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Il filo sottile che unisce l'offerta shock dell'Al Nassr a Cristiano Ronaldo, la città del domani in mezzo al deserto, il Newcastle, Lionel Messi e la Vision 2030 dell'Arabia Saudita di Bin SalmanTUTTO mercato WEB
venerdì 30 dicembre 2022, 08:10Editoriale
di Marco Conterio

Il filo sottile che unisce l'offerta shock dell'Al Nassr a Cristiano Ronaldo, la città del domani in mezzo al deserto, il Newcastle, Lionel Messi e la Vision 2030 dell'Arabia Saudita di Bin Salman

Inviato di Tuttomercatoweb, è in RAI con 90° Minuto, Calcio Totale e Notte Azzurra. Ha lavorato con Radio RAI, Il Messaggero e Radio Sportiva
C'è un progetto che va ben al di là dello sport dietro al possibile sbarco di Cristiano Ronaldo in Arabia Saudita all'Al Nassr. Il paese detiene il 17% delle riserve ora conosciute di petrolio e da solo riesce a soddisfare circa il 10% della richiesta globale. L'era dell'oro nero, degli idrocarburi, è però destinata a terminare e l'Arabia del controverso principe ereditario Muhammad bin Salman vuole proprio andare oltre alla sua dipendenza. Mentre gli Emirati Arabi Uniti già da tempo navigano dritti, grazie ai miliardi ottenuti con l'esportazione di petrolio, verso un futuro che ne superi la dipendenza, il Qatar gli è arrivato in scia mentre l'Arabia Saudita da pochissimo tempo ha aperto i suoi confini al turismo e cerca in un breve lasso di recuperare il terreno perduto. Il progetto con cui Bin Salman e le autorità saudite stanno cercando di andare oltre l'oil&gas è denominato "Vision 2030". L'Arabia ha investito ingenti somme di denaro per ospitare importantissimi eventi musicali e sportivi (tra poco ci arriviamo) ma soprattutto per costruire infrastrutture e anche città nel deserto. Un chiaro esempio è Neom: 26500 chilometri quadrati di nulla che, nel 2025, vedranno sorgere nella provincia di Tabuk, a nord del Mar Rosso, una delle più avveniristiche e moderne città di tutto il globo. "Il progetto più ambizioso del mondo, un acceleratore del progresso umano". Così si definisce. Ma a che prezzo di manodopera e tutela dei diritti umani?

L'Arabia Saudita e lo sportwashing
Riyadh, la Capitale saudita, è un cantiere in continua evoluzione. Un grattacielo dopo l'altro, torri a squarciare un orizzonte antico e ora stravolto. Autostrade illuminate, modernità che sorge ovunque, pop-up di ristoranti e griffe di altissima moda nei luoghi del lusso. Tutto a dorare un paese che è nella lista nera di Amnesty International e che secondo l'Economist è il quinto paese più autoritario al mondo laddove il Re deve rispettare la sharia. Esecuzioni capitali, omicidi al centro del dibattito internazionale (Khashoggi) e rispetto dei diritti ancora ben lontano da quello dei paesi del mondo occidentale, l'Arabia Saudita da tempo sta utilizzando un mezzo che Amnesty definisce così. "Lo sportwashing è una strategia usata da stati o governi che sfruttano lo sport per rendere moderna la propria immagine e far distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani nel proprio paese. Può avvenire tramite l’acquisto di squadre sportive, organizzazione di eventi o sponsorizzazione degli stessi. Tramite queste operazioni di soft power, nel corso del tempo gli stati si sono dimostrati spesso capaci di proiettare all’esterno un’immagine più democratica, aperta e attenta ai diritti umani rispetto alla realtà". In Inghilterra la tematica è stata a lungo al centro del dibattito con l'acquisizione del Newcastle da parte del Fondo Sovrano saudita, ben più che l'organizzazione della Supercoppa italiana o spagnola alle nostre latitudini.


Il Mondiale 2030, Cristiano Ronaldo e Messi
Da qui, da tutto questo discorso, passa la candidatura dell'Arabia Saudita al Mondiale del 2030. Da qui passano e si intrecciano nuovamente due figure cruciali per la storia del nostro calcio. Il Professor Scott Soshnick, accademico di Sport ed Economia Geopolitica alla SKEMA Business School di Parigi, ha spiegato che "solo due cose uniscono Ronaldo e Messi insieme: una è Louis Vuitton, l'altra è l'Arabia Saudita". Come? CR7 ha sul tavolo l'offerta shock da parte dell'Al Nassr da 200 milioni all'anno per i prossimi tre anni più la promessa di essere testimonial del Mondiale fino al suo (eventuale) calcio d'inizio. La FIFA deciderà solo nel 2024 a chi assegnarlo ma intanto Messi ha firmato proprio un'intesa col paese saudita per promuoverne il turismo. E di lì a poco sono emerse le voci sulla candidatura per il Mondiale. Per questo Cristiano Ronaldo non è l'apice di un progetto ma solo un tassello, milionario, dorato, platinato. Un mezzo dell'Arabia Saudita per raggiungere i propri scopi. Andare oltre la dipendenza del petrolio, come gli Emirati stanno già facendo da tempo e come il Qatar, con il Mondiale, ha già dimostrato di voler fare. A ogni prezzo.