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Può essere davvero l'anno della Juventus in Champions League?
La rincorsa a Istanbul è una volata di stelle, fatta di temporali improvvisi e arcobaleni. E' quel che t'aspetti o che mai avresti immaginato. La Champions League è strategia ma pure attimo, sorte e sorteggio. La Dea Eupalla che bacia, di perfidia o d'amore. E' un calcio d'angolo allo scadere, con la difesa che dà le spalle alla trincea, Origi che sbuca alle spalle e pure l'Olimpo argentino, Lionel Messi, crolla sotto i colpi dell'Armata Rossa di Klopp. E' un ventenne che vola alto, dalla sua Olanda fino ai cieli di Torino, è Aiace Telamonio che trafigge l'eroe portoghese, Cristiano Ronaldo. E' andata così fino a Madrid, il Liverpool che fa sei, il Tottenham grigio di Londra, l'Inghilterra che nell'anno della Brexit si prende lo scettro del Vecchio Continente. E poi si riparte, ancora da zero, ancora dai blocchi di partenza. Favoriti e sfavoriti, chi vive la rincorsa come una chimera, chi sul trono della Champions ha sacrificato i campionati, chi vive i successi casalinghi come l'onesto e dovuto mestiere quotidiano. Chi ha investito miliardi per saltare agli ottavi, chi pensava di prendere il migliore per conquistare pure lo scettro. E invece no. Il temporale è dietro l'angolo, inatteso e improvviso. Sorte, sorteggio, fortuna e sfortuna, l'urna della Champions è un continuo andirivieni d'emozioni e risultati, senza mai un risultato univoco e preventivabile.
Può essere davvero l'anno della Juventus? La risposta, contando l'antifona e l'antefatto di cui sopra, è chissà. Forse sì, s'intende, perché a Cristiano Ronaldo, che ha una mano piena di successi in Europa, si è aggiunto l'olandese dalla faccia pulita sopra citato, è arrivato un giochista che nelle idee di Agnelli può essere il manico giusto per conquistare la Champions e sono approdati a Torino pure altri ragazzi o quarantenni di certa e comprovata esperienza internazionale. Maurizio Sarri non ha esperienza, è il paradosso della guida con minor lignaggio europeo di ognuno dei suoi ragazzi, ma vuol compensare, nella mente e nelle idee, col gioco e con le giocate. Sarri-ball non è, chissà se lo sarà. Però il girone è abbordabile, domani è una riprova ma non è certo l'esame decisivo. Iniziare bene, a Madrid, al Wanda, contro Diego Simeone che ha fatto della rivoluzione del cuore, del sudore e del coraggio la sua arma migliore, sarebbe un risultato ben più che atletico. Sarebbe una prima pietra per costruire il sogno che ultimamente è quasi ossessione, sebbene ogni componente, scossa dai temporali degli ultimi anni, si guardi bene dall'ammetterlo.
Chi sono le favorite? Il conto è presto fatto, nel pallone d'oggi fa spesso rima coi conti. Non sempre, ma il circolo vizioso e virtuoso arriva da lì. Dal Barcellona di Lionel Messi, che con la fascia da capitano, pur senza Neymar, vuol riconquistare l'Europa. Dal Real Madrid che è sempre il Real Madrid nonostante gli ultimi inciampi. Ha Zidane, Hazard, Ramos e via pagando, e segnando, e vincendo. Dal Manchester City perché ha Guardiola e pur non avendo una difesa impenetrabile, ha il gioco più bello e spesso efficace del globo. Dal Liverpool perché l'inizio casalingo è meraviglioso e perché è campione in carica. Dal Bayern Monaco, che fa sempre poca notizia ma comunque tanta sostanza. Dal Paris Saint-Germain, perché Al Khelaifi ha tenuto il ribelle Neymar, ha Mbappé, ha Icardi, ha Cavani, ha i denari e ha soprattutto voglia di incappare nell'anno buono dopo le magre delle ultime campagne. Chissà che non passi pure dal Chelsea dei giovani e di Lampard, dal Borussia Dortmund dei giovani e di Favre, dal Tottenham degli stessi più Ndombele e Lo Celso e che a Madrid comunque c'era.
