
Fabregas sul futuro: "Devo capire dove vogliamo andare ma la priorità è il Como"
Un annata da rookie in Serie A, ma i concetti e le dichiarazioni sono già quelle di un veterano. Cesc Fabregas è uno che ha le idee già molto chiare in mente e non a caso, dopo aver portato il Como a salvarsi e ad esprimere un calcio a tratti tra i più frizzanti del campionato, ha già attirato su di sé gli occhi di tantissime big, che prevedono una carriera in panchina tanto brillante quanto quella avuta sui campo di gioco. Oggi lo ha intervistato il Corriere dello Sport-Stadio: "Sono giovane e credo di sapere come gira. Quando José scherzava con noi ripeteva “non mi frega niente dei momenti brutti, visto che mi mancano trent’anni da allenatore”, ci faceva capire che è un lavoro molto usurante. Guardiola si è fermato un anno, e Mourinho una volta sei mesi. Negli ultimi tempi questo mestiere è cambiato e ogni tanto è necessario ricaricare le batterie. Oggi l’allenatore è tutto. È praticamente il CEO della società senza esserlo, ci mette la faccia quando si perde, quando si vince e quando bisogna fornire delle spiegazioni".
L'autonomia che ha a Como però difficilmente potrebbe averla altrove.
"Non lo so, è presto per parlarne. Io ti posso raccontare solo la mia esperienza a Como dove siamo un gruppo. Il presidente, il direttore Charlie ed io. E poi c’è Osian Roberts, che è un po’ il responsabile del settore giovanile, una persona della quale mi fido ciecamente e che tante volte mi è d’aiuto sui temi più delicati. Sì, sono molto fortunato perché qui mi garantiscono tanta libertà".
Del Como ha stupito la personalità del gioco.
"Ci sono tanti modi di fare calcio e non se ne può escludere uno. Simeone vince alla sua maniera, Guardiola alla sua, così come José e Conte. Sono tutti stili differenti, però è calcio vero. È importante credere in quello che si fa. Potrei tranquillamente dire ai miei dài, andiamo a giocare palla lunga e conquistiamo la seconda palla. Ma non saprei come allenare la squadra, nel senso che non credo in quel calcio, non potrei mandare il messaggio giusto al giocatore. Il giocatore intelligente ti guarda in faccia, ti analizza. Se non è sicuro di quello che sta facendo tocca a me dargli gli input giusti e convincerlo. Io mi adatto a quello che abbiamo e poi provo a trovare tutte le soluzioni per andare a vincere. Però è vero che stiamo giocando praticamente il 70% della stagione con Da Cunha, Perrone e adesso Caqueret a centrocampo che sono esterni, numeri 10, numeri 8, non c’è un play tipo Rodri del Manchester City, o Paredes, uno che è più fisico e posizionale. Vi racconto un aneddoto. Dopo aver vinto la B mi ritrovai a cena a Trento con Pecchia e Capello. Fabio mi disse: “Cesc, adesso non puoi più giocare così eh, adesso ti devi difendere di più”. Insistette sulla difesa, difesa, difesa. Quella sera andai a dormire più convinto che mai che avrei seguito la mia filosofia".
Lei ha avuto Conte, Mourinho e Guardiola da giocatore...
"Antonio è un fenomeno, un fenomeno. Potrei giocare e allenare giorno dopo giorno come fa Antonio? Sicuramente no. Però ho imparato tantissimo. Da Antonio, dalla sua metodologia e, soprattutto, dal suo messaggio costante, dalla sua idea. Mourinho e Guardiola diversi? Ma diversi in cosa? Sul campo forse, ma fuori sono malati di vittoria, hanno una incredibile mentalità vincente e una notevole capacità di trasferirla alla squadra. Antonio è della stessa pasta".
Wenger quanto ha inciso sulla sua formazione?
"Arsène è il migliore che ho avuto. Soprattutto ora, in questo mio inizio da allenatore, è una figura importante e presentissima. Mi ha scritto anche ieri, mi scrive sempre dopo ogni partita".
Qual è l’avversario che l'ha messa più in difficoltà in Italia?
"Il Napoli, sicuramente. Qui a Como Antonio ha cambiato la formazione 3, 4 volte in pochi minuti per crearmi dei disturbi e cercare la vittoria. Secondo me ha fatto anche molto bene, indipendentemente dal risultato finale. A ogni suo adattamento corrispondeva qualcosa di diverso da parte mia. Non è stato semplice, te lo posso assicurare. Un altro molto complicato è stato Gasperini. Mi è stato detto che per la prima volta l’hanno visto difendere a quattro, cosa che non faceva mai. Mi ha obbligato a cambiare tanto, a trovare ripetutamente delle contromisure".
