
Cagliari, l'ex Langella: "Mercato promosso, ma serve almeno un altro difensore"
Antonio Langella, intervistato da Tuttocagliari.net, dice la sua sulla campagna acquisti condotta dal Cagliari e sulle prospettive in serie A della rinnovatissima rosa agli ordini di mister Fabio Pisacane.
Sono partiti diversi giocatori e altrettanti sono sbarcati alla corte di Pisacane. Lei come vede il Cagliari che verrà?
“Il Cagliari è cambiato tanto rispetto all’anno scorso. Sono arrivati diversi ottimi giocatori, peraltro già esperti e collaudati in serie A. Assieme a loro sono sbarcati in Sardegna anche alcuni giovani promettenti, che rappresentano delle vere e proprie scommesse. Nel complesso mi sento di promuovere appieno la campagna acquisti che sta facendo la società.”
Il pacchetto offensivo e il centrocampo erano realmente i due reparti da rafforzare prioritariamente o, a suo parere, anche la difesa necessiterebbe di qualche nuovo innesto?
“In effetti sono convinto che serva almeno un altro difensore: un centrale che possa far rifiatare Mina o Luperto. Penso a un profilo di esperienza e di sicuro affidamento, già rodato in serie A. Quando ricostruisci la squadra devi partire sempre dalla retroguardia.”
Focus su Fabio Pisacane. Lei come interpreta la scelta di Giulini di promuoverlo dalla Primavera alla prima squadra? Cosa può significare un’investitura così “forte” e - al contempo - coraggiosa?
“Queste scommesse non sai mai che esito possano avere. Ma è pure vero che se Pisacane ha ottenuto grandi risultati alla guida della Primavera vuol dire che è un tecnico bravo e preparato; certo, passare dal settore giovanile alla prima squadra è un bel salto nel buio. Non solo per Pisacane, ma anche per lo stesso presidente Giulini. D’altronde il mister napoletano, avendo vestito a lungo la maglia coi quattro mori da calciatore, sa perfettamente che si è assunto una grande responsabilità: quella di guidare una formazione che rappresenta un’Isola intera in Italia e nel mondo. Ma io penso che nelle sue vene scorra purissimo sangue rossoblù: si vedeva già quando calzava le scarpette chiodate. E il fatto che un allenatore sia così legato alla realità in cui si trova a lavorare è un fattore che, alla lunga, può risultare determinante in positivo.”
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