
…con Leonardo Mantovani
“Il mio ritorno a Brescia nasce dal mio passato alle Rondinelle. Ho vissuto l’era di Baggio, Guardiola… avevamo fatto un percorso fatto di scouting con calciatori che potessero fare bene per essere rivenduti”. Così a TuttoMercatoWeb.com Leonardo Mantovani, nuovo responsabile dell’area tecnica del Lumezzane.
L’operazione di cui va più orgoglioso a Brescia?
“Hamsik è stata l’operazione che ha avuto più successo. Ce ne sono state altre che erano più valide e altre che non si sono rivelate poi possibili, come per esempio Jorginho che non abbiamo preso in Primavera a diciassette anni perché dopo una riflessione interna la società prese un portiere slovacco. Io avrei preso Jorginho”.
Cosa ci fa uno con il suo curriculum al Lumezzane?
“Il presidente vuole dare una struttura che possa abbracciare progetti ambiziosi e internazionali si è ricordato di me. Per fortuna a Brescia avevano di me un bel ricordo ( sorride, ndr)”.
L’obiettivo?
“Andare per piccoli passi a cercare di migliorare. Vogliamo cominciare ad inserire calciatori di un livello superiore. Il presidente Andrea Caracciolo lo conoscevo già dagli anni del Brescia e Simone Pesce è una bella scoperta perché è una persona preparata”
Vederla in C fa uno strano effetto…
“Fino a qualche giorno fa ero in contatto con altre realtà di categoria superiore. Ma al di là della categoria il Patron Camozzi mi è piaciuto nello spiegarmi il suo progetto ambizioso. E a Brescia torno a casa: conosco imprenditori, giornalisti, tutto il tessuto. E vedere questo entusiasmo da parte della società mi è sembrata una cosa molto valida”.
Se le dico Milan e Palermo?
“Al Milan il direttore sportivo è un caro amico, un calciatore portato in Italia ai tempi del nostro Brescia. Parlai con Augentaer perché lo ha allenato in Germania, gli chiesi cosa ne pensasse mi rispose che era un grande professionista. Con Igli ci siamo sentiti frequentemente, è un amico e gli faccio un in bocca al lupo. Il Palermo è nell’orbita del Manchester City dove ho grande amico che è Riccardo Bigon con cui siamo rimasti sempre in contatto soprattutto in questo periodo dove era alla ricerca di collaboratori. Poi non se n’è fatto nulla. Si, ci sono state delle chiacchierate”.
La sua esperienza a Napoli?
“Sono stato al Napoli dal 2010 al 2015, poi ho seguito Riccardo Bigon. Nel 2018 sono stato richiamato dal Presidente De Laurentiis. Fino allo scorso luglio.
Sono stati due Napoli differenti. Il primo era quello di Cavani, Lavezzi, il giovane Hamsik, passando per Benitez e tutto il mondo Real Madrid. Prendevamo dei calciatori con dei parametri, che facevano parte di una certa fascia. Il secondo Napoli era già una realtà che si muoveva su livelli più alti e si affacciava alle vette. E a parte lo sfortunato anno dopo il terzo scudetto, è un Napoli che orbita nella dimensione della Champions League e tutti i calciatori sono di grandissimo livello. Io torno a Napoli e trovo Carlo Ancelotti. Per poi arrivare a Gattuso e Spalletti. E poi arriva Conte, non ho fatto parte del suo Napoli ma sottolinea l’importanza del progetto”.
Gattuso in Nazionale, come lo vede?
“È una persona schietta, sincera. Poi ogni allenatore ha la sua idea di calcio e devo dire che ragionando con lui siamo arrivati a Osimhen. Voleva cambiare il suo modo di giocare così prendemmo Demme e Lobotka e davanti voleva un centravanti veloce. Avevo visto Osimhen in Ajax-Lille dove ero andato per Tagliafico e Mazroui. Quando guardi una partita e fai questo mestiere torni indietro anche con altri nomi. Erano Osimhen e Soumare. Quando Gattuso chiese un attaccante veloce risposi che il profilo ideale era Osimhen.
Rino in Nazionale si sente a casa. Ha fatto parte di un Milan stratosferico, quando fai parte di quel modo di vedere il calcio non puoi non fare bene”.
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