Dea, i quarti serviti all'ora del tè: il Grifone è una comparsa, ma il vero urlo è contro il "calcio spezzatino"
C’è qualcosa di profondamente distonico nel vedere la New Balance Arena pulsare a scartamento ridotto, immersa in una luce pomeridiana che sa più di allenamento del giovedì che di ottavo di finale. Alle 15 di un mercoledì lavorativo, il calcio italiano celebra l'ennesimo paradosso di un calendario piegato alle logiche televisive, svuotando gli stadi per riempire i palinsesti. Gli 11.651 presenti sono una via di mezzo tra eroi e privilegiati: ferie prese, permessi strappati o semplice beffa di un abbonamento che includeva la partita, ma non la possibilità materiale di esserci. Lo striscione apparso su Viale Giulio Cesare - descrive L'Eco di Bergamo - riassume il pensiero comune meglio di mille editoriali: «Noi ci siamo ma questo calcio lo schifiamo». Un concetto che, una volta tanto, mette d'accordo tutti, dalla Curva Sud assente per protesta ai distinti, uniti solo nel commosso minuto di silenzio per Nicola Pietrangeli e nel coro contro la Lega Calcio.
TRAVOLGENTE NOIA - Sul campo, la partita è scivolata via con la stessa ineluttabilità di una pratica burocratica evasa con efficienza. L'Atalanta di Raffaele Palladino – impeccabile nel suo abito sdrammatizzato dal dolcevita, in netto contrasto con la tuta vintage anni '90 dell'omologo De Rossi – non ha dovuto nemmeno inserire le marce alte. Di fronte si è trovata un Genoa in versione sperimentale, infarcito di seconde linee e con la testa forse già al lunedì di Udine. Il portiere svizzero Siegrist, arrivato dal Rapid Bucarest, è stato l'ultimo baluardo di una squadra che ha retto un tempo più per demerito della mira nerazzurra che per reale solidità difensiva.
LA LEGGE DEI SENATORI - Quando il gioco si è fatto, se non duro, quantomeno decisivo, ci hanno pensato i fedelissimi. Marten de Roon, l'olandese ormai naturalizzato orobico, ha deciso che era tempo di archiviare la pratica per evitare la lotteria dei rigori, scagliando in rete la palla che ha rotto l'equilibrio. Una sentenza ribadita poco dopo da Mario Pasalic, l'uomo che non tradisce mai negli appuntamenti che contano. In mezzo, la gestione saggia di un gruppo che sa come dosare le energie in vista del campionato. Il gol finale dell'ex Ahanor, che ha scelto la via del rispetto non esultando, serve solo per le statistiche e per rendere meno amaro il passivo di un Grifone rimasto anche in dieci per l'espulsione di Fini.
SPALTI E PROSPETTIVE - Se il colpo d'occhio delle gradinate piangeva, con ampi vuoti riempiti solo dall'entusiasmo delle scuole calcio e delle famiglie (nota lieta in un pomeriggio grigio), in tribuna d'onore la presenza di Stephen Pagliuca conferma che la proprietà americana non fa distinzioni di competizione. La Coppa Italia, trofeo sfuggito troppe volte per un soffio, è un obiettivo concreto, non un fastidio infrasettimanale. Il passaggio del turno regala ora all'Atalanta una sfida dal sapore ben diverso: a febbraio arriverà la Juventus. E lì, c'è da scommetterci, l'orario e il giorno importeranno poco: Bergamo risponderà presente, perché quella sarà una notte da grandi e non un pomeriggio da impiegati del pallone.
© Riproduzione riservata






