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Pergolizzi: "Squadre U23? Sì, purché non diano solo valore temporaneo ai giovani"TUTTO mercato WEB
© foto di Aldo Sessa/TuttoPalermo.net
Oggi alle 13:19Serie C
di Claudia Marrone

Pergolizzi: "Squadre U23? Sì, purché non diano solo valore temporaneo ai giovani"

Panchine a rischio, quelle di Lumezzane e Livorno, con la Serie C che sembra iniziare a mietere vittime sotto questo aspetto. È stato questo il primo tema toccato nell'appuntamento mattutino di A Tutta C, il format di TMW Radio interamente dedicato al mondo della Serie C, con mister Rosario Pergolizzi: "Nel mio personale, mi son trovato in certe situazioni dove ho iniziato e in altre dove sono subentrato: probabilmente si ha la fretta dei risultati, e dipende anche dalla piazza, perché mi è capitato di allenare in piazze importanti allenare Reggio Calabria, Palermo, Campobasso, dove comunque c'è la pressione del risultato. In quei casi la forza della società fa la differenza, quando si sceglie un allenatore lo si deve scegliere in base all'obiettivo, è anche giusto darsene uno". Accennava alle piazze in cui ha allenato. A Campobasso l'anno scorso si è vissuta una stagione un po' in chiaroscuro e anche quest'anno l'avvio è stato tra alti e bassi: è effettivamente solo la pressione che mette la piazza, quello che poi può magari non far decollare una stagione? "Per il mercato che è stato fatto e per come è il Campobasso, pensavo potesse avere una partenza diversa. E penso anche che comunque, spesso, l'allenatore - forse sto usando una parola un po' forte - oltre a essere un gran gestore deve essere anche un po' manager, perché in una piazza dove c'è una proprietà straniera che comunque gran parte dell'anno sta lontana e viene ogni tanto, non si può solo limitarsi ad allenare. Essere un manager significa curare anche la gestione di un gruppo, la gestione con l'esterno, con i giornalisti durante la settimana, mancando una figura importante come una proprietà serve una continuità diversa. Ecco, credo che al Campobasso manchi questa continuità: questa non presenza o presenza assenza porta un pochino a perdere gli obiettivi ma a perdere quell'equilibrio". Equilibrio molto precario in quel di Rimini. Parlando di allenatori-manager, mi hanno fatto riflettere le dichiarazioni del tecnico biancorosso Filippo D'Alesio, che con la Primavera ha detto di aver fatto anche da magazziniere, autista, giardiniere. Lodevole, certo, ma si sfocia nelle competenze, e si manda il messaggio che pur di allenare si fa tutto. Ma il rispetto, lo status, dei ruoli è necessario. "Concordo. Anche per l'esempio che si dà ai calciatori. Io ho giocato, son stato anche calciatore, e i calciatori osservano e guardano: se arriviamo al punto di occuparsi i pulmini, del campo, del magazzino, c'è qualcosa che secondo me non quadra. La disponibilità va bene però credo che poi l'allenatore debba essere altro, e debba avere a disposizione altre persone con le proprie competenze. Se la società mi permette solo di fare l'allenatore io sono contentissimo, se devo guidare i pulmini a quel punto io preferisco stare a casa e fare il dog sitter o fare il baby sitter con i miei figli". Lei è stato l'uomo della rinascita del Palermo, un'altra delle società che è dovuta ripartire dalla Serie D per potersi rifare strada. Come si spiega queste cicliche situazioni? "Io sono ripartito da Palermo, non era il primo fallimento. E di fondo c'è un aspetto importante, che le cose temporanee non servono. Io credo sempre nella pianificazione, nel costruire qualcosa di importante, perché se non costruisci prima o poi sei costretto a sparire. E questo non succede negli altri paesi, perché c'è più equilibrio, ci sono più sorte di controlli. Poi sono d'accordo nel dare delle possibilità, ma se fallisce poi sempre una solita società, ecco che si arriva a interessi non corretti per il calcio. E proprietà italiana o straniera non conta, anche se le proprietà straniere hanno più voglia di programmare tutto: se si fa uno stadio per poi andarsene, che senso ha? Non dimentichiamoci poi gli investimenti sui settori giovanili, una base fondamentale che richiede anche determinati tipi di professionisti". A proposito di giovani, ci si rapporta un po' a uno dei temi che ci porta a guardare fuori dai nostri confini, le formazioni Under 23. In Inghilterra e Spagna ci sono progetti ben precisi, qui in Italia è tutto ancora un po' in divenire... "Come per le proprietà, anche queste Seconde Squadre devono avere un obiettivo, non farle giusto per e magari far sparire poi nel giro di pochi anni un ragazzo: non serve dare il valore temporaneo. Serve far crescere davvero i ragazzi, e in questo caso ben vengano anche queste situazioni come le seconde squadre: l'importante è che abbiano un obiettivo. Far giocare i giovani tra i professionisti è tutta un'altra cosa rispetto al farli giocare in Primavera, e se ci sono settori giovanili importanti è giusto sfruttarli". Per il suo futuro, invece, cosa si aspetta? "Mi aspetto solamente di tornare a allenare: sono un subentrante, spesso quando le società sono in difficoltà e hanno problemi mi chiamano, e questo da un lato mi fa piacere perché fanno sì che possa passare l'estate in famiglia (ride, ndr), però dall'altro lato mi dispiace perché comunque la mia storia dice di vittorie in campionati sia a livello di settore giovanile che di campionati importanti con squadre importanti. Non partire subito un po' mi dispiace perché vincere tre campionati in quattro anni e rimanere a casa fa venire tanti dubbi, ci si chiede il perché e il come, però ormai sono grande da aver capito come va il calcio, e lo accetto. Studiando e approfondendo tante cose, osservo gli altri per poter crescere ancora".