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Dalla resurrezione alle dimissioni. Sabatini lascia Bologna dopo due anni e poco potere
Le dimissioni di Walter Sabatini scuotono il cielo rossoblù del Bologna. Perché il coordinatore tecnico dell'universo Joey Saputo, sia Montreal che il club felsineo, ha deciso di interrompere la propria collaborazione con i felsinei. Ancora da capire qual è il motivo per cui Sabatini lascia, anche se il suo ruolo è stato spesso ristretto all'interno di un organigramma ampio, che ha un direttore sportivo come Riccardo Bigon come figura di riferimento, più Marco Di Vaio, che è il responsabile scouting del club bolognese.
Il 17 giugno del 2019 Sabatini diventava il nuovo coordinatore dell'area tecnica.
Ufficialmente per potenziare ulteriormente una società che si era appena salvata con Sinisa Mihajlovic, non prima di qualche brivido di troppo dopo avere investito tanti milioni - il Bologna ha un bilancio costantemente in negativo - e con un ritorno non all'altezza delle aspirazioni di Saputo. Solamente qualche settimana fa parlava così: "Sì è vero, volevo andar via per motivi personali. Ma alla fine sono rimasto e voglio essere il testimone della resurrezione del Bologna. Voglio vederlo nella parte sinistra della classifica ed è possibile con un grande tecnico come Mihajlovic. Glielo ripeto sempre: 'Tu non sei un allenatore, tu sei l'allenatore'".
Poco potere decisionale?
In queste poche frasi c'è la sensazione che non abbia avuto la libertà per creare una squadra competitiva, nonostante abbia spinto (e ottenuto) l'arrivo di Arnautovic nel corso dell'estate. Ieri in tribuna a chi gli chiedeva conto della situazione, a mo' di battuta, ha spiegato che "chi ha costruito (il Bologna, ndr) ha fatto una squadra del cazzo", come riportato oggi da Repubblica mettendosi di fatto nella posizione scomoda di potere essere cacciato subito dopo. In realtà si è preso le proprie responsabilità - costretto? - e ha salutato la compagnia dopo due anni conflittuali e segnati dalla pandemia che, probabilmente, gli ha sottratto energie economiche per rivoluzionare la situazione.
Il 17 giugno del 2019 Sabatini diventava il nuovo coordinatore dell'area tecnica.
Ufficialmente per potenziare ulteriormente una società che si era appena salvata con Sinisa Mihajlovic, non prima di qualche brivido di troppo dopo avere investito tanti milioni - il Bologna ha un bilancio costantemente in negativo - e con un ritorno non all'altezza delle aspirazioni di Saputo. Solamente qualche settimana fa parlava così: "Sì è vero, volevo andar via per motivi personali. Ma alla fine sono rimasto e voglio essere il testimone della resurrezione del Bologna. Voglio vederlo nella parte sinistra della classifica ed è possibile con un grande tecnico come Mihajlovic. Glielo ripeto sempre: 'Tu non sei un allenatore, tu sei l'allenatore'".
Poco potere decisionale?
In queste poche frasi c'è la sensazione che non abbia avuto la libertà per creare una squadra competitiva, nonostante abbia spinto (e ottenuto) l'arrivo di Arnautovic nel corso dell'estate. Ieri in tribuna a chi gli chiedeva conto della situazione, a mo' di battuta, ha spiegato che "chi ha costruito (il Bologna, ndr) ha fatto una squadra del cazzo", come riportato oggi da Repubblica mettendosi di fatto nella posizione scomoda di potere essere cacciato subito dopo. In realtà si è preso le proprie responsabilità - costretto? - e ha salutato la compagnia dopo due anni conflittuali e segnati dalla pandemia che, probabilmente, gli ha sottratto energie economiche per rivoluzionare la situazione.
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