
Tu vuo' fa' l'americano, ma il Milan gioca in Italy. Cardinale, chi t' 'o ffa fa'?
Sono passati ormai tre anni dall'ultimo scudetto del Milan e dal passaggio di consegne in proprietà da Elliott a RedBird: da un fondo ad un altro, con la differenza che il secondo, così veniva raccontato, aveva un'expertise importante nel mondo dello sport e dell'entertainment dovuta ai tanti investimenti effettuati in questi campi nel corso degli anni. Il fondo capeggiato da Gerard Joseph Cardinale, per tutti Gerry, ha trovato un club in rampa di lancio: dopo anni di sacrifici e denti stretti per la prima volta il Milan si era ritrovato pioniere in vari ambiti. Pioniere nel modo di essere oculati economicamente in Italia: una squadra che riusciva a competere ad alti livelli spendendo sensibilmente meno rispetto alle avversarie, indebitate e costrette a giravolte fantasiose e artifizi economici per far quadrare il cerchio. Una squadra composta da giocatori giovani e affamati, guidata da un paio di elementi esperti, cosa che si rispecchiava anche nel management: Maldini, Massara e Moncada si occupavano della parte sportiva sotto la supervisione generale di Ivan Gazidis, una vita nel calcio e tanta esperienza guadagnata in Premier League con l'Arsenal.
Un ibrido, cervello internazionale e cuore e passione italiani che rendevano il Milan unico e con un'identità, sebbene ancora in sviluppo, molto forte. I tifosi, anche prima dello strepitoso scudetto vinto nel 2022, si sentivano sentiti rappresentati dal Club e davano supporto incondizionato dentro e fuori dal campo. Dopo più di 10 anni di oblio sportivo dato dallo scellerato finale della gestione Berlusconi-Galliani tutto sembrava indicare che si stesse entrando finalmente nella "modernità" calcistica, pronti a competere nuovamente ad alti livelli su più fronti, consci comunque che il processo avrebbe richiesto ancora qualche tempo per completarsi nelle sue varie sfaccettature.
Fast forward ad oggi: non si può che constatare tristemente che tutte queste aspettative sono state disattese. La famosa expertise di RedBird, con Cardinale che si è sempre espresso come grande promotore dello sfruttamento all'osso della proprietà intellettuale, ha portato a far diventare il Milan un prodotto e non più un club per tifosi. Il modello capitalistico americano, declinato in questo modo, non può funzionare nell'Italia calcistica. O meglio, non può funzionare a lungo. La cartina tornasole è proprio San Siro: si è passati da uno stadio che aveva un cuore che batteva all'unisono, come durante Milan-Fiorentina e Milan-Atalanta del maggio 2022, alla mesta realtà di oggi con il tifo organizzato, oltre i tristi e preoccupanti fatti di cronaca, in protesta con la proprietà ed il pubblico normale de-italianizzato: il club punta tanto alla frangia di turisti casual, disposti a spendere tanto nel breve ma non ad impegnarsi nel lungo, perdendo così fidelizzazione e senso di appartenenza. Inutile comunicare poi i vari 70 e passa mila presenti (anche se i buchi spesso e volentieri sono evidenti) se poi sembra di assistere ad uno spettacolo teatrale che porta quasi allo sbadiglio.
Il Milan, così come un po' tutte le multinazionali dell'intrattenimento negli ultimi anni, viene messo sul mercato come se chi debba acquistare sia un automa senza volontà, disposto ad ingollare senza far storie qualsiasi cosa gli venga proposta, a patto che abbia il logo del proprio marchio preferito stampato su. Magari negli USA c'è una fetta di pubblico che permette questa cosa, ma in Italia l'essere tifosi è differente. È una questione di cuore, testa e anima, non di magliette sparate all'intervallo o voglia di farsi spennare di anno in anno con prezzi aumentati per andare a vedere una partita allo stadio. Il Milan si è demilanistizzato nei valori ed il pubblico italiano, quello hardcore (usiamo una parola in corporatese, così magari veniamo capiti da chi sembra vivere nella sua torre d'avorio), ha reagito ovviamente in maniera del tutto negativa.
Il resto arriva tutto a cascata: l'arroganza di arrivare in un paese dalla cultura sportiva così preponderante e storica e pretendere di imporre un nuovo calcio, nuovo calcio che tra l'altro in Europa viene perseguito da anni come dimostrano i bilanci di vari top club, porta all'utilizzo di aggettivi ed epiteti tutt'altro che lusinghieri. Il "gruppo di lavoro" complica e rende inutilmente prolisse le operazioni in un mondo in cui l'intuizione (con alle spalle una solida programmazione) e la velocità fanno la differenza tra vita e morte. Allestire squadre senz'anima, specchio evidente di come questo fondo si approccia ai suoi business, senza tenere conto di aspetti umani, tattici e di caratteristiche richieste porta a quello che stiamo vedendo: un gruppo con un talento decisamente sopra la media ma che per motivi vari ed eventuali si ritrova nono in classifica in una modestissima Serie A. Il calcio di oggi obbliga un approccio cauto e con "la calcolatrice in mano", termine dispregiativo coniato dai tifosi ormai stanchi, e per vari motivi è anche giusto che sia così, con la sostenibilità come obiettivo da perseguire, ma non deve venire meno quello che invece è il focus di ogni sport: l'ambizione di vincere.
Nei giorni in cui l'Inter va in finale di Champions League battendo il Barcellona dopo un doppio confronto che è già storia sarebbe facile pretendere di voler "copiare" il modello dei nerazzurri. Ogni squadra ha le sue peculiarità e i suoi bisogni, ma su una cosa dovremmo essere tutti d'accordo e prendere spunto, ovvero la loro voglia di vincere e primeggiare quando l'arbitro fischia l'inizio del match. Una volontà che si riflette in ogni scelta e decisione di dirigenti, allenatore e giocatori. E pensare che tre anni fa poteva anche attecchire il discorso sul fatto che l'Inter non fosse una squadra sostenibile, ma costruita con artifici economici e situazioni non proprio chiare, mentre il Milan riusciva a competere facendo combaciare anche le necessità economiche. Oggi anche l'Inter, proprio grazie ai risultati sportivi, è entrata abbondantemente in carreggiata anche sotto questo aspetto: non ci si può neanche più bullare dello scudetto del bilancio. Certo, qualcuno potrebbe puntualizzare che ad altre squadre è stato concesso di tutto e di più mentre a Casa Milan la buca delle lettere è stata riempita da missive provenienti da Nyon, ma non è di certo una scusa per accettare la situazione in cui imperversa oggi il club rossonero.
Cardinale, che a dicembre non si è presentato alla festa dei 125 anni del Milan (oggi il club si è "dimenticato" di fargli i classici auguri sui social. 1-1 e palla al centro), durante i suoi interventi ai vari panel economici negli anni ha parlato ampiamente della sua visione imprenditoriale per il Milan, toccando tutti gli argomenti possibili tranne quello più importante: il campo e la competitività sportiva. Gerry, tu vuo' fa' l'americano, ma ricordati sempre che il Milan gioca in Italy. Prendendo in prestito le parole della canzone di Renato Carosone: ma chi te lo fa fare? Dopo tre anni il Milan ha poche certezze, una di queste è che in Italia il modello RedBird Capital Partners non funziona. Sarà anche per questo che il manager ex Goldman Sachs non si fa vedere a San Siro da Milan-Venezia del settembre 2024?