Quando si conoscerà il futuro di Fabregas?
"Non lo so, niente è ancora deciso. Ho bisogno di una breve sosta a fine campionato, di un attimo di respiro prima di sedermi al tavolo con il Como... Mi ritengo molto fortunato perché qui la gestione del quotidiano è uguale tanto che si vinca quanto che si perda. Il confronto è costante. Como la priorità? Devo capire dove vogliamo andare. E in che modo. Sì, la priorità è il Como".
L'autonomia che ha a Como però difficilmente potrebbe averla altrove.
"Non lo so, è presto per parlarne. Io ti posso raccontare solo la mia esperienza a Como dove siamo un gruppo. Il presidente, il direttore Charlie ed io. E poi c’è Osian Roberts, che è un po’ il responsabile del settore giovanile, una persona della quale mi fido ciecamente e che tante volte mi è d’aiuto sui temi più delicati. Sì, sono molto fortunato perché qui mi garantiscono tanta libertà".
Del Como ha stupito la personalità del gioco.
"Ci sono tanti modi di fare calcio e non se ne può escludere uno. Simeone vince alla sua maniera, Guardiola alla sua, così come José e Conte. Sono tutti stili differenti, però è calcio vero. È importante credere in quello che si fa. Potrei tranquillamente dire ai miei dài, andiamo a giocare palla lunga e conquistiamo la seconda palla. Ma non saprei come allenare la squadra, nel senso che non credo in quel calcio, non potrei mandare il messaggio giusto al giocatore. Il giocatore intelligente ti guarda in faccia, ti analizza. Se non è sicuro di quello che sta facendo tocca a me dargli gli input giusti e convincerlo. Io mi adatto a quello che abbiamo e poi provo a trovare tutte le soluzioni per andare a vincere. Però è vero che stiamo giocando praticamente il 70% della stagione con Da Cunha, Perrone e adesso Caqueret a centrocampo che sono esterni, numeri 10, numeri 8, non c’è un play tipo Rodri del Manchester City, o Paredes, uno che è più fisico e posizionale. Vi racconto un aneddoto. Dopo aver vinto la B mi ritrovai a cena a Trento con Pecchia e Capello. Fabio mi disse: “Cesc, adesso non puoi più giocare così eh, adesso ti devi difendere di più”. Insistette sulla difesa, difesa, difesa. Quella sera andai a dormire più convinto che mai che avrei seguito la mia filosofia".
Lei ha avuto Conte, Mourinho e Guardiola da giocatore...
"Antonio è un fenomeno, un fenomeno. Potrei giocare e allenare giorno dopo giorno come fa Antonio? Sicuramente no. Però ho imparato tantissimo. Da Antonio, dalla sua metodologia e, soprattutto, dal suo messaggio costante, dalla sua idea. Mourinho e Guardiola diversi? Ma diversi in cosa? Sul campo forse, ma fuori sono malati di vittoria, hanno una incredibile mentalità vincente e una notevole capacità di trasferirla alla squadra. Antonio è della stessa pasta".
Wenger quanto ha inciso sulla sua formazione?
"Arsène è il migliore che ho avuto. Soprattutto ora, in questo mio inizio da allenatore, è una figura importante e presentissima. Mi ha scritto anche ieri, mi scrive sempre dopo ogni partita".
Qual è l’avversario che l'ha messa più in difficoltà in Italia?
"Il Napoli, sicuramente. Qui a Como Antonio ha cambiato la formazione 3, 4 volte in pochi minuti per crearmi dei disturbi e cercare la vittoria. Secondo me ha fatto anche molto bene, indipendentemente dal risultato finale. A ogni suo adattamento corrispondeva qualcosa di diverso da parte mia. Non è stato semplice, te lo posso assicurare. Un altro molto complicato è stato Gasperini. Mi è stato detto che per la prima volta l’hanno visto difendere a quattro, cosa che non faceva mai. Mi ha obbligato a cambiare tanto, a trovare ripetutamente delle contromisure".
Quando si conoscerà il futuro di Fabregas?
"Non lo so, niente è ancora deciso. Ho bisogno di una breve sosta a fine campionato, di un attimo di respiro prima di sedermi al tavolo con il Como... Mi ritengo molto fortunato perché qui la gestione del quotidiano è uguale tanto che si vinca quanto che si perda. Il confronto è costante. Como la priorità? Devo capire dove vogliamo andare. E in che modo. Sì, la priorità è il Como".
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