
Frey rivela: "Mai alla Juve, per amore della Fiorentina. Il buddismo mi ha salvato"
L'ex portiere Sebastien Frey, si è raccontato in una intervista a La Gazzetta dello Sport oggi in edicola: "Io non mollo, non l’ho mai fatto, neanche quando ho rischiato di morire per colpa di un virus nel 2019. Neanche quando Zalayeta mi disintegrò un ginocchio nel mio momento migliore. Io combatto pregando: il buddismo mi ha salvato".
Sui tempi dell'Inter si esprime così: "Il primo amore. Mi voleva il Marsiglia, ma dopo aver visto un Inter-Strasburgo di Coppa Uefa con Moratti scelsi San Siro. Adriano? Un gigante d’argilla buono. La morte del padre ha azzerato il suo l’equilibrio. Ogni volta che mi chiedono di lui dico “che peccato”. Lui, Mutu e Ronaldo sono stati i più forti con cui ho giocato".
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Sulla Fiorentina: "La consacrazione. Lì sono stato uno dei portieri più forti del mondo. I fiorentini hanno capito subito che fossi un leader di personalità. Non eravamo la squadra più forte, ma il gruppo migliore sì. Ogni settimana andavamo a cena insieme, facevamo gruppo, stavamo bene. Se chiudo gli occhi ricordo gli amici, Toni, Mutu e gli altri, non una parata. Tutte cose che nel calcio di oggi sono quasi scomparse. Colpa di quei maledetti telefonini: i giocatori pensano solo a messaggiare".
Sulle offerte rifiutate in quel periodo: "Mi volevano Milan, Bayern, Barcellona e Juve, l’anno in cui Buffon fu vicino al City. Ma non sarei mai andato: non potevo macchiare una storia d’amore passando dalla Viola a Torino. I tifosi mi avrebbero odiato. Sarei rimasto a vita, ma un dirigente scelse di farmi la guerra e andai a Genova".
Sui tempi dell'Inter si esprime così: "Il primo amore. Mi voleva il Marsiglia, ma dopo aver visto un Inter-Strasburgo di Coppa Uefa con Moratti scelsi San Siro. Adriano? Un gigante d’argilla buono. La morte del padre ha azzerato il suo l’equilibrio. Ogni volta che mi chiedono di lui dico “che peccato”. Lui, Mutu e Ronaldo sono stati i più forti con cui ho giocato".
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Sulla Fiorentina: "La consacrazione. Lì sono stato uno dei portieri più forti del mondo. I fiorentini hanno capito subito che fossi un leader di personalità. Non eravamo la squadra più forte, ma il gruppo migliore sì. Ogni settimana andavamo a cena insieme, facevamo gruppo, stavamo bene. Se chiudo gli occhi ricordo gli amici, Toni, Mutu e gli altri, non una parata. Tutte cose che nel calcio di oggi sono quasi scomparse. Colpa di quei maledetti telefonini: i giocatori pensano solo a messaggiare".
Sulle offerte rifiutate in quel periodo: "Mi volevano Milan, Bayern, Barcellona e Juve, l’anno in cui Buffon fu vicino al City. Ma non sarei mai andato: non potevo macchiare una storia d’amore passando dalla Viola a Torino. I tifosi mi avrebbero odiato. Sarei rimasto a vita, ma un dirigente scelse di farmi la guerra e andai a Genova".
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