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ESCLUSIVA TMW - Volpati, lo scudettato del Verona oggi vaccinatore: "Combattere il Covid è un dovere"TUTTO mercato WEB
mercoledì 1 dicembre 2021, 16:34Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro
esclusiva

Volpati, lo scudettato del Verona oggi vaccinatore: "Combattere il Covid è un dovere"

A 70 anni Domenico Volpati si è rimesso in gioco. Due vite in una per l'ex terzino che ha speso il suo primo tempo come calciatore professionista, vincendo lo storico scudetto nel 1985 con il Verona. E successivamente ha iniziato una brillante carriera da dentista. Tre anni dopo essere andato in pensione ha deciso di mettersi a disposizione comunità del suo territorio, la Val di Fiemme, in Trentino, per combattere la diffusione del Covid-19: ed è fra i volontari vaccinatori. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua storia:

Domenico Volpati, a 70 anni e dopo un lungo percorso lavorativo ha deciso di mettersi a disposizione della comunità. Una scelta di vita lodevole
"Ho sentito l'obbligo morale di aiutare la comunità. Sono in pensione da tre anni ma ero ancora iscritto all'Ordine dei Medici e da medico ho ritenuto doveroso dare una mano. Sono molto preso dai vaccini, diciamo che faccio anche più di quel che dovrei fare. È una cosa che mi impegna 2-3 giorni alla settimana. Abbiamo anche formato un bel gruppo, ho trovato colleghi straordinari, un personale paramedico meraviglioso. Fortunatamente mi resta del tempo libero dove posso passeggiare per i boschi, andare a funghi, sciare".

Un dramma, quello della pandemia, che sta condizionando le nostre vite. Da dentro come sta vivendo la situazione?
"Il personale ospedaliero era in forte difficoltà e c'erano reparti ospedalieri che non funzionavano più per il Covid, interventi rimandati perché erano occupate le terapie intensive. Quindi le altre patologie vengono ritardate e queste conseguenze ce le avremo ancora per qualche anno. C'è stato un aumento esagerato di morti per malattie cardio-polmonari perché non si è intervenuto in tempo, la gente aveva paura di andare in ospedale per i Covid. Una difficoltà per gestire le altre patologie e purtroppo".

Qual è stata la risposta degli abitanti della Val di Fiemme
"Dipende dalle fasce d'età. Gli over 60 ti ringraziano e gratificano, ti portano le torte. Appena si abbassa l'età, diciamo scendendo sui 40-50 son spariti i cioccolatini, le torte ma almeno c'è la gente ben disposta. Per quel che riguarda le terze dosi noto che ritornano le persone di una certa età che ti ringraziano".

C'è ancora una percentuale di scettici, per non dire propriamente no vax
"Guardi, c'è gente che ha deciso di finirla di farsi mettere 'l'albero di Natale' nel naso e sono venuti a fare la prima dose. Ma in molti casi è solo una scelta egoistica, semplicemente per evitare ulteriori privazioni e non per evitare di essere contagiati e contagiare gli altri. Eppure, e non mi capacito di come sia possibile, c'è chi ha più paura di vaccinarsi che di essere contagiato e magari finire in terapia intensiva. Sono cose che mi hanno fatto pensare sul valore delle persone e mi hanno fatto capire meglio su chi poter contare".

Per fortuna che l'Italia è tra i paesi col più alto numero di vaccinati con doppia dose
"Con Portogallo e Spagna siamo fra le nazioni che si sono mosse meglio. Non si può dire lo stesso altrove: continua a diffondersi l'infezione ma ogni stato agisce in modo diverso. L'Europa unita sotto questo aspetto non esiste".


Il suo nome è stato legato per molti anni al calcio giocato, essendo stato fra i protagonisti dello storico scudetto del Verona. A fine carriera ha intrapreso la carriera medica, caso più unico che raro
"Quando ho finito di giocare a calcio ero iscritto a Medicina. Ho appeso le scarpette al chiodo a 38 anni e a 39 mi sono laureato. Per finire prima dovevo iniziare prima a praticare, pertanto avrei dovuto chiudere col pallone a 30 anni, ma allora non avrei vinto lo scudetto. Quindi sono andato a imparare a lavorare da un amico dentista, mi sono trasferito in Trentino dove ho potuto aprire il mio studio in cui vi ho lavorato per quasi 30 anni".

Come ha fatto a far coincidere calcio e studio?
"Il fatto che sia stato fuori corso per 13 anni spiega le difficoltà. Quando potevo, ogni tanto, davo un esame. Certo, vedevo i miei compagni di corso che man mano si laureavano e si specializzavano, ma non mi sono mai demoralizzato. Giocavo, davo un esame. E piano piano sono andato avanti perseguendo la mia strada".

Non le sarebbe piaciuto restare nel mondo del calcio?
"Ho come l'impressione che molti in abbiano scelto di restare nel calcio come allenatori o dirigenti perché non sapevano cos'altro fare. Io avevo idee chiare, non volevo rimanere nel calcio nel modo più assoluto. Volevo fare il medico, era una scelta ponderata, fortemente voluta e devo dire anche la mia fortuna. Mi ha dato molta soddisfazione perché ti completa, ti dà l'autostima e vedi che sei riuscito a fare due lavori bene".

Qual è il suo rapporto col calcio?
"C'è grande differenza tra il mondo del calcio dei miei tempi e quello di oggi. Lo vedo anche nel rapporto con voi giornalisti: prima c'era un bel rapporto, non c'era il confine che ti separava dal calciatore. Ora per qualsiasi cosa devi passare per gli addetti stampa e i calciatori sono messi su un piedistallo, vivono in una bolla di cristallo. Ma quando finirà tutto e dovranno entrare nel mondo reale saranno problemi, perché adattarsi alla vita reale è complicata. Io sono stato fortunato, perché ho vissuto la vita da calciatore ma anche quella dello studente universitario".

Il suo Verona 1984/85 è una favola che almeno in Italia è rimasta un caso isolato. Potremo mai vedere una outsider vincere il titolo?
"L'unica che ce la può fare è l'Atalanta, che ormai è ben strutturata. Il nostro Verona era una squadra di amici, più che di colleghi. Avevamo un allenatore, Osvaldo Bagnoli, che non l'ho mai sentito gridare una volta: poche parole ma giuste. Al di là dello scudetto abbiamo fatto altri ottimi campionati, con una rosa di 13 giocatori".

Si sente ancora con gli ex compagni di squadra?
"Sì e abbiamo creato una onlus dove aiutiamo gli ex giocatori in difficoltà, ad esempio gli diamo una mano a raggiungere i contributi minimi per la pensione ma non solo. In molti ci hanno chiesto aiuto. Si chiama ASD Ex Calciatori Hellas Verona".