
Carnesecchi, da Cremona a Bergamo: la parabola del portiere che ha imparato a vincere soffrendo
A volte il destino disegna traiettorie che solo il calcio sa rendere perfette. Sabato, allo Zini, Marco Carnesecchi tornerà dove tutto è cominciato davvero. Per lui, Cremonese–Atalanta non sarà solo una partita di campionato: sarà il ritorno a casa, la prima da avversario nello stadio in cui è diventato grande. A Cremona ha imparato a difendere non solo la porta, ma anche la propria vocazione. Due stagioni da protagonista, una promozione storica e un legame che va oltre le statistiche: 85 presenze complessive, appena una in meno di quelle oggi accumulate con la maglia dell’Atalanta. Numeri che raccontano di un ragazzo cresciuto con pazienza, talento e un senso del dovere antico.
IL RAGAZZO DI CESENA – Romagnolo di nascita, portiere per vocazione - sottolinea Cuoregrigiorosso.com -, Carnesecchi ha sempre avuto quell’aria da ragazzo perbene e la tempra del leader. Già nelle giovanili del Cesena si diceva che fosse “uno da Nazionale”, ma prima di arrivare alla ribalta ha dovuto scalare ogni gradino. Il primo passaggio alla Cremonese, nel 2021, fu visto come un test per misurare la sua prontezza in Serie B. Ne uscì promosso a pieni voti. Poi la chiamata di Ariedo Braida, allora dirigente dei grigiorossi, e il secondo capitolo della storia: ancora alla Cremonese, stavolta in Serie A, per una stagione che avrebbe segnato la sua definitiva consacrazione.
IL RITORNO DEL FIGLIO – L’estate del 2022 poteva essere quella del salto a Bergamo, ma il destino si è messo di traverso. Un infortunio alla spalla lo fermò proprio quando sembrava pronto per diventare il nuovo titolare dell’Atalanta. Gasperini, costretto a cautelarsi, cambiò piani; la Cremonese, nel frattempo, aveva puntato su Ionut Radu, appena uscito dall’Inter. Ma la storia si ripeté: Radu fuori gioco dopo poche settimane, e Carnesecchi di nuovo in campo, di nuovo protagonista. Difese la porta della squadra di Alvini fino all’ultima giornata utile, con una dedizione da veterano e la consapevolezza che la retrocessione non avrebbe cancellato ciò che aveva costruito. «Ho preso la retrocessione sul personale – raccontò poi – ma da quelle sconfitte ho imparato molto».
IL PORTIERE DELLA GENTE – Lo Zini non dimentica. Il 24 settembre 2022, al ritorno in campo dopo l’infortunio, i tifosi gli tributarono un applauso lungo e sincero durante un’amichevole con il Fanfulla: un omaggio a un ragazzo che aveva conquistato tutti con la sua umiltà. Carnesecchi non si è mai nascosto dietro le statistiche, ma anche quelle raccontano la sua importanza: quinto portiere più presente nella storia della Cremonese, dietro a Bianchi, Rampulla, Turci e Ravaglia. Una scala di nomi che basta da sola a definire il peso della sua eredità. Nel giorno dell’addio, 3 giugno 2023, prima della sfida con la Salernitana, lo Zini lo salutò come si fa con i figli che partono. Lui rispose battendo la mano sul cuore, prima di scrivere su Instagram un messaggio rimasto nel tempo: «Grazie Cremona, grazie cremonesi e grazie Cremonese. Sarete per sempre nel mio cuore».
DALLA SOFFERENZA ALL’EUROPA – Il calcio non smette di stupire chi lo rispetta. Tornato a Bergamo, Carnesecchi è diventato il portiere titolare di una squadra che oggi gioca per vincere in Europa. La sua crescita coincide con la maturità dell’Atalanta, che in lui ha trovato non solo sicurezza tecnica, ma anche la calma dei leader. In meno di due anni ha vissuto tutto: la promozione, la retrocessione, la risalita, fino alla vittoria dell’Europa League, il primo trofeo internazionale della Dea. Eppure, dietro ogni parata di oggi, resta l’eco di quelle sere allo Zini.
IL RITORNO ALLO ZINI – Sabato sarà un viaggio nella memoria. I tifosi della Cremonese lo applaudiranno, forse con un po’ di nostalgia ma anche con orgoglio, sapendo che quel portiere che un giorno difendeva i loro colori ora lo fa ai massimi livelli. Perché, a modo suo, Carnesecchi è rimasto uno di loro: serio, affidabile, capace di sbagliare poco e di rialzarsi sempre. Il destino lo riporta sul campo che lo ha consacrato. E chissà che, almeno per una notte, non senta ancora l’applauso di quella curva che per prima aveva riconosciuto in lui qualcosa di speciale.
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