E le italiane? Già, le altre italiane. C'è una Cenerentola che ha già vinto ed è l'Atalanta ma se Gian Piero Gasperini dovesse legger queste righe, s'arrabbierebbe certamente. Fa bene: attenzione sempre alta, livello altrettanto, mai abbassare la guardia e la tensione. Il girone è abbordabile, perché non provare a passarlo? Il gran ballo è per tutti, figuriamoci per il Napoli che ha un Re di Coppe come Carlo Ancelotti in panchina, una rosa ben più che rinforzata e un gruppetto che non è certo un Galibier. L'Inter semmai ha davanti il girone della morte, Barcellona, Borussia Dortmund e lo Slavia Praga che garantisce sofferenze a chi tra le tre dovesse inciamparvi sopra. L'Inter, però, ha pure un ciclo di rinnovate ambizioni e Antonio Conte alla guida, e poi in Champions la sorpresa c'è sempre. Chissà che non venga dalla Serie A. Può essere l'anno della Juventus? Forse sì. Ma la rincorsa a Istanbul è una volata di stelle, col cielo che promette temporali ogni sera, quando meno te l'aspetti.
Può essere davvero l'anno della Juventus? La risposta, contando l'antifona e l'antefatto di cui sopra, è chissà. Forse sì, s'intende, perché a Cristiano Ronaldo, che ha una mano piena di successi in Europa, si è aggiunto l'olandese dalla faccia pulita sopra citato, è arrivato un giochista che nelle idee di Agnelli può essere il manico giusto per conquistare la Champions e sono approdati a Torino pure altri ragazzi o quarantenni di certa e comprovata esperienza internazionale. Maurizio Sarri non ha esperienza, è il paradosso della guida con minor lignaggio europeo di ognuno dei suoi ragazzi, ma vuol compensare, nella mente e nelle idee, col gioco e con le giocate. Sarri-ball non è, chissà se lo sarà. Però il girone è abbordabile, domani è una riprova ma non è certo l'esame decisivo. Iniziare bene, a Madrid, al Wanda, contro Diego Simeone che ha fatto della rivoluzione del cuore, del sudore e del coraggio la sua arma migliore, sarebbe un risultato ben più che atletico. Sarebbe una prima pietra per costruire il sogno che ultimamente è quasi ossessione, sebbene ogni componente, scossa dai temporali degli ultimi anni, si guardi bene dall'ammetterlo.
Chi sono le favorite? Il conto è presto fatto, nel pallone d'oggi fa spesso rima coi conti. Non sempre, ma il circolo vizioso e virtuoso arriva da lì. Dal Barcellona di Lionel Messi, che con la fascia da capitano, pur senza Neymar, vuol riconquistare l'Europa. Dal Real Madrid che è sempre il Real Madrid nonostante gli ultimi inciampi. Ha Zidane, Hazard, Ramos e via pagando, e segnando, e vincendo. Dal Manchester City perché ha Guardiola e pur non avendo una difesa impenetrabile, ha il gioco più bello e spesso efficace del globo. Dal Liverpool perché l'inizio casalingo è meraviglioso e perché è campione in carica. Dal Bayern Monaco, che fa sempre poca notizia ma comunque tanta sostanza. Dal Paris Saint-Germain, perché Al Khelaifi ha tenuto il ribelle Neymar, ha Mbappé, ha Icardi, ha Cavani, ha i denari e ha soprattutto voglia di incappare nell'anno buono dopo le magre delle ultime campagne. Chissà che non passi pure dal Chelsea dei giovani e di Lampard, dal Borussia Dortmund dei giovani e di Favre, dal Tottenham degli stessi più Ndombele e Lo Celso e che a Madrid comunque c'era.
E le italiane? Già, le altre italiane. C'è una Cenerentola che ha già vinto ed è l'Atalanta ma se Gian Piero Gasperini dovesse legger queste righe, s'arrabbierebbe certamente. Fa bene: attenzione sempre alta, livello altrettanto, mai abbassare la guardia e la tensione. Il girone è abbordabile, perché non provare a passarlo? Il gran ballo è per tutti, figuriamoci per il Napoli che ha un Re di Coppe come Carlo Ancelotti in panchina, una rosa ben più che rinforzata e un gruppetto che non è certo un Galibier. L'Inter semmai ha davanti il girone della morte, Barcellona, Borussia Dortmund e lo Slavia Praga che garantisce sofferenze a chi tra le tre dovesse inciamparvi sopra. L'Inter, però, ha pure un ciclo di rinnovate ambizioni e Antonio Conte alla guida, e poi in Champions la sorpresa c'è sempre. Chissà che non venga dalla Serie A. Può essere l'anno della Juventus? Forse sì. Ma la rincorsa a Istanbul è una volata di stelle, col cielo che promette temporali ogni sera, quando meno te l'aspetti.
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