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"Giustizia per Bruno Beatrice", striscione esposto a Roma, alla Corte Suprema di CassazioneTUTTO mercato WEB
Oggi alle 13:10Serie A
di Lorenzo Di Benedetto

"Giustizia per Bruno Beatrice", striscione esposto a Roma, alla Corte Suprema di Cassazione

"Giustizia per Bruno Beatrice": uno striscione di 25 metri, esposto a Roma, davanti al palazzo della Corte Suprema di Cassazione, richiama l'attenzione sulla morte prematura dell'ex calciatore della Fiorentina, avvenuta il 16 dicembre 1987, a soli 39 anni. La famiglia ha sempre più certezze che dietro alla scomparsa dell'ex mediano ci possa essere stato l'uso di terapie nocive e di altre sostanze che possono avergli provocato danni seri alla salute fino a portarlo alla morte. La Procura di Firenze, nel 2009, chiese l'archiviazione del caso per prescrizione.

La moglie di Beatrice, Gabriella, morta esattamente due mesi fa, si era battuta per far luce su quella fine triste di un ragazzo che, in campo e fuori, sembrava il ritratto della salute e che invece è stato minato nel fisico da sostanze che sarebbe stato in qualche modo costretto ad assumere per essere "agonisticamente più prestante".

Oggi sono i figli di Bruno, Claudia e Alessandro, accompagnati dai nipoti di Gabriella e Bruno, Viola e Flavio Bruno, a voler portare avanti la battaglia in nome di tutta la famiglia e anche di tutti coloro che, come alcuni compagni di squadra di Bruno ai tempi della Fiorentina e delle altre società calcistiche, potrebbero aver subìto danni gravi dall'assunzione di quelle sostanze.


Ecco il motivo dello striscione esposto nella romana piazza Cavour, davanti alla Corte Suprema di Cassazione, nel tentativo di richiamare l'attenzione della prima presidente della Corte, Margherita Cassano, e dei vertici dell'organo supremo della Giustizia ordinaria in Italia, sul caso di Beatrice. Nel tentativo di ottenere giustizia per Bruno e per gli altri calciatori vittime di una morte non "bianca", ma di un color tenebra: ossia destinata a restare nascosta, misteriosa, mistificata.

"Non ci fermerete nella nostra battaglia - dicono in coro Claudia e Alessandro da Roma - né ora, né mai. Vogliamo giustizia per Bruno".