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Riflessioni di un milanista oltraggiato: le promesse di Berlusconi, la spensieratezza di Fassone e le lezioni di storia di Mr. LiTUTTO mercato WEB
© foto di Stefano Montesi
domenica 27 maggio 2018, 00:00Editoriale
di Fabrizio Tomasello
per Milannews.it

Riflessioni di un milanista oltraggiato: le promesse di Berlusconi, la spensieratezza di Fassone e le lezioni di storia di Mr. Li

Giornalista, ideatore e conduttore di “Passione Rossonera” su Radio Radio, l’unico programma radiofonico esclusivamente dedicato al Milan
Siamo tornati ai tempi della guerra tra bande al Milan. Da una parte la fazione guidata dalle vedove di Berlusconi e Galliani, colpevolisti a prescindere nei riguardi della nuova proprietà e quasi felici della drammatica piega presa dagli eventi per poter dimostrare al mondo che avevano ragione loro; dall’altra i difensori della causa cinese, duri e puri, quelli che parlano di complotti e, anche di fronte all’evidenza di fatti (o meglio di mancanza di fatti), riescono a negare errori e leggerezze di chi è salito sul ponte di comando da poco più di un anno e sembra già aver perso la rotta. Mai come oggi, in un momento così drammatico per il futuro del club, la tifoseria rossonera dovrebbe restare unita e compatta. L’amore per quella maglia dovrebbe andare oltre ogni tipo di ideologia.   Addio all’Europa. Inutile girarci attorno, la parola fine ad una vicenda sconcertante - a meno di clamorose sorprese - sembra già scritta. A sentire le parole di Fassone, ad annusare i foschi silenzi di Yonghong Li, ad interpretare gli sguardi disorientati di Han Li, pare che al Milan si siano rassegnati a sprofondare nelle sabbie mobili della squalifica dalle coppe europee. Un qualcosa di ineluttabile a cui è possibile far fronte con serenità, come se si trattasse di piccolo incidente di percorso, anzichè un’onta incancellabile per la storia di un club che è stato a lungo il più titolato al mondo. Intanto la disarmante strategia della task force milanista, messa in campo dall’ad Fassone per cercare di venirne fuori, è quella di prendere le distanze dall’impalpabile presidente Yonghong Li. A questo punto anche i sassi si sono resi conto - figuriamoci i parrucconi dell’Uefa - dei mille misteri sulla consistenza patrimoniale del misterioso uomo d’affari cinese, ma il proprietario del club di via Aldo Rossi oggi è lui. Sperare di farlo passare per una sorta di estraneo, i cui veri o presunti possedimenti non hanno nulla a che vedere con il futuro e la solidità patrimoniale società, pare la classica mossa della disperazione.    Tanti i responsabili di una sentenza purtroppo annunciata. Il primo della lista è naturalmente è Silvio Berlusconi, accompagnato sul banco degli imputati dal fido Galliani. Sulle spalle di entrambi pesa la gestione fallimentare del Milan dal 2014 al 2017, il triennio per cui adesso la nuova società cinese è costretta a pagare. Ma la colpa più grande dell’imperatore di Arcore è quella di aver messo la sua amata creatura nelle mani scivolose dell’illustre sconosciuto Yonghong Li. Malgrado le fallaci rassicurazioni di dodici mesi fa, la decisione di cedere il club alla cordata cinese guidata dal fantomatico mister Li si è rivelata una scelta funzionale solo ad incassare quanto più possibile ed in fretta. Fregandosene altamente del futuro del Milan e dei suoi tifosi.   Oggi ci si interroga sui tanti perchè di una vicenda la cui conclusione potrebbe essere devastante per il Milan. Magari sarebbe bastato prendere seriamente in considerazione i vari ammonimenti che l’UEFA aveva già lanciato alla dirigenza rossonera, fin dai primi maldestri tentativi di Marco Fassone di tentare addirittura un accordo sulla base del voluntary agreement. Qualcuno parla di accanimento, di sentenza politica, tutti discorsi con qualche fondo di verità. Il punto però è un altro: i segnali arrivati dalla commissione di Nyon erano stati forti e chiari fin dalla prima consultazione. Sarebbe bastato aprire per tempo gli occhi per capire che certi sotterfugi societari, determinati vuoti di informazione, sistematiche omissioni su argomenti fondamentali come quelli relativi alla proprietà, non sarebbero stati tollerati.   Dulcis in fundo, Yonghong Li. Dietro la bocciatura dell’Uefa ci sono diverse motivazioni, tutte riconducibili all’inconsistenza finanziaria dell’attuale proprietario del Milan. Intanto la questione del mancato rifinanziamento, su cui ha giocato in maniera pesantissima l’indecisione del numero uno rossonero che ancora aspetta migliori condizioni di interesse. E nel frattempo il club viene squalificato dalle coppe europee. Senza dimenticare naturalmente la vera e più inquietante matassa da dipanare: quella imperforabile coltre di mistero che ancora avvolge lo sconosciuto Mister Li. All’Uefa l’impalpabilità del sedicente uomo d’affari cinese non è mai piaciuta e con questa sentenza l’ha dimostrato inequivocabilmente. Eppure in via Aldo Rossi c’è ancora chi giustifica il mutismo di Yonghong Li con i dettami di una cultura orientale che impone calma e basso profilo. La verità è che se qualcuno viene chiamato a rispondere delle proprie azioni - anche in senso strettamente economico - ha il dovere di farlo, che sia cinese, turco o francese. E magari farlo in maniera più dignitosa che attraverso un video girato nella cucina di casa. A maggior ragione se c’è da rendere conto non solo agli azionisti della società, ma ad un intero popolo rossonero che oggi piange amareggiato.  Il Milan è un pezzo di storia del calcio mondiale, oltre ad essere un’imprescindibile ragione di vita per decine di milioni di tifosi rossoneri, e non può essere trattato alla stregua di un asset commerciale del quale preoccuparsi solo nell’ottica del più o meno profitto. Sarebbe opportuno che colonne portanti dell’attuale società, tipo Franco Baresi o lo stesso Gennaro Gattuso, iniziassero ad impartire lezioni di storia del football al confuso e infelice mister Li, gli spiegassero con cura quanto pesano 7 Champions League. #Respect4ACMilan