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AURONZO GIORNO 3 - Forza, bravura e volontà: ecco Grigioni, l'instancabile allenatore dei portieri
mercoledì 18 luglio 2018, 07:20Editoriale
di Alessandro Zappulla
per Lalaziosiamonoi.it
fonte Lalaziosiamonoi.it

AURONZO GIORNO 3 - Forza, bravura e volontà: ecco Grigioni, l'instancabile allenatore dei portieri

Pubblicato il 17-07 alle 20.00

È  il suo tredicesimo anno in biancoceleste, ma di correre e allenare le sue gazzelle alate non ne ha mai abbastanza. Adalberto Grigioni e la Lazio è un binomio indissolubile che parte dall'inizio o quasi dell'ultima era griffata Lotito. Poche parole, tanta bontà d'animo e una professionalità riconosciuta a 360 gradi nel mondo del calcio. Valore aggiunto che si esalta fra i pali, Grigioni ha speso il suo credo per plasmare chi ha deciso di sfidare tutti con un paio di guanti sulle mani. I portieri sono gli eroi solitari. Quelli che non possono sbagliare. Lo sa bene lui che ha allenato uno stuolo di professionisti con l'aquila sul petto.

I VOLTI - Da Peruzzi a Samir Handanovic, passando per Marco Ballotta, Matteo Sereni, Fernando Muslera e Juan Pablo Carrizo. É una squadra lunga, folta di numeri uno, che non dimentica Albano Bizzarri, Federico Marchetti, Etrit Berisha, Thomas Strakosha e Guido Guerrieri, sino ad arrivare a Proto e Adamonis. Là, abbandonati al proprio destino sotto gli occhi dello stadio gli uomini di Adalberto sono pronti a tutto. Non temono la critica, si esaltano ad avere le camere puntate addosso. Gli eroi leggendari, scrisse qualcuno, vestono lunghi mantelli, ai portieri invece bastano un paio di guanti per esaltarsi. Salti prodigiosi, nemici immaginari, palloni sparati a velocità impressionanti da neutralizzare prima con la forza del pensiero e poi con l'esplosivitá delle gambe. Concetti elaborati e trasmessi sino alla noia nei suoi lunghi allenamenti, fra Auronzo e Formello per garantire alla Lazio dei guardiani di prim'ordine.

IL RITRATTO - Nato a Sangemini il 19 agosto del 1954, Adalberto Grigioni vive di amore che si divide fra calcio e famiglia. La Lazio è la sua dimensione, che "tradisce" raramente solo per la sua amata Terni. Ipnotizzare il nemico e rubare la scena. Accasciarsi a terra per sfidare l'erba. Bloccare la palla. Inginocchiarsi a raccoglierla. A volte chinarsi per leccarsi le ferite. L'eroe che si piega, ma non si spezza. Il giocatore che usa le mani per difendere se stesso, ma soprattutto i propri compagni. Grigio maestro d'altri tempi, che insegna calcio, anzi no, insegna a diventare uomini e soprattutto "portieri".