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Allegri è tornato e in cinque gare ha zittito tutti i detrattori senza retrocedere di un millimetro. Modric, Rabiot, Pulisic l'asse portante del suo Milan, tante analogie col Napoli di un anno faTUTTO mercato WEB
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Oggi alle 00:00Editoriale
di Raimondo De Magistris

Allegri è tornato e in cinque gare ha zittito tutti i detrattori senza retrocedere di un millimetro. Modric, Rabiot, Pulisic l'asse portante del suo Milan, tante analogie col Napoli di un anno fa

Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per TMW dal 2008, è stato vicedirettore per 10 anni. Inviato al seguito della Nazionale, conduttore per Radio Sportiva
Difesa e contropiede. Il 37% di possesso palla rispetto al 63 del Napoli, xG che parlando di un Milan che al massimo avrebbe dovuto realizzare un gol mentre i ragazzi di Conte tre. Eppure a vincerle partite così, sono proprio le partite che servono per dare consapevolezza al gruppo. Per credere in qualcosa di grande. Lo scorso anno proprio lo 0-2 a San Siro contro il Milan fece capire al Napoli che poteva ambire ai piani alti, domenica sera il 2-1 contro i campioni d'Italia ha dato la dimensione dei rossoneri di Allegri. E al diavolo i numeri che possono dir tanto ma non tutto. Che non raccontano le sfumature di una gara. Il Milan l'ha vinta come voleva vincerla, l'ha difesa com'era necessario fare una volta che Estupinan, il peggiore tra i rossoneri, s'è fatto espellere per fallo su Di Lorenzo. Dopo il rigore trasformato da De Bruyne a San Siro è andata in scena una difesa del 2-1 da Manuale Cencelli. La squadra rossonera ha saputo rallentare la manovra del Napoli, ha giocato col cronometro e ha spezzettato la partita. Ha innervosito gli avversari, ha conquistato la vittoria. L'ha potuto fare perché in campo aveva una squadra esperta quasi quanto quella rivale. Perché vanno bene i giovani e le plusvalenze, ma poi in gare che si decidono nei dettagli vinci soprattutto con chi ha vinto. Con chi sa gestire tensioni, con chi capisce i momenti della gara. A Massimiliano Allegri sono bastate cinque partite per silenziare chi gli dava del bollito. Chi parlava di allenatore finito che non poteva più allenare a certi livelli. Nelle ultime 24 ore è stato un susseguirsi di meritate celebrazioni per un allenatore che ha presto trasformato il Milan in una squadra. Due frasi spiegano bene la trasformazione: "Qui vincere è la normalità e la sconfitta deve essere vissuta come un'eccezione, non viceversa". E poi ancora dopo la vittoria contro il Napoli: "Ora i ragazzi avvertono il giusto pericolo". Tradotto: segnare al Milan sta diventando un'operazione molto complicata. Lo scorso anno i rossoneri conclusero il campionato con 43 gol subiti, solo la settima miglior difesa. Quest'anno il gol incassato ieri sera arriva dopo i due presi all'esordio contro la Cremonese. La gara della svolta. Come fu per Antonio Conte e per il Napoli un anno fa dopo la sconfitta all'esordio contro l'Hellas Verona, anche il 2-1 incassato dal Milan all'esordio contro la Cremonese sembra esser stato proprio ciò che serviva al Milan per svoltare. Il giorno dopo quella sconfitta Allegri era a 'Casa Milan' per ribadire che la squadra era incompleta, per dire che nonostante Jashari e Ricci serviva un altro centrocampista d'esperienza al fianco di Modric oltre a un attaccante. Serviva il suo fedelissimo Adrien Rabiot. L'arrivo del calciatore francese è stato effettivamente un vero punto di svolta: con lui e Fofana ai lati di Modric il campione croato è libero di fare il regista a tutto campo. Che non vuol dire esser sgravato da compiti difensivi, ma avere due spalle sicure grazie a cui esaltarsi. Fofana-Modric-Rabiot è oggi la mediana perfetta attorno a cui far ruotare tutto il Milan. Un centrocampo forte, esperto, che annusa il pericolo e gestisce le ripartenze. Poi lì davanti in attesa di Rafael Leao c'è Christian Pulisic, un calciatore che anche nelle stagioni più complicate non ha mai smarrito la strada per esaltarsi: dopo sette partite è già a sei gol e due assist. Ora si dirà che Allegri s'è evoluto, che il Milan vince perché il tecnico livornese è un altro allenatore rispetto a quello tornato alla Juventus. Eppure a veder giocare le sue squadre, a sentirlo parlare, sembra lo stesso di sempre. "Spero di vincere tante partite 1-0", ha detto sabato pomeriggio. La verità è che ha ragione lui quando sottolinea che poi la differenza la fa chi scende in campo, che: "Un buon allenatore è quello che non fa danni". Che non vuol dire sminuire la sua figura e il suo ruolo, ma saper dare una misura alle cose. Perché difendere in quel modo il 2-1 a San Siro in inferiorità numerica non è questione tattica ma di uomini. E' Modric che a 40 anni si sacrifica più degli altri, è Rabiot in ogni zona di campo e giocatori che si lanciavano in tre per intercettare ogni tiro dal limite dell'area del Napoli. Gli uomini giusto al posto giusto e un allenatore che ha saputo presto creare un gruppo. Che ha saputo ridare un'identità da Milan al Milan. Il resto è una conseguenza.