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La Juve di Pirlo ha imparato a mandare un messaggio. Tra catenaccio e Allegri, senza vergognaTUTTO mercato WEB
© foto di Image Sport
mercoledì 10 febbraio 2021, 00:36Serie A
di Ivan Cardia

La Juve di Pirlo ha imparato a mandare un messaggio. Tra catenaccio e Allegri, senza vergogna

Giochi, attacchi, ti difendi. Fai tutto quel che puoi, alla fine vince la Juventus. È la storia degli ultimi 9 anni del calcio italiano, un copione che in questa stagione i bianconeri sembravano aver dimenticato, tra una sbandata e l’altra nella ricerca del bel gioco. Miraggio con Sarri, tuttora nei pensieri di Andrea Pirlo. Che, più realista del re, nel giro di tre giorni porta a casa il big match con la Roma e il pass per la finale di Coppa Italia all’insegna del pragmatismo. Come se la Vecchia Signora, contro la quale negli ultimi tempi gli avversari avevano scoperto di poter avere qualche occasione, avesse imparato a mandare di nuovo un messaggio: la partita può avere mille fasi, ma il risultato lo portano a casa i campioni d’Italia.

Catenaccio e Allegri, il “Maestro” non si vergogna. L’appellativo, almeno da allenatore, l’aveva già respinto in tempi non sospetti. Con l’Inter ha portato a casa un pareggio privo di gol, senza paura di inseguirlo dal primo all’ultimo minuto. Ha persino chiuso con cinque difensori: sacrilegio, per chi pensa al calcio come a un divertente (?) fraseggio infinito.

Bene, le triangolazioni veloci e feroci, ma per vincere la prima regola è non prenderle: la Juve che ha superato l’Inter ha solleticato catenaccio e contropiede, con tutti gli accorgimenti dati dal fatto che si giochi nel 2021. Il che non vuol dire non attaccare: anzi, CR7&Co sono stati più pericolosi degli avversari sotto porta. E poi, il capitolo Allegri. Che non è sinonimo di catenaccio, perché da un lato il livornese non ha inventato l’importanza della fase difensiva e dall’altro non è stato soltanto quello. È stato un allenatore che ha vinto, e ha avuto l’onestà intellettuale di mettere questo obiettivo al primo posto. Gli riusciva solo più semplice, perché poi vinceva. Così fa Pirlo, comprensibilmente senza alcun vergogna, anzi con la dovuta ammirazione nel chiedere un altro appellativo, quello di allegriano. Se è sinonimo di vittoria, chi non lo vorrebbe?