più fuori che dentro l’Inter, in attesa della mossa finale del Galatasaray.

Quello che preoccupa, però, è come l’Inter riuscirà ad assorbire questa frattura sul campo. E se davvero il gruppo sarà in grado di scacciare via i fantasmi di Monaco.

Altrimenti – e dalle prime avvisaglie non si intravede nulla di buono – l’Inter verrà travolta da uno tsunami. Affondata anche dal peso di diversi macigni, con il morale a terra. Rovinando un’opera d’arte durata quattro anni.