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Alessandro Moggi si racconta a 360 gradi: carriera, mercato, Serie A e futuroTUTTO mercato WEB
Oggi alle 21:00Serie A
di Alessio Del Lungo

Alessandro Moggi si racconta a 360 gradi: carriera, mercato, Serie A e futuro

Alessandro Moggi, procuratore a capo della Gea World S.p.A., si è raccontato in una lunghissima intervista ai microfoni di TuttomercatoWeb.com, ripercorrendo le tappe della sua carriera: "Appena ho smesso di giocare a calcio nel '92 ho pensato di fare il procuratore. Ho provato a fare il calciatore, ho visto che non era il caso e un mio amico mi disse che uno come me doveva per forza stare in questo mondo. Da lì ho deciso di intraprendere questo percorso ed è andata abbastanza bene (sorride, ndr)". Quanto l'ha aiutata suo padre nella sua scelta? "Tantissimo naturalmente. Non è semplice entrare in questo mondo dal nulla, oggi è ancora più complicato rispetto a 30 anni, ma lo era anche prima. A lui devo tutto. Mi ha consigliato di lavorare tanto, di essere una persona onesta, di mantenere sempre la parola data e di essere assolutamente attendibile in tutto ciò che avrei fatto". Se non avesse fatto il procuratore, che lavoro le sarebbe piaciuto? "L'astronauta o il pilota di aerei. Ho ancora questa passione". Qual è stato il primo giocatore che ha avuto in procura? "Domenico Cecere, portiere del Napoli che era stato mio compagno nelle giovanili azzurre quando tentai invano la mia carriera da calciatore. È stato il primo contratto che ho fatto in Serie C1 con il Nola con il presidente Crescenzo Nappi. Purtroppo oggi Cecere non c'è più". C'è un aneddoto che ricorda con piacere più degli altri? "Con simpatia con l'allora direttore sportivo del Siena Nelso Ricci. Andai lì per una riunione di mercato, aveva bisogno di un esterno, ma non aveva specificato se un terzino o un calciatore più offensivo. Io gli proposi Sesa del Napoli, ma lui capì Cesar della Lazio. Ci mettemmo d'accordo, poi il pomeriggio mi mandò il contratto, ma naturalmente quello non era uno dei miei clienti. Fu divertente questa cosa". Chi è che le sarebbe piaciuto avere in procura? "Ronaldo il Fenomeno". Qual è il trasferimento che le ha dato più soddisfazione? "Potrei dire l'annata in cui portai negli ultimi due giorni di mercato Nesta al Milan dalla Lazio e Di Vaio alla Juventus dal Parma. Numeri totalmente differenti rispetto a quelli attuali, ma erano due giocatori di grandissimo livello portati a due club prestigiosi in ore concitate. Nesta fu un ottovolante di emozioni: prima sì, poi no, poi non posso, poi sì… Berlusconi mi ha chiamato e la chiudemmo in una sessione anomale che terminò di sabato all'ora di pranzo, non so perché". Qual è il trasferimento che invece non è riuscito a chiudere e che avrebbe voluto fare? "A un passo no, ma ci sono state tante operazioni mancate di giocatori importanti proposte che non sono stati presi da squadre italiane. Mi ricordo che il Napoli mi disse che Bale non era adatto al campionato italiano, poi provai a portare in Italia Falcao ai tempi del River Plate e Lautaro Martinez quando era al Racing, ma una società importante di Serie A mi disse che aveva già tanti attaccanti. Lo stesso vale per Griezmann. Questo è il mercato, dove spesso si tentano cose che in quel momento non vengono accettate e a distanza di anni poi ci si pente perché vengono fuori calciatori straordinari". Un suo difetto e un suo pregio? "Sono estremamente permaloso, ma anche estremamente altruista". Che cosa non rifarebbe? "Tutto, potrei solo pensare di difendermi meglio nell'ambito del processo Gea o nella fase in cui ci si è arrivati dalle accuse di tanti miei colleghi che mi accusavano di cose che non facevamo e io ho tralasciato sbagliando". Quanto le questioni Gea e Calciopoli hanno influenzato la sua carriera? "Tanto. Mi ha interrotto la crescita, quantomeno me l'ha sospesa. È stato difficile perché passi dalle stelle alle stalle in un secondo, vieni visto con sospetto. In quel momento Gea era la più grande agenzia del mondo o quantomeno di Europa con l'essere visionari, avevamo impostato quello che oggi sono tutte le più grandi agenzie internazionali. Calciopoli è stata troppo violenta, non è stato semplice tirarsi fuori. Oggi sono ancora sulla cresta dell'onda e con un'agenzia che è la 15^ migliore al mondo. Devo dirmi bravo per come ne sono venuto fuori, ma ho questo grande rammarico per quella che poteva essere l'ascesa di qualcosa di veramente importante che purtroppo a più riprese c'è stato impedito". È più difficile gestire un calciatore o un allenatore oggi? "Entrambi. La differenza fondamentale in linea di massima è data dall'età. Gli allenatori sono quasi sempre ex calciatori cresciuti, maturati, che hanno aspetti di criticità rispetto all'età che hanno quando fanno i calciatori, cosa che succede al contrario con una migliore visione delle cose quando diventano tecnici. Vanno comunque accompagnato all'interno di una dinamica di club con la consapevolezza di non incidere troppo su qualsiasi tipo di scelta perché poi è giusto che siano totalmente autonomi. I discorsi si limitano a un'assistenza di natura contrattuale da semplice professionista. Poi se c'è un rapporto umano che va al di là si fanno tanti discorsi di calcio come si possono fare con gli amici". Quanto è cambiato il ruolo di procuratori rispetto a quando ha iniziato? "Tantissimo. Si fa molta più intermediazione, prima c'era quasi esclusivamente il rapporto di agenzia con le squadre di calcio, lavoravi sul pacchetto di atleti. Oggi il 64% dei giocatori sono stranieri e per questo si fa forse più intermediazione che attività di agenzia. In Italia all'epoca era l'elité del calcio mondiale, non era la Premier League. Poi per tanti motivi l'Italia non è mai più uscita dal baratro dal punto di vista di sistema e oggi abbiamo l'invasione di agenti e agenzie da tutto il mondo anche con branch italiane, ma di agenzie straniere, cose che non esistevano. Io ero magari l'agente numero 42 nell'albo degli agenti sportivi, ma magari di 150 agenti sul territorio italiano, oggi ce ne saranno più di 2.000. C'è una concorrenza estrema, c'è una confusione sul mercato molto più importante e questo crea delle criticità di sistema importanti". Cosa risponde a chi dice che siete uno dei problemi del calcio? "Rispondo che è assolutamente falso. I procuratori sono una risorsa, esistono perché è giusto che esistano come consulenti di parte per quanto riguarda i calciatori. Vengono utilizzati anche dai club per le intermediazioni, aiutano le società molte volte nelle ridefinizione dei contratti. Faccio l'esempio del Covid. Siamo stati parte integrante di una fase in cui c'era bisogno di ridiscutere gli accordi dei giocatori o spostare dei pagamenti che non erano sostenibili in quel momento. La categoria è necessaria, ma non è un male, è un bene. In tutte le categorie che generano intrattenimento è giusto che un professionista abbia chi si occupa della parte economica, esiste in tutti gli sport. Non vedo per quale motivo devono essere demonizzati, i calciatori sono quelli che producono con il loro talento le entrate che il mondo del calcio in senso globale produce. Grazie ai calciatori si fanno gli eventi e si vendono i diritti televisivi, commerciali e di qualsiasi genere. Sento dire spesso che i giocatori sono troppo pagati, falso anche questo. È giusto che siano pagati per quanto producono, ma probabilmente si potrebbe ragionare su una distribuzione differente di quelli che possono essere i salari dei calciatori, relativamente all'entrate dei club. Un calciatore può rappresentare una piccola azienda di se stesso. Andrebbe ridiscussa nel suo insieme la visione del giocatore, non più come un lavoratore dipendente, ma come un'azienda. Potrebbe essere forse la visione del futuro o nel futuro. Le commissioni sono assolutamente parametrate ai costi. Se riduci i costi, riduci le commissioni, non ne esiste una che abbia un peso superiore a quello che è l'affare nel suo complesso. È tutto collegato e giusto". Le sessioni di mercato sono troppo lunghe? "Assolutamente sì, è una stortura anche questa. Io farei un mese di mercato di estate e uno di inverno. Potrebbe avere senso fare altri 15, 10, 7 giorni tra l'estate e l'inverno a fine ottobre per riparare a qualche errore o ai troppi infortuni, che sono sempre più frequenti. È successo già ed è incomprensibile perché non si rifaccia, è sul tavolo delle 5 maggiori leghe ridurre la finestra di mercato estiva, ma per qualche motivo, legato soprattutto alla lega spagnola, non si può fare. Quello che si fa il 30 agosto si può fare anche il 30 luglio, non cambia niente. È solamente un temporeggiare, sperando e pensando che si possano ridurre i costi, aspettando che le società debbano poi vendere. Se viene traslato di un mese è la stessa identica cosa". La Juventus può tornare a vincere con Spalletti? "Per farlo ci devono essere tutte le componenti. Hanno una buona squadra, ma è in una fase di ricostruzione e prevede anche del tempo. È un ottimo allenatore e penso possa essere una scelta giusta per il presente e per il futuro. Quando si allineeranno tutte le componenti e verranno messi a posto tutti i pezzi del puzzle, la Juventus tornerà a vincere". Allegri è l'uomo giusto per il Milan? "Allegri e Tare sono un valore aggiunto. L'esperienza, il carisma e la conoscenza del calcio di entrambi, unite a una società di valore, virtuosa e con i conti a posto, porta sicuramente dei risultati. Se manca un pezzo di questo, un direttore o un allenatore bravo, non arrivi da nessuna parte". Conte fa sempre più fatica al secondo anno. Qual è la sua idea su questo tema? "Penso che sia un grandissimo motivatore, probabilmente il più grande che c'è in Italia. Questo lo rende scomodo, ma anche estremamente efficace per i risultati. Il Napoli è lassù, ma non gioca il campionato da solo, ci sono pure gli avversari. Ci può stare che non vinca un campionato con 20 punti di vantaggio e che ci sia una fase più complessa, tra l'altro con un po' di infortuni da gestire. Non parlerei di anno difficile, ma di momenti di una stagione competitiva contro avversari competitivi". Si aspettava questo impatto di Chivu con il mondo Inter? "I nerazzurri sono una grande squadra e hanno una società top, con due dirigenti straordinari e un'esperienza pazzesca. Metti insieme tutte queste componenti e ottieni grandi risultati. Ci sono anche gli altri, ma se hai dirigenti, allenatori, società e giocatori sei competitivo sempre". Gasperini alla Roma l'ha sorpresa? "È la stessa cosa. È un allenatore super, un motivatore pazzesco e scomodo, concettualmente è molto simile a Conte. Pretende tanto, ma dà tanto e fornisce risultati spesso molto importanti, quello che ha fatto all'Atalanta è incredibile. Ha contribuito a costruirla e dopo 9 anni di Gasperini la Dea è stata costretta a esonerare un allenatore, non è un dettaglio, è significativo. La Roma, dopo stagioni complicate, oggi è prima insieme all'Inter con un bravo direttore sportivo e un club che ha dato dimostrazioni di voler investire nel tempo. È tutto sempre uguale, non esiste un posto dove funzionano 2 componenti su 4 e le cose vanno bene, è impossibile". Come si spiega la crisi della Fiorentina? "È l'eccezione che conferma la regola. I viola sono un'ottima società, Pradè è un direttore sportivo di grandissimo livello, la proprietà è straordinaria, il direttore generale Ferrari ha un'esperienza importante a livello di società di calcio e poi c'era Pioli. Se in estate fossi stato io il ds e mi avessero chiesto chi avrei preso, avrei fatto due nomi: uno era Gilardino e, qualora non fossi stato in grado di prenderlo, avrei virato su Pioli. È senza dubbio il nome giusto probabilmente, per qualche strano motivo ,al momento sbagliato. Per quale motivo non lo so, ma siamo tutti d'accordo che la rosa della Fiorentina non è da ultimo posto, quindi se è 20^ vuol dire che c'è qualcosa di straordinariamente strano e anomalo, non una roba normale. Ma, Pioli a parte, che è un allenatore di grande livello, tutto quello che è la Fiorentina è lo stesso rispetto all'anno scorso quando è arrivata 6^ con 65 punti. Significa che quelli che sono arrivati sesti ci sono ancora, quindi non è colpa dell'allenatore, ma di qualche circostanza. Trovo assolutamente ingiusto che le colpe per l'ambiente devono ricadere su un dirigente di un'esperienza e di una capacità così importante come Pradè". Qual è l'obiettivo che si è dato per il futuro? "Contribuire al miglioramento del sistema calcio Italia".