Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomocremonesefiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilannapoliparmapisaromasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloturris
Altri canali mondiale per clubserie bserie cchampions leaguefantacalciopodcaststatistiche
tmw / juventus / Editoriale
Brindiamo ad un crescendo bianconero!TUTTO mercato WEB
Oggi alle 00:01Editoriale
di Roberto De Frede
per Bianconeranews.it

Brindiamo ad un crescendo bianconero!

Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa. (C. Bukowski)

La vittoria sofferta contro i tenaci nerazzurri della Torre Pendente fa sì che la Juventus possa puntare il 2026 a cavallo di un crescendo rossiniano, proprio con quell’effetto dinamico che si ottiene aumentando gradualmente la potenza sonora di voci o strumenti, o accrescendo progressivamente il numero degli esecutori, oppure sommando entrambe le strategie. Bianconere rullate zhegroviane di tamburo ripetute e ossessive, che creano un'atmosfera di tensione crescente, culminando in un finale travolgente, esuberante e festoso. Per intenderci, la magnificenza dell’ouverture della Gazza Ladra; se non l’avete a mente, ascoltatela, subito.

Spalletti non poteva non partire adagio nella sua avventura bianconera, ma sta dimostrando con i suoi professorini d’orchestra di conoscere molto bene il genio pesarese, del quale monsieur De Saint George nel discorso funebre, affermò: «per lui l’immortalità non comincia, continua». Era semplicemente vero. Alle altre pretendenti lasciamo la Sinfonia degli addii di Franz Joseph Haydn, la quale sfoggia un crescendo al contrario, il famoso decrescendo nell’adagio finale, dove gli orchestrali uno alla volta smettono di suonare e abbandonano il loro posto.

Con le vittorie è noto che i piedi si staccano naturalmente da terra e si comincia a sognare. La ritrovata donzella bianconera – molto meno vecchia signora - è lì, a dar fastidio alla vetta della classifica, con la voglia matta di oltrepassare le colonne d’Ercole, altro che non plus ultra: una leggenda voleva questo motto latino inciso lì dallo stesso eroe-semidio, quale limite invalicabile per le imprese dell’uomo. Anzi, mi piace ricordare, che l’imperatore Carlo V, cassato il non, fece scrivere plus ultra “più oltre” sul suo stemma per celebrare il dominio spagnolo fino all’altro capo del mondo. Che possa essere il nuovo motto da affiancare a “fino alla fine”?

A proposito, siamo arrivati alla fine dell’anno, tutti pronti ad alzare i calici allo scoccare della mezzanotte che saluta san Silvestro e bacia il Capodanno, anelanti di ascoltare con festosa malinconia quel cin cin cantato dai cristalli di Boemia. Un rituale che si perde nella notte dei tempi. Molto prima che Giuseppe Verdi componesse il brindisi della Traviata o Pietro Mascagni quello della Cavalleria rusticana, si brindava alla salute, per onorare gli dei o per celebrare i defunti. È un gesto antico almeno quanto il vino, e in Piemonte di rossi da versare e innalzare al cielo ce ne sono eccome, per non parlare di spumanti moscati dell’Astigiano!

Quindi, a chi vogliamo brindare, a cosa? Il 15 novembre 1879, prima che il cielo di Chicago si schiarisca nell’alba, Mark Twain scrive alla moglie Olivia una lettera vibrante: «Livy cara, credo che questa sia la notte più memorabile della mia vita», esordisce, senza la remora che lei possa adombrarsi. La ragione di tanta euforia è il brindisi con cui lo scrittore ha preso parte ai festeggiamenti in onore del generale Grant. Dobbiamo supporre che i presenti fossero già alticci, quando Twain prese la parola: a lui era stato assegnato il quindicesimo e ultimo brindisi della serata. Lo dedicò ai bebè (to the babies), anziché, come richiesto, alle signore (to the ladies), in un afflato d’inclusione: «Non tutti abbiamo avuto la fortuna di essere signore […] ma se si brinda ai bebè, siamo su un terreno comune». Al trionfo mondano forse contribuì il tasso alcolico degli ascoltatori; una parte importante, però, la giocò la torsione dell’identità dei destinatari. La scelta di brindare ai babies spiazzò l’uditorio: che di brindisi alle signore, al di là dei quattordici precedenti, doveva averne ascoltati a bizzeffe.

Qui cavallerescamente l’omaggio galante è d’uopo: dedico il brindisi alla lady bianconera, che vecchia o donzella risplende di sempiterna bellezza. PROSIT!

Infine alzo il calice a forma di tulipano rastremato alla sommità e bevo, in quella magica sera trapuntata d’illusioni, a chi ha diritto a un brindisi e tra questi non ha trovato il suo, e brindando cerco il mio.

Roberto De Frede