
Il paragone di Mancini: "Quando allenavo a Istanbul mi sembrava di essere a Napoli"
Roberto Mancini torna a parlare. L'ex allenatore dell'Inter, della Lazio e della Nazionale italiana è intervenuto dal palco del Teatro Sociale di Trento nel corso del Festival dello Sport. Queste le sue parole raccolte da TuttoMercatoWeb.com: "DNA da allenatore influenzato più da Boskov o Eriksson? "DA tutti, anche da Sacchi, con cui sono stato poco tempo. Stare con allenatori così ti aiuta se vuoi fare l'allenatore. Per me è stata una cosa molto positiva".
Il tuo rapporto con gli arbitri? "Buono, sono stato espulso pochissimo. Si parlò molto di alcune frasi che avevo detto, ma era una stupidaggine da ragazzino". E con i giornalisti? "Meglio con gli arbitri che con i giornalisti".
Colpa solo dei giornalisti? "No, ma poi quando si è giovani si pensa di meno e si va con l'istinto".
La tua carriera è stata condizionata negativamente più da Baggio, Zola o Giannini? "Giannini no, era mio compagno di camera e di tressette. In quegli anni in Nazionale c'erano fior fior di campioni. Per un allenatore non era semplice scegliere due attaccanti su 5".
Ulivieri aveva ragione quando diceva che dovevi lavorare per diventare più una prima punta? "Poi lo sono diventato. Lo disse quando arrivai dal Bologna alla Samp, avevo 17 anni. Ero troppo giovane al tempo, non era così semplice, ma con il tempo lo sono diventato".
La tua prima Inter. Per prendere Mourinho, Moratti lo portò a Parigi: a te dove ti portò? "Sull'autostrada Genova-Milano in un ristorante a Tortona. Perché era a metà strada fra Genova e Milano (ride, n.d.r.). La prima volta Moratti lo incontrai da giocatore, mi voleva, ma non se ne fece più nulla. Poi da allenatore ci sentimmo tramite Lele (Oriali, n.d.r.)".
Vedendo la squadra del Triplete, cosa pensavi di aver messo di tuo? "Innanzitutto il merito per la maggior parte penso sia di Moratti, quello che investiva. Se un allenatore ha i giocatori bravi, vince. Io ho avuto la fortuna di averne di molto bravi".
Tu eri bravo a farteli comprare i giocatori? "Ci sono altri più bravi. Ma all'Inter abbiamo preso giocatori molto bravi, tornando a vincere dopo molti anni".
Dopo il ko contro il Liverpool annunci che avresti lasciato. Ti sentivi già esonerato? "No, secondo me si poteva tornare indietro. Venivamo da solo vittorie, fu la prima sconfitta. C'erano altre motivazioni che potevo tenere senza esternarle così".
Perché quella sera allora? "Non ricordo bene. C'era qualcosa che riguardava qualche giocatore che aveva problemi fisici che si portava da molto tempo e pensavamo di recuperarlo quelle partite e non ci riuscimmo. Non c'erano altri problemi".
Decidi di andare all'estero: cosa ti era scattato per andare al Leicester quando eri allenatore in seconda alla Lazio? "Ero lì, stavo facendo il patentino, ero assistente di Eriksson alla Lazio. Lui trovò l'accordo per il giugno successivo come ct dell'Inghilterra. C'è stato un momento in cui una Lazio fortissima non andava bene ed Eriksson fu esonerato. Pensavo che Cragnotti mi potesse dare la squadra, ma chiamò Zoff, giustamente perché era più esperto. Mi chiamò il Leicester e allora decisi di andare a giocare 5 partite con il Leicester bloccando il patentino. Poi mi chiamò la Fiorentina. Problemi di patentino non ne avevo, ma non si poteva avere il doppio tesseramento".
Troppe polemiche per quella cosa? "Sì. Riuscii ad allenare la Fiorentina perché sul regolamento era proprio scritto che l'allenatore in seconda è come se non esistesse".
Al City hai vinto un campionato storico. Ti ha dato più problemi quella rimonta nell'ultima partita con il QPR o quella di Inter-Sampdoria 3-2? "Quella con la Samp era una di quelle partite dove la palla non voleva entrare. Eravamo sotto 0-2 dopo penso 20 palle gol. Quella con il City fu una cosa diverse, una lotta pazzesca con lo United. Quella di Manchester, stavo quasi per morire (ride, n.d.r.). Non era possibile dopo aver dominato la stagione, aver recuperato molti punti allo United. E trovarsi in quella situazione era assurdo contro una squadra che lottava per non retrocedere".
L'esperienza in Russia ti ha cambiato come persona? "Tutte le esperienze ti aiutano. Quella in Russia non è stata semplice. Una esperienza importante a livello personale. Sicuramente qualcosa ha cambiato".
La Turchia invece ha spostato poco? "Posto meraviglioso, Istanbul sembra di essere a Napoli, la gente è fantastica, andavi a giocare in Norvegia e trovavi 20mila turchi. Allenare quelle squadre lì come il Galatasaray, con milioni di tifosi. Tutti attaccatissimi alla squadra".






