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L’esultanza del gol dell’ex (viva Bremer!)TUTTO mercato WEB
© foto di Gianfranco Irlanda
domenica 5 marzo 2023, 21:20Editoriale
di Roberto De Frede
per Bianconeranews.it

L’esultanza del gol dell’ex (viva Bremer!)

“L'irruzione di Dio, straripante, totale, s'accompagna con una gioia che non è altro che l'esultanza del salvato, la gioia del naufrago raccolto in tempo…“ (André Frossard)

Gente ipocrita, invidiosa, sconfitta (non solo in campo, ma nella vita) ha criticato Bremer, il centrale brasiliano della Juventus, ex Toro, che dopo aver segnato il gol del 3 a 2 nel derby della Mole, si è “permesso” di esultare con i propri compagni. 

Gol, o goal, scrivetelo come più vi aggrada, è un vocabolo che fece la sua prima comparsa in Inghilterra intorno al XVI secolo, per indicare la parte terminale di qualsiasi tipo di corsa: il traguardo. Nel corso dei secoli, in barba a quanto accade di solito, questa parola è diventata un dolce suono onomatopeico ad indicare un grido di esultanza. Sì, fare gol ed esultare è un tutt’uno, ed il verbo significa letteralmente saltare dalla gioia, più precisamente saltellare, ballare, e per traslato manifestare una grande allegrezza. Il gol, assieme al dribbling, è il momento individualistico più poetico del calcio, un’’illuminazione che fa toccare l’infinito. Qualsiasi parola che segue o precede quella di gol, sarà sempre di gran lunga secondaria rispetto al momento fatale: “della bandiera”, “dell’ex”, “olimpico”, “golden” e chi più ne ha più ne metta.

E allora perché limitarsi a gioire, nel caso “dell’ex” sol perché la stagione precedente o addirittura un lustro prima quel calciatore aveva indossato la casacca avversaria? Si è mai visto che un atleta tagliando il traguardo abbia chiesto scusa promettendo di non farlo più? Perché ingabbiare una emozione, ragionando in anticipo e manipolando una esternazione naturale privandola anche ai tifosi? Che prassi antitetica allo sport!

In una poesia molto celebre, Umberto Saba scrive: «Pochi momenti come questi belli, / a quanti l’odio consuma e l’amore, / è dato, sotto il cielo, di vedere», sono i tre versi che chiudono la strofa centrale, la poesia si intitola proprio Gol. La gioia è esplosa poco prima, qualcuno ha segnato, Saba fissa i festeggiamenti dei tifosi e dei calciatori nei versi precedenti ma è in questi tre che pone il gol al di sopra di quasi ogni cosa. Se l’odio consuma come l’amore mentre le cose della vita evolvono e avvengono, sono pochi i momenti belli di gioia pura da vedere sotto il cielo. Sembrerebbe che per Saba il gol sia quasi tutto, un’altissima manifestazione della gioia: pura e semplice, per chi lo fa, dolore e tristezza per chi lo subisce. Il gol è stendere le braccia al cielo, è la fine di qualcosa, l’inizio di ciò che si era interrotto, come il respiro, come il tempo, un momento di insostenibile leggerezza che non può finire senza l’immagine del goleador felice saltellante! Non si può perdere quell’occasione, semplice, perfetta, sognata, impensabile, forse unica, reale che non saremmo più in grado di ripetere ma solo di ammirare. Quel gol, momento irripetibile e immortale, è una poesia d’amore di Neruda, il sorriso di una scultura del Canova, un valzer di Strauss, una pennellata di Monet: non può, non deve restare in silenzio nell’ipocrisia.

Esultare non significa mica mancare di rispetto a qualcuno! Con l’esultanza anzi la lealtà sportiva si rivela nella sua ingenuità, bellezza e interezza, vivendo il motivo per il quale esiste: emozionare.

Il gol è arte dell’imprevisto, libertà e manifestazione della stessa, è tutto quello che un calciatore - e non solo lui -, desidera. Il gol è l’acme epico del calcio e tutti i bambini hanno fantasticato con due sassi per strada come pali della porta, una palla di stracci, e il lato destro del cervello che immaginava un Maracanà stracolmo per applaudirlo dopo una rovesciata volante e lui in estasi sotto la curva dei suoi beneamati. La fantasia nel calcio nasce dalla voglia di essere libero da tutto ciò che la vita impone, e con il gol tutto questo diventa realtà, sia pure per un attimo. Il gol è calciare in porta senza che nessun altro, a parte il proprio desiderio di vittoria, abbia voce in merito.

Non si può imporre ad una emozione come vivere! Un dittatore cadrà, - scriveva Eduardo Galeano - ma il calcio, come la letteratura, è la forza del popolo. Il dittatore passerà, ma un gol di Garrincha, è un momento eterno. Bremer ha abbracciato un sogno, un attimo d’emozione di vita, i compagni e tutti i bianconeri. Bravo Bremer, hai capito il senso dell’attimo d’infinito, hai rispettato il calcio e la libertà.