La Juve di Pirlo ha imparato a mandare un messaggio. Tra catenaccio e Allegri, senza vergogna
Catenaccio e Allegri, il “Maestro” non si vergogna. L’appellativo, almeno da allenatore, l’aveva già respinto in tempi non sospetti. Con l’Inter ha portato a casa un pareggio privo di gol, senza paura di inseguirlo dal primo all’ultimo minuto. Ha persino chiuso con cinque difensori: sacrilegio, per chi pensa al calcio come a un divertente (?) fraseggio infinito.
Bene, le triangolazioni veloci e feroci, ma per vincere la prima regola è non prenderle: la Juve che ha superato l’Inter ha solleticato catenaccio e contropiede, con tutti gli accorgimenti dati dal fatto che si giochi nel 2021. Il che non vuol dire non attaccare: anzi, CR7&Co sono stati più pericolosi degli avversari sotto porta. E poi, il capitolo Allegri. Che non è sinonimo di catenaccio, perché da un lato il livornese non ha inventato l’importanza della fase difensiva e dall’altro non è stato soltanto quello. È stato un allenatore che ha vinto, e ha avuto l’onestà intellettuale di mettere questo obiettivo al primo posto. Gli riusciva solo più semplice, perché poi vinceva. Così fa Pirlo, comprensibilmente senza alcun vergogna, anzi con la dovuta ammirazione nel chiedere un altro appellativo, quello di allegriano. Se è sinonimo di vittoria, chi non lo vorrebbe